Angelone e la sua inimitabile pizza al taglio (di F. Dumano)

Foto: Archivio Piero Albery, tutti i diritti riservati

In un album di ricordi in bianco e nero ci sono anche profumi a colori. Come quello della pizza al taglio di Angelone. Lo street food di un tempo.

Fausta Dumano

Scrittrice e insegnante detta "Insognata"

Racconti in bianco e nero… e con il profumo di pizza. Non poteva mancare lui: Angelone, con la sua teglia di pizza. Ricordi in bianco e nero di un’epoca che sembra ovattata, la pizza rossa a scuola raramente si portava: quella carta oleata lasciava tracce. Noi eravamo quelli dei libri con la cinta, gli zaini si usano in gita.

A casa della mia nonna c’era una quantità industriale di marmellate fatte in casa, a colazione il must era il panino con la marmellata: non eravamo quelli delle merendine. Arrivavano poi i cracker, quando scattava l’ora del “tutti a dieta, arriva l’ estate”. Ma la pizza di Angelone era un must in quegli anni: il pomeriggio, seduti sulle scale di Piazza Municipio si aspettava il suo passaggio.

Cento lire, 200 lire, 500 lire… a quella pizza non si poteva rinunciare. La pizza era poi accompagnata dalla gazzosa, ovviamente nelle bottiglie di vetro: non eravamo ancora sommersi dalla plastica.

La pizza in quegli anni era il nostro cibo di strada più diffuso, non solo il pomeriggio, ma anche la cena di molte serate estive in piazza… Ricordi in bianco e nero, in quegli anni si cenava spesso con la pizza rossa al taglio: era un rito collettivo, la pizza rossa era quella più gettonata. A volte la pizza veniva presa d’assalto nel cammino.

Ricordi in bianco e nero, ci sono dei sapori e degli odori che ti porti dentro con te e quindi ti sembra che, come quella pizza, non ne hai mangiate più di simili. Poi venne il tempo in cui sostituimmo la gazzosa con la Coca Cola, dopo arrivò ”un vento antimperialista” e la Coca Cola era out, bandita: pizza rossa e birra.

Ricordi in bianco e nero, la pizza restava quella al taglio, quella al piatto era il sabato sera ma dovevi emigrare ad Isola del Liri o a Sora. La pizza era il nostro ”street food”: la pizza rossa, lo stereo, le nostre lunghe serate in piazza a discutere sui massimi sistemi. Non avevamo il cellulare, al massimo il gettone della cabina per sapere ”esci anche tu stasera?” Sapevamo però con certezza in quali angoli del paese incontrarsi.

Mai capito perché si chiamasse Angelone, un accrescitivo del nome Angelo? Eppure non era una figura imponente.. Il suo cognome? Resta il fatto che in un paese il nome che ti accompagna resta nell’ immaginario. E la pizza rossa era Angelone.

C’era anche la pizza di Pafetti, ma il suo forno era per la ”nostra movida notturna” tappa fondamentale per i bigné caldi, gli ”sciu sciu” poesia del dialetto che mi sfugge nella scrittura.

Quello che non sfugge, né alla penna né alla memoria, è il profumo di quella pizza rossa al taglio: ricordo a colori in un album in bianco e nero.
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