
La parabola del figliol prodigo non è solo una delle più celebri del vangelo ma è soprattutto un racconto ricco di spunti per vivere il nostro quotidiano all'insegna della fede, dell'umiltà e dell'amore disinteressato verso il prossimo
… ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciòLc 15, 17-20
La scena è tra le più famose del vangelo: ce la racconta Luca, al cap. 15. Si tratta di una parabola, un midràsh, come l’avrebbe chiamato Gesù, un racconto narrato per colpire l’immaginazione dell’ascoltatore e spingerlo a ragionare, partendo da fatti della vita concreta, una tecnica narrativa, insomma.
La storia è famosissima: un uomo ha due figli e il più piccolo gli chiede di andar via con la sua parte di eredità che spreca subito nel paese lontano che ha raggiunto, proprio per tagliare tutti i ponti con la famiglia d’origine. Va in rovina, fino a ridursi a fare i lavori peggiori (il guardiano dei porci, animale impuro per gli ebrei).
Ed ecco il primo dei verbi, la prima delle azioni che ci interessano oggi: ritornò in sé.
Il coraggio di ammettere gli errori

Sembra un modo di dire delle moderne scienze psicologiche: quel ragazzo, quel figlio più piccolo era uscito fuori di sé, fuori dalla sua famiglia, dal suo popolo, era andato in un posto lontano (àsotos, senza vita, dice il testo originale greco, è la parola da cui deriva la nostra: azoto) ma di fronte al fallimento della sua esistenza trova la forza di riprendersi.
Magari, il suo è un semplice calcolo di convenienza (i salariati di mio padre hanno da mangiare e da bere, meglio essere un servo lì che qui dove sono ora) però deve comunque vincere il suo orgoglio, ammettere di essersi sbagliato, insomma avere il coraggio di cambiare vita.
Pensate quante volte l’ostinazione e l’orgoglio impediscono di fare scelte intelligenti nella vita, rovinano rapporti, mandano all’aria affari, spingono a commettere reati. Pensate alle risse fra i ragazzi, nelle sere della movida, che talvolta sfociano in tragedie soltanto per uno sguardo, per l’incapacità di fermarsi, di non essere travolti dall’orgoglio.
L’abbraccio invece della punizione
Ma ci sono altri verbi interessanti. Il cambiamento di vita è espresso con quel “mi alzerò”, tipico del miglioramento, della forza di volontà, della chiarezza di idee.

Quel ragazzo lascia la sua condizione rovinosa, indegna dell’essere umano, prende una decisione che gli può salvare la vita, anche se deve essere disposto a rinunciare al suo orgoglio. Deve tornare da quel padre che ha altezzosamente abbandonato, certo di potercela fare da solo, lontano dalla sua famiglia, dalle sue tradizioni. Si era fatto dare la “sua parte di eredità”: a me piace pensare che, in quella eredità, il padre abbia messo anche la capacità di cambiare idea, di riflettere, di rendersi conto degli errori.
Quello stesso padre, dal canto suo, non attende il figlio con la postura di chi finalmente vede tornare lo scapestrato, per fargli notare chi ha davvero ragione, ma, al contrario, lo vede fin da lontano, lo stava aspettando. Ed ecco gli altri verbi: gli corre incontro, lo abbraccia. Immaginate la sorpresa del ragazzo che si aspettava una punizione solenne, una lavata di capo da ricordare per sempre e che invece viene restituito alla dignità filiale, nonostante tutto quello che ha combinato.
Dal Vangelo ai Promessi Sposi

Alessandro Manzoni esprime questa esperienza, ne I Promessi Sposi, nell’incontro tra il card. Federigo Borromeo e l’Innominato, terrore della Lombardia comasca. Quest’ultimo è sceso al villaggio dopo aver trascorso una notte insonne provocata dall’incontro con Lucia che gli ha fatto intravedere la possibilità di cambiare vita, di “alzarsi”, di tornare al Padre.
E Federigo si comporta come il padre misericordioso della parabola: non rimprovera il farabutto malfamato che si trova di fronte ma anzi si scusa per non essere andato lui a cercarlo.
Ecco, il padre misericordioso ci cerca, basta farsi trovare.