Comodamente inadeguati…

FOTO © SERGIO OLIVERIO / IMAGOECONOMICA

La paura di mettere in gioco capacità e solidarietà diventa movente per aggrapparci solo al piccolo recinto del nostro mondo. E invece dare alla collettività è il modo più profondo per capire. Come a Genova, dove un ponte ricostruito è diventato simbolo di uno scopo ritrovato. Scopo comune.

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui»

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Non abbiamo fiducia in noi stessi, nelle nostre capacità, nelle nostre risorse: la paura di non essere adeguati al compito che abbiamo di fronte spesso ci paralizza, ci fa ritrarre in noi stessi. Ci impedisce di spendere quei talenti che, invece, se messi a frutto, darebbero tanto di più e saremmo soddisfatti della nostra vita. È un condizionamento terribile, che ci porta a trattenere per noi quel poco che abbiamo, timorosi che, impiegato per migliorare il mondo attorno a noi, venga poi a mancarci il necessario.

Lo facciamo con i soldi ma lo facciamo anche con le nostre abilità, la nostra intelligenza, la nostra inventiva. Pensate che succederebbe  nell’ambiente in cui viviamo se ciascuno di noi mettesse in comune il meglio che sa fare, in modo tale che tutti possano guadagnare dall’impegno di ciascuno. Invece l’avidità ci blocca, ci spinge ad accumulare: armadi pieni di vestiti buoni soltanto per le tarme, scarpiere rigurgitanti, più macchine che persone, cellulari a iosa.

La sicurezza personale, una falsa medicina nemica della solidarietà

È l’esaltazione della sicurezza personale generata dalla paura, piuttosto che il coraggio di collaborare ed essere solidali: è quello che accade ai discepoli di Gesù. Spaventati dal numero enorme di persone che erano venuti ad ascoltarlo, sono paralizzati dalla necessità di dar loro da mangiare.

Essi sono stati previdenti: nel racconto di Matteo, i pani e i pesci sono i loro. Sono sicuri, per la cena sono a posto, gli altri facciano un po’ come vogliono, non è affar  loro. E invece Gesù li spiazza: mettete quello che avete.

Ecco, è accaduto anche in Italia in questi mesi. Chi avrebbe scommesso sul fatto che il ponte di Genova sarebbe stato riscostruito in così poco tempo? In quel caso, ciascuno ha messo i propri pesci e i proprio pani, nessuno si è tirato indietro. E così hanno fatto tante aziende che hanno resistito, tante scuole che si sono date da fare per non lasciare indietro nessuno.

Il tricolore di luci sul Ponte Morandi Foto © Archivio PerGenova Scpa

Portatemeli qui: è l’invito a cui dobbiamo coraggiosamente rispondere di sì. Mettersi a disposizione degli altri per le cose che si sanno fare è il nostro contributo a placare la fame,  le tante fami del mondo.