La forza della preghiera per ottenere la giustizia divina

La famosa parabola della vedova e del giudice disonesto è l'esempio di quanto la fede possa aiutare l'uomo a superare le difficoltà della vita quotidiana. Anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili e s'incontrano magistrati scorretti

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.

Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».

E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Lc 18, 2-8

La riflessione che segue è il frutto di un confronto con gli amici del gruppo della “lettura laica della Bibbia” dell’Università Unitre di Frosinone. 

Un giudice ingiusto, disonesto anzi. E’ la peggiore esperienza che possiamo fare nella nostra vita di cittadini: incontrare un rappresentante della Repubblica che svolge il suo lavoro indegnamente, venendo meno ai suoi doveri di imparzialità e di correttezza. A chi possiamo rivolgerci se proprio chi dovrebbe assicurarci giustizia è invece disonesto e corrotto?

Il coraggio della vedova

La tecnica didattica di Gesù è semplice: raccontare una storia, verosimile, fare immedesimare gli ascoltatori nella situazione e provocarne una risposta. Che sia efficace per la loro vita e per il loro modo di pensare. Egli mette in evidenza anche il coraggio della vedova che cocciutamente chiede l’intervento della Giustizia nella sua causa.

Il coraggio della vedova

Non demorde, non dice “tanto è tutto così”, “tanto tutti fanno così”, ma insiste, sa che ha diritto alla Giustizia, nonostante la disonestà degli uomini chiamati ad amministrarla. E la vedova la spunta, non perché il giudice disonesto rinsavisca, ritorni in sé, nella grazia di stato del suo ufficio ma lo fa soltanto per sbarazzarsi finalmente delle insistenze della donna. E’ interessante quella concessiva che inizia l’ultimo discorso del giudice: “anche se non temo Dio”.

Il timor di Dio

Tutta la società giudaica in cui vive Gesù fonda la giustizia sul timor di Dio, sulla consapevolezza che Dio ci indica la strada del bene e, se noi non la seguiamo, scegliamo consapevolmente di essere malvagi e non  siamo degni di stare alla presenza di Dio. E’ questo il timor di Dio, cui si richiama il giudice disonesto e che lui apertamente disprezza. Quel giudice fa giustizia alla vedova non perché  è  bene, ma perché  gli conviene, non vuole più essere disturbato da lei. 

La parabola di Gesù ci spinge perciò a considerare quante volte noi facciamo la stessa cosa: ci comportiamo bene soltanto perché ci conviene. Perché magari è più semplice, rispetto a fare il male, perché abbiamo paura di essere puniti, nel caso in cui venissimo sorpresi dai carabinieri. Quella di Gesù è una considerazione sottile. Vuole indicarci che soltanto il timor di Dio, che vuol dire riconoscere che Dio che stabilisce ciò che bene e ciò che male, ci può dare la possibilità di comportarci bene e, soprattutto, di vincere il male.

“… liberaci dal male”

Lo chiediamo ogni volta che recitiamo la preghiera che Gesù ci ha insegnato, che si conclude con quella invocazione: liberaci dal male! Se dunque uno che è cattivo, che non ha nessun timor di Dio riesce a fare del bene, com’è possibile che Dio, non ascolti, il grido che noi gli rivolgiamo? Tante volte abbiamo sperimentato che la nostra preghiera sembra non avere effetti. Appare inutile.

Gesù con i suoi discepoli

Gesù ci ha insegnato a pregare, come gli hanno chiesto i discepoli: invece, tante volte, noi chiediamo ben altro a Dio, rispetto alla cosa principale che dobbiamo chiedere: liberaci dal male! Se gli chiediamo questo, Dio interverrà subito. Tutto il resto dipende da noi, dalla nostra organizzazione, dal nostro impegno, spesso fallimentare, a causa proprio del male che ci domina, che ci tarpa le ali, che ci impedisce di essere generosi.

Il male ci attanaglia: questa è la liberazione di cui abbiamo bisogno, ci può essere data soltanto da Dio. Questa è la fede dei cristiani. Ma il brano si conclude con quella drammatica domanda: l’uomo vorrà essere liberato dal male?