I poteri locali allineati e proni davanti allo strabiliante Zingaretti

STEFANO DI SCANNO per L’INCHIESTA QUOTIDIANO

Riassumiamo, visto che ieri il film proiettato aveva una trama diversa. Fallito l’accordo di programma per l’area di crisi Frosinone-Anagni, non si è riusciti neppure ad asfaltare le strade attorno allo stabilimento Fca, i lavoratori della Multiservizi sono sempre in tenda e si sono anneriti le sbarre e i divieti a delimitare le frane che da anni interrompono a metà la viabilità di Frosinone e Pontecorvo. Le Case della Salute non hanno risolto alcun problema rispetto alle richieste dei pazienti, tant’è vero che i Pronto soccorso restano intasati, i malati sono costretti a passare le nottate sulle barelle sistemate lungo i corridoi considerato che, alle spalle degli operatori dell’emergenza, c’è rimasto ben poco: reparti smantellati o ridotti ai minimi termini. I posti letto per acuti effettivi sono, secondo l’Ugl, calati alla soglia minima mai vista di 1,5 per mille abitanti: e la favoletta declamata con tono rassicurante che era tutta colpa delle macroaree… è ormai impietosamente smascherata. La Valle del Sacco è ben lungi dall’essere bonificata: i terreni che hanno visto la moria di bestiame sono contaminati oggi come allora. Il sistema del ciclo dei rifiuti in provincia continua ad essere dominato dall’assenza di trasparenza sull’efficienza effettiva, su peso del conferimento da altre province e da altre zone d’Italia, sulla quantità di rifiuti trattati per ridurre al minimo i sovvalli per la discarica (abbassando l’onere delle bollette sulle famiglie), sulla dinamica dei costi rispetto a quanto sono costretti a sborsare i cittadini (incluse assunzioni, consulenze, eccetera, eccetera). La legge sull’acqua pubblica e sull’individuazione dei bacini idrografici, annunciata per febbraio dall’ineffabile assessore Refrigeri, è di là da venire ed Acea accarezza prospettive di consolidamento delle sue gestioni di un bene della collettività, trasportato con infrastrutture costruite con soldi pubblici, erogato con disfunzioni indegne di un Paese occidentale in molti centri della Ciociaria e avallato da politici e tecnici locali la cui acriticità (ci auguriamo solamente colposa), nelle fasi degli aumenti tariffari, è stata rilevata perfino dall’Autorità per l’energia e il sistema idrico. Zingaretti e Buschini trovano terreno fertile a scrivere la sceneggiatura del loro Lazio che sarebbe già cambiato. Oltretutto, ieri al Multisala Sisto e l’altra settimana in Prefettura, i poteri locali sono apparsi allineati e proni rispetto alla narrazione strabiliante di un Pd padrone della gestione della cosa pubblica (un po’ come accaduto ai tempi del ventennio berlusconiano col centrodestra imperante).

Certo, le grancasse sono molte. Ma anche la forza immaginificamente creativa affidata alle parole incontra un limite: i problemi non si cambiano con le chiacchiere e meno che mai con gli articoli sui giornali o le comparsate televisive. Chiedere ai lavoratori della Vertenza Frusinate per credere: cercano in Regione da settimane proprio delle parole che siano finalmente collegate coi fatti. Ma hanno trovato solo il muro ostile del silenzio. Priorità diverse e, forse, perfino indicibili.

Intanto si avvicinano le elezioni amministrative. La frammentazione vince su tutte le buone intenzioni di facciata da Alatri a Cassino, fino a Sora. Il Pd va in ordine sparso e lo stesso il centrodestra (con l’unica eccezione di Morini). All’orizzonte anche il voto di Frosinone appare un bel rebus. Michele Marini ricorda i valori della coerenza e lealtà e non dimentica la stagione dei voltafaccia; Francesco De Angelis preferisce la filosofia dell’allargamento massimo dei Dem, fino a ricomprendere ampie aree del centrodestra (eppure una volta era comunista), perché, in fin dei conti, a Renzi interessa solo contenere l’esplosione dei Cinquestelle, visto che dalle parti di Forza Italia ci sono più amici che oppositori.

Costanzo riscopre che alla Provincia servono sia una maggioranza che una minoranza e dichiara al direttore di Teleuniverso Porcu che «in Asi, Cosilam e Saf, la minoranza non governa insieme alla maggioranza ma sta lì come garanzia di correttezza». Analisi che lascia francamente perplessi. Ma evidentemente il confermato segretario Pd scambia narrazione e realtà. Il punto è anche la cosiddetta società civile, che negli anni è passata dalle liste civiche all’impegno diretto nei partiti. C’è un esempio che viene dal nord Italia: e rappresenta una sorta di tentativo di rieducazione della politica attraverso “patti” che riassumono le istanze che vengono da imprese, professioni, servizi, volontariato e società civile in genere. In questi casi riscattare i territori e ribaltare il declino sono le parole d’ordine ma la politica viene lasciata al suo compito. Lo si fa con iniziative che restano al di fuori delle competizioni elettorali, ed hanno l’obiettivo di indicare a tutti i protagonisti quale possa essere la strada giusta da percorrere.

Avviene che chi dispone di denaro – gli industriali, i commercianti, i notabili delle città – insieme ad operai e impiegati “volenterosi”, danno l’esempio: non pilotano liste, non armeggiano dietro le quinte, non passano da uno schieramento all’altro in cerca del possibile vincitore. Hanno una strana convinzione. Che quei territori possano avere una storia diversa da raccontare; che possa tornare a rinascere l’economia e che la qualità della vita possa per tutti tornare ai livelli da primato nazionale. Qui da noi basterebbe meno. Che si raccontasse la verità su città in crisi da lustri per responsabilità di una classe dirigente che va semplicemente e unicamente cambiata. Tutto il resto è noiosa propaganda.

 

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