Le fake news ai tempi del virus… ma anche prima (di P. Alviti)

Le chiamano 'fake news'. In realtà è la nostra smodata voglia di chiacchiericcio. Di sentire ciò che vorremmo e non la verità. Ma non è una buona cosa. "Il vostro parlare sia sì sì, no no, il resto viene dal maligno”

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

C’è bisogno di Parola, 140

Il vostro parlare sia sì sì, no no, il resto viene dal maligno

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La chiamano infodemia, non basta l’epidemia, dobbiamo aggiungere pure il chiacchiericcio spropositato, a volte cattivo, tendenzioso. Anche, il gusto nello spaventare, nel creare il caos, nel credere a quello che ci fa comodo, piuttosto che utilizzare la nostra ragione, la nostra intelligenza.

Ne siamo circondati: le chiamano fake news. Prima si diceva più semplicemente notizie false, che generano angoscia e soprattutto disorientano. Perché nella nostra testa si sviluppa un meccanismo particolare: crediamo a quello che vorremmo sia la realtà, o che immaginiamo sia la realtà.

Cittadini orientali con mascherine sterili contro l’influenza da Coronavirus © Imagoeconomica / Marco Cremonesi

È accaduto tante volte nel passato: l’hanno studiato attentamente gli storici della scuola annalistica francese, Marc Bloch in testa,  in riferimento ad una notizia che si sparse come il vento nel 1915, riferendo di un corpo d’armata russo che sarebbe arrivato a combattere a fianco dei francesi. Rapidamente decine di soldati cominciarono a riferire di aver visto i russi marciare in quel luogo o in quell’altro, molti parlavano di accampamenti dei cosacchi in quel dipartimento o in quell’altro. Non c’è mai stato un soldato russo in Francia nella prima guerra mondiale, però tutti volevano credere che ci fossero e quindi quelle notizie risultarono vere senza bisogno di alcuna verifica.

Zygmunt Baumann, il grande filosofo polacco scomparso recentemente, ha teorizzato che a noi piace sentirci dire quello che vorremmo sentire e non la verità.

Su questo principio, si sono basati i terribili strumenti di propaganda delle dittature, l’individuazione di volta in volta del capro espiatorio: gli ebrei, i neri, gli immigrati, i cinesi e poi noi, italiani untori. La Storia della Colonna Infame di Alessandro Manzoni non ci ha insegnato niente, purtroppo…

Chiunque può essere travolto dalla paura irrazionale e dal desiderio di fatti che facciamo avverare con notizie false. Per questo dobbiamo limitare il nostro parlare al momento in cui siamo sicuri di qualcosa, non alimentare il chiacchiericcio e, peggio, il pettegolezzo: sì sì, no no, il resto viene dal demonio.