I poveri vanno ascoltati come il Dio giusto soccorre l’orfano e la vedova

Mentre si discute di legge finanziaria e l'Istat rivela che gli indigenti in Italia sono ben 5 milioni, il brano del Siracide è di grande attualità. Un richiamo forte alla solidarietà sancita dall'articolo 2 della Costituzione

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi.

La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

Sir 35,15b-17.20-22a

Questo brano della scrittura sembra adattarsi perfettamente alla situazione di questi giorni, quando si discute di legge finanziaria nel nostro paese e contemporaneamente l’ISTAT ci dice quanti sono i poveri in Italia: cinque milioni, quasi un decimo della popolazione complessiva. Sembra che il nostro Paese non rimanga per niente colpito da numeri così impressionanti.

Elemosina e solidarietà

In altri momenti una notizia di questo genere avrebbe suscitato manifestazioni, dibattiti, show televisivi eccetera. Oggi, invece, sembra che dei poveri interessi a pochi. Certo, si ha compassione di loro, si fa qualche offerta ma non si è solidali con loro, per condividere la loro situazione.

Il buon Samaritano

È  la differenza tra l’elemosina e la solidarietà: nel primo caso io dono qualcosa ma non mi identifico con il povero, non cerco di comprendere la sua situazione per porvi riparo, secondo le mie possibilità.

Ricordate, invece,  il Samaritano della parabola: si interessa al ferito, lo soccorre, lo fascia, lo porta in un albergo e paga per lui. Questa è la solidarietà che dobbiamo prendere come esempio. La stessa radice da cui deriva la parola ci fa da guida: solidus in latino vuol dire intero.

Civiltà umanizzante

Facciamo tutti parte della stessa famiglia umana e non possiamo disinteressarci di chi soffre. Si tratta di una civiltà umanizzante che rifulge nella nostra Costituzione quando il secondo articolo del principi fondamentali proclama l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

La Costituzione

L’autore del libro del Siracide, tre secoli circa prima di Cristo, 2300 anni prima della nostra carta costituzionale, dopo aver stigmatizzato il comportamento degli uomini che non aiutano i poveri, anzi spesso li sfruttano, presenta come modello il rapporto fra Dio e i poveri. I poveri sono nel cuore di Dio, nel punto più  intimo del suo essere, sono la categoria privilegiata.

E se Dio privilegia i poveri, anche noi dobbiamo comportarci nella stessa maniera, se vogliamo essere degni dell’immagine di Dio. Altrimenti veniamo meno alla vocazione fondamentale dell’essere umano, quella, appunto, di essere “conformati” alla volontà di Dio, nonostante i nostri limiti.

Il complesso mondo dei poveri

L’autore del libro di Genesi chiarisce immediatamente cosa significhi non essere ad immagine di Dio. Nel momento in cui il primogenito di Adamo ha ucciso il fratello Abele,  Dio cerca comunque di colloquiare con lui. Gli chiede dove sia il fratello. E Caino risponde con quella frase che segna la fine della solidarietà umana: sono forse il custode di mio fratello?

Un povero seduto sul marciapiede

Il discorso sulla povertà è molto complesso, perché mette insieme tante situazioni diverse e richiede un approccio multi disciplinare. Però prima di risolvere il problema della povertà, di assumere le decisioni politiche necessarie, i poveri esistono e sono in mezzo a noi e sono tanti.

Non possiamo aspettare di avere le soluzioni della politica, che pure sono fondamentali, per aiutare le persone nel miglior modo possibile. Quel grido che arriva dai poveri è tanto potente da perforare le nubi, da arrivare fino a Dio.

Eppure noi possiamo non sentirlo, possiamo confonderlo con i tanti suoni che la vita porta alla nostra attenzione, tante grida che lanciano appelli per animali da proteggere, foreste da salvare, quadri da restaurare. Tutte cose bellissime, per carità, che ti fanno star bene, orgogliosi di aver salvato qualcosa di importante.

Avevo fame, mi avete dato da mangiare

Ma chi si muove seriamente per salvare i poveri che continuano a  bussare alle nostre porte? Eppure, come cristiani, sappiamo benissimo che proprio su questo saremo giudicati: avevo sete e mi avete dato da bere, avevo fame e mi avete dato da mangiare… 

Gesù ha detto: “I poveri li avrete sempre con voi”

Non saremo giudicati sul fatto che indossiamo o no un determinato indumento, se cantiamo una canzone invece che un’altra, se diciamo o non diciamo quel determinato tipo di preghiere, o sul numero dei pellegrinaggi che abbiamo compiuto o di processioni che abbiamo seguito.

Quella frase di Gesù “i poveri li avrete sempre con voi” non è mai stata attuale come in questi giorni. Possiamo non ascoltare il loro grido? O invece dobbiamo capire che i poveri devono essere la prima attenzione della società ed in particolare dei cristiani? E’ la decisione che siamo chiamati a prendere.

Terra, casa e lavoro

Papa Leone

Papa Leone alcuni giorni fa ha detto ai movimenti popolari: “Più di dieci anni fa, qui in Vaticano, Papa Francesco vi ha detto che eravate venuti per piantare una bandiera. Cosa c’era scritto? “Terra, casa e lavoro”. “Tierra, techo, trabajo”.

Era una “cosa nuova” per la Chiesa, ed era una cosa buona! Facendo eco alle richieste di Francesco, oggi dico: la terra, la casa e il lavoro sono diritti sacri, vale la pena lottare per essi, e voglio che mi sentiate dire “Ci sto!”, “sono con voi”!

Papa Leone incontro con i movimenti popolari, 23 ottobre 2025.