Niente carne? Il vero digiuno per una vera Quaresima (di P. Alviti)

Digiunare rinunciando alla carne o limitandosi in due giorni della settimana. Ha ancora senso oggi? Ecco quale digiuno ci chiede la Parola?

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Ma perché non dovrei mangiare la carne? Che c’è di male? E poi magari mangiamo il pesce molto più costoso. Ma che significa? E poi perchè uno dovrebbe intristirsi? È’ già tanto cattivo il mondo, ci debbo anche aggiungere un fastidio volontario? Sono domande che i nostri figli, nipoti, amici ci rivolgono quando ricordiamo loro che è Quaresima, che il venerdì non si mangia la carne, che in due giorni si digiuna… Ed in effetti non è semplice.

 

Il digiuno è uno degli esercizi spirituali comuni a molte religioni nel mondo: in quella cristiana la pratica si è tradizionalmente concretizzata nell’astinenza dalle carni quando mangiare carne era segno di ricchezza, quasi un genere di lusso. Mangiare carne, tanta carne esprimeva il proprio status sociale ed alcuni ne mangiavano così tanta da ammalarsi con la gotta fino al punto in cui la carne, il cibo diventano il vero padrone della nostra vita.

 

Oggi non è così: non mangiamo carne perché molti sono vegetariani, perché sappiamo che mangiarne di meno è meglio, molti digiunano come pratica igienica, le diete appunto.

 

E allora, che senso ha non mangiare carne il venerdì? Quale digiuno ci chiede la Parola?

 

Il digiuno da quelle cose che ci possono illudere di essere forti, potenti, imbattibili, immortali, il digiuno dalla frenesia di correre sempre; il digiuno dal non trovare tempo per la famiglia, i figli, gli affetti, gli amici, la bellezza, l’arte, la lettura; il digiuno dalla necessità di apparire, di stare sempre in vetrina, che ci toglie ogni senso di intimità; il digiuno dalla nostra superbia, dal nostro disprezzo per gli altri che non capiscono niente, dalla nostra incapacità di provare pietà, di essere solidali, di non riuscire a comprendere le difficoltà e gli errori degli altri; il digiuno dal voler controllare tutto, dal voler sapere tutto; il digiuno dal non sapere ringraziare per i tanti doni che riceviamo e che neppure vediamo più; il digiuno dall’autocommiserazione, dal “ma io che ci posso fare”, dal “tanto non cambia niente”, “e mica tocca a me”; il digiuno dall’effimero, il digiuno dall’ingiustizia, il digiuno dall’indifferenza, dalla sopraffazione, dai piccoli imbrogli di ogni giorno; il digiuno dalla violenza…

 

Questo è il digiuno che voglio per dimostrare innanzitutto a noi stessi di essere persone libere e non schiave di passioni insane.

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