La lezione di Pinocchio che rifiutiamo di capire

La lezione della favola di Pinocchio che in tanti fingiamo di non capire. Perchè se il mondo è ingiusto serve attivarsi per cambiarlo

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Mi stringevano funi di morte, ero preso nei lacci degli inferi, ero preso da tristezza e angoscia. Allora ho invocato il nome del Signore: «Ti prego, liberami, Signore». Hai liberato la mia vita dalla morte, i miei occhi dalle lacrime, i miei piedi dalla caduta.

Sal 114

È una poesia tratta dal Libro dei Salmi, una collezione di 150 componimenti che raccolgono molti dei testi più espressivi di tutta la letteratura ebraica.  Ce ne sono di generi diversi, che esprimono situazioni differenti.  Sono delle poesie, dei modi di rappresentare la vita umana, attraverso delle immagini, delle metafore, dei segni che possono così più facilmente interpretare i sentimenti di un uomo.  Dal punto di vista spirituale, i credenti sia ebrei che cristiani ritengono che questi testi siano il modo con cui Dio ha ispirato la preghiera

E’ come se Dio abbia voluto insegnare agli uomini a pregare, a parlare con lui. Lo fa anche Gesù, quando insegna ai suoi discepoli la preghiera del Padre Nostro, per non perdersi in vane parole.

Il testo del salmo è chiaro: soltanto Dio è in grado di liberarci dal male, che rappresenta con delle immagini precise, le funi della morte, i lacci degli inferi, rappresentati dalla tristezza e dall’angoscia. 

Liberi con le nostre sole forze?

E noi? Pensiamo davvero di aver bisogno di liberazione dal male? Oppure ci illudiamo che le nostre forze, le nostre risorse siano in grado di tenerci al riparo dalle prove della corruzione, del tradimento, dalla prevaricazione, della violenza?  E’ il rimprovero che Gesù muove ai farisei che non avevano bisogno di misericordia o meglio pensavano di non aver bisogno di misericordia, di perdono. Ritenevano che le loro azioni, i loro comportamenti da persone per bene li mettessero al sicuro dal male e invece spesso erano proprio quelli a essere i lacci degli inferi.

Anche San Paolo, in una delle sue lettere, dice: chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere (1 Cor 8-10) nel senso che tutti quanti noi possiamo cadere nella trappola di sentirci in pace con la nostra coscienza, che è la peggiore condizione dei Cristiani

I discepoli di Gesù infatti non possono sentirsi in pace, in mezzo ad un mondo che brucia. Gli avvenimenti, che continuamente ci accadono attorno, ci dicono che questo non è un mondo giusto, non è un mondo governato dalla pace e dalla giustizia. E’ richiesto l’impegno dei Cristiani, per fare sì che pace e giustizia pervadano la realtà e le diano forma. 

Pinocchio che cade nei tranelli

Roberto Benigni sul set di Pinocchio di Matteo Garrone

In queste ore, abbiamo assistito a ragazzi che, improvvisamente e senza apparente giustificazione, uccidono i loro familiari, persone che rincorrono  un ladruncolo e lo uccidono per riprendersi la borsa, che gli era stata rapinata. Abbiamo notato come in tanti si siano dichiarati favorevoli per una giustizia tipo far west, dopo secoli di civiltà giuridica nata nella penisola italiana, che proclama l’uso regolato della forza contro il fai da te, violento e pericoloso. 

L’apologo di Collodi è illuminante: Geppetto crea un burattino e il burattino nonostante tutti i suoi tentativi di esprimere una personalità e comunque manovrato sia nel bene che nel male. Pinocchio subisce l’influenza di tutti quelli che lo circondano, che cercano di manovrarlo, a seconda dei loro desideri. Come un burattino lo portano addirittura a morire, cosa che non gli accade perché è di legno e quindi si salva dall’impiccagione. Cade nel l’imbroglio dell’omino di burro e del paese dei balocchi, venduto come pelle di tamburo e caduto in mare viene inghiottito dal pesce.

Ed è lì, proprio all’interno dell’esperienza più forte che gli possa capitare nella vita, che il burattino cambia.  Resiste anche alle argomentazioni del tonno filosofo:  è inutile darsi da fare, gli dice, tanto sempre in scatola dovremo finire.

La luce in fondo al tunnel

Ma Pinocchio vuole ritrovare suo padre e vede finalmente in fondo, nel buio di questo antro esistenziale pronto a divorarlo, a trascinarlo con i lacci degli inferi,  una luce che brilla, corre e  riconosce il padre e decide di salvarlo. Convince anche il tonno a portarlo fuori dall’antro. E di fronte alla difficoltà del pesce che sostiene di poterne trasportare uno soltanto, ecco la trasformazione di Pinocchio. 

Dice al padre: vai tu con il tonno, arriva  a dare la sua vita per un altro, il burattino cessa di essere manovrato e diventa finalmente un uomo, capace di governare la sua vita.  

Collodi ha centrato appieno il significato del salmo: hai liberato la mia vita dalla morte,  Pinocchio ha dato la sua vita e per questa ragione è diventato, finalmente, un uomo. 

(Foto di copertina © DepositPhotos.com)