La legge di Dio è un faro di civiltà

Le parole del libro del Siracide aprono una riflessione sul libero arbitrio: un uomo può scegliere la via del bene o quella del male

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato,
per tutta l’eternità non verrò meno.
Nella città che egli ama mi ha fatto abitare

Sir 24,12

Le parole dell’autore del libro del Siracide vogliono esaltare la missione del popolo eletto: la legge che Dio gli ha dato è un faro di civiltà, è la sapienza stessa di Dio che si è incarnata nel modo di vivere dei pii ebrei. Sarà per sempre, non verrà mai meno. Grazie a quell’incarnazione, Israele aveva abbandonato gli idoli, non era più schiavo di superstizioni, non andava dietro a maghi ed indovini, non aveva più paura dei fenomeni atmosferici, non credeva che il sole, la luna, le stelle, fossero dei terrificanti astri gestibili da rabbini con sacrifici, non pensava che tutto fosse deciso dal fato.

Un popolo libero, capace di decidere del proprio destino, addirittura di ribellarsi a Dio. Tale ribellione non è un’assurdità, un capriccio ma addirittura una caratteristica tanto tipica della natura umana che il nome di questo popolo, che ha Dio come Signore, è Israel, colui che lotta contro Dio. Il nome deriva dall’incontro – scontro sul fiume Giordano tra Giacobbe e l’uomo di Dio, poi identificato dalla tradizione come un angelo: quest’ultimo sbarra la strada a Giacobbe che deve lottare contro di lui.

Il rapporto tra il Signore e l’Uomo

Luca Giordano – Giacobbe combatte con l’angelo

Giacobbe viene atterrato dall’angelo che gli cambia nome: da quel momento è Israel, colui che lotta con Dio. Perché questa è la caratteristica che connota l’uomo: Dio gli fa una proposta e lui non l’accetta, è l’archetipica descrizione del rapporto tra Dio e l’Uomo. Dio gli propone un itinerario di vita che l’uomo può accettare o meno.

E’ chiarissimo nel libro del Deuteronomio al cap. 30, versetto 15: ecco io pongo davanti a te la via del bene e la via del male. Il libero arbitrio è il più grande dono che Dio abbia fatto alla sua creatura, che può addirittura rivoltarglisi contro.

Nel romanzo I Demoni, Fedor Dostojevskij, mostra come l’uomo possa liberamente scegliere il male e vantarsene anche, appassionandosi ai suoi effetti. L’inferno di Dante è la progressiva presa di coscienza di quanto male possa esserci al mondo, spesso nascosto dalla gloria, dalla vanagloria anche, dalle passioni che travolgono, dall’ira, dalla fame sconsiderata dell’oro, dalla superbia, dal delirio di onnipotenza. E può accadere anche, come a Dante succede più volte, che le vicende di queste persone, travolte dal male nella loro vita, suscitino addirittura simpatia.

Ma che fine ha fatto la sapienza?

Eppure l’autore del Siracide sembra non tener conto di tutto questo: anzi, per lui, la sapienza di Dio ha preso dimora definitivamente fra gli uomini, è il dono più grande che il creatore poteva fare all’uomo. Ma che fine ha fatto questa sapienza in un mondo che è sempre travolto da guerre, carestie, epidemie, incidenti…?

Nella tradizione ebraica si dice che il miracolo avvenga quando tutto va come Dio ha già disposto, secondo natura, quando l’uomo dunque non interviene per rovinare tutto.

E’ il significato dell’incipit del vangelo di Giovanni: la luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce. Se volessimo davvero la luce basterebbe seguire le indicazioni di Dio e invece no… Commenta Giovanni: perché le loro opere erano malvage…