La scelta più importante per i cristiani: le lusinghe delle sirene o la città di Dio

La chiesa vive nella società e deve decidere su quali fondamenta porre la propria costruzione. Perché spesso costruiamo su basi sbagliate

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista


Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello
sono il suo tempio
La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.

Ap 21, 22-23

L’autore del libro di Apocalisse descrive in questi versetti la città di Dio, la nuova Gerusalemme, città di pace e di giustizia, e lo fa mettendo bene in evidenza come la nuova città che si contrappone a Babilonia, paradigma di ogni impero, di ogni situazione in cui si governa con la forza, non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna, i due astri che danno luce. E’ sufficiente la gloria di Dio per illuminarla e l’unica lampada che le occorre per vivere è l’agnello, il simbolo di Gesù, sacrificato sulla croce.

Capiamo che si tratta di elaborazioni simboliche di un ragionamento molto importante: la nuova comunità dei seguaci di Gesù, quella che poi tutti quanti chiamiamo Chiesa, vive all’interno della società e deve quindi decidere su quali fondamenta deve fondare la propria costruzione, quali templi edificare per Dio.

La luce di Dio

E già qui cominciano le difficoltà: la nuova città di Dio non ha templi, dice la visione, non ha spazi riservati ad alcuni credenti, non ha recinti per i buoni che escludono i cattivi. Una rivoluzione per uomini abituati alla regola della purità, tese ad identificare chi è in un modo e chi in un altro. Dio è il tempio, non c’è più bisogno di statue e monumenti, di sacrifici, di olocausti, il sangue dell’agnello ha liberato tutti gli uomini, non soltanto alcuni privilegiati.

Se i cristiani non stanno attenti, però, rischiano di fondare la loro città, la loro chiesa non sulla gloria di Dio, ma su altre glorie, su altre certezze o presunte tali, sul potere immediato, sulle ricchezze che possono essere offerte, in pratica su tutte le tentazioni che il potere può presentare loro, favori, privilegi…

Ecco perché l’autore del libro di Apocalisse mette in evidenza che la città, che Dio vuole fondare, non ha bisogno di nulla né della luce del sole né di quella della luna. La luce la riceve soltanto da Dio, tramite la lampada che è l’agnello.

Quali sono i valori che guidano la nostra vita?

Dovrebbe essere una considerazione sempre presente nella vita dei cristiani che tante volte sono chiamati a fare i conti con le molteplici proposte che hanno ben altri fondamenti e ben altre luci.

In altre parole i versetti del libro di apocalisse riescono a darci l’idea di quello che può accadere a ciascuno di noi: quale fondamento poniamo alla nostra vita? Quali sono i valori a cui cerchiamo di ispirare le nostre scelte? Sono quelli che Dio ci indica o sono quelli che invece ci vengono da altre voci molteplici che risuonano da tante parti?

La sapienza greca aveva un mito per raffigurare questa situazione, quello delle sirene, voci incantevoli, capaci di condurre qualunque uomo verso di loro, senza possibilità di resistere. L’autore dell’Odissea immagina che Ulisse escogiti la cera nelle orecchie dei suoi compagni, per non farli cadere nella trappola delle sirene. Ma egli invece vuole sentirle e si fa legare all’albero maestro della nave, sapendo quanto quel canto possa essere disastroso per la sua esistenza.

I vizi capitali

Siamo capaci di distinguere le sirene che cantano attorno a noi dai fondamenti della città di Dio? Questo ci viene chiesto, è quello che si chiama il discernimento, la capacità di distinguere le indicazioni che ci vengono da Dio, da quelle invece che sono capaci di rovinare la nostra esistenza. Nel linguaggio tradizionale della chiesa le proposte delle sirene sono chiamate vizi capitali, quelle abitudini talmente radicate nella nostra esistenza che possono farci perdere la testa, il caput.

“La tentazione di Cristo” (Duccio di Buoninsegna) Particolare

E’ molto difficile liberarsi da un vizio, che a volte diventa addirittura un habitus, molto di più di una semplice abitudine. Vuol dire, ad esempio, che la violenza diventa un modo di essere normale, quotidiano, così come l’ira, la passione smodata, l’avidità insaziabile.

Cosa preferiamo? le lusinghe delle sirene o il fondamento della città di Dio?