Il tempo di un caffè, lungo più di un click. Con il quale spesso immortaliamo un frammento della nostra esistenza. Ma così perdiamo l'occasione per gustare fino in fondo quell'istante.
Amo il mio Paese e voglio vederlo ancora per lungo tempo al centro del mondo. Con la sua Storia millenaria. Con gli Eroi, gli Artisti, i Letterati, i Geni, i Santi, gli Italiani di ogni tempo e ogni contrada. Il Paese dell’Amore, della fratellanza, del rispetto, dell’ospitalità. Del buonsenso.
Qui da noi, tutti gli angoli si arrotondano, tutte le ruvidezze si ammorbidiscono, tutto l’amaro si addolcisce. Siamo gente che si rinnova sempre nel rispetto delle radici, della tradizione, dell’identità. Essere Italiano vuol dire tante cose: la prima fra tutte, è la capacità di fare famiglia, di riconoscersi e intrecciarsi indissolubilmente come un DNA. Vuol dire saper vincere, perdere e sapersi raccontare.
Raccontare sì, ma sui social.
Giovani, anziani, vecchi, fatti, rifatti, guardie e ladri, fanti e santi. Non manca nessuno all’appello. Che sia una giornata di scuola, una corsa al mercato, un tuffo dallo scoglio, il saggio di danza, la preghiera della sera, uno schianto in auto, la caduta di stile, la dentiera rotta o una pipì impellente. E ancora una carezza, il primo dentino o l’ultimo respiro. Il silenzio della cultura o la bellezza dell’arte.
E milioni e milioni di istanti di vita. Nostra e degli altri. Dalla Cina che mangia i cani al Mondo Occidentale che picchia gli anziani e ammazza le donne, dal barcone pieno di saraceni alle sale d’attesa dei centri di vaccinazione scaduta in Africa, dalle coltivazioni di coca della Colombia alle favelas omicide brasiliane.
Non c’è un “luogo santo sulla Terra” che sia nascosto alla maledizione del selfie da prestazione. Per ogni situazione, ogni azione, ogni dettaglio c’è sempre qualcuno pronto a immortalare e commentare.
La prima foglia caduta, la prima pioggia, la nuvola più scura delle altre, il cambio di stagione (a proposito anche Agosto se n’è andato e tra quattro governi sarà già Capodanno)
I vicini di ombrellone, il semaforo che scatta rosso, il gatto che non si trova mai. Siamo sempre tutti lì, in agguato, modalità drone.
Alla fine del giorno, arriva il dubbio se possiamo essere certi che tutto esista davvero. Ed accorgersi che solo ciò che vedi riflesso nel tuo sangue è vero.
Di fatto, più che farci vedere dagli altri, vogliamo vedere e rivedere noi stessi, cercando di capire chi siamo, come appariamo o come vorremmo essere. Che poi possa interessare a qualcuno, è solo un gradito effetto collaterale.
Impariamo a godere con l’intimità dei nostri occhi, delle nostre emozioni, senza accanirci a documentare un ridicolo “io c’ero”. Il rischio è altissimo: l’’irripetibile del momento passa come un treno di cui avevamo pure pagato il biglietto, ma su cui non siamo mai saliti.
È troppo prezioso ogni nostro istante per sacrificarlo dentro un click.