Legge di Dio o consiglio dei malvagi? Decidiamo sempre e solo noi

La vita vera o il prestigio a tutti i costi: non è un dilemma, ma solo il disegno della nostre due strade, una sola delle quali è giusta

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.
Sal 1, 1-2

È l’inizio, l’incipit, del Libro dei Salmi, una raccolta di 150 componimenti poetici, di vario genere, attribuiti dalla tradizione al re David ma, in realtà appartenenti ad autori ed epoche diverse. Sono una specie di manuale di preghiera, un vero e proprio breviario, una collezione di testi, che aiutano a pregare, a mantenere il contatto con Dio.

Secondo la tradizione ebraica e cristiana, è Dio stesso che insegna all’uomo quali parole utilizzare nella preghiera, strumento per mantenere il contatto con Lui, senza confondersi.

Come un’iscrizione in pietra

Foto © IchnusaPapers / AIafrate

L’incipit è come se fosse un’iscrizione in pietra, che possa essere vista da tutti, un monumento che non può essere ignorato: attenti, il pericolo maggiore sta nell’entrare nel consiglio dei malvagi, nella compagnia degli arroganti. E’ sempre così nella nostra vita: riceviamo impulsi, sollecitazioni, spinte da tutte le parti.

Veniamo spinti, in maniera più o meno sofisticata, verso l’uno o l’altro comportamento ma la decisione definitiva rimane la nostra: il consiglio dei malvagi o la legge del Signore?

Esercitare la libertà

E’ l’esercizio della nostra libertà, quello che l’insegnamento tradizionale della chiesa chiama il libero arbitrio, la capacità di governare sé stessi, nonostante tutti i condizionamenti. Ne I Promessi Sposi, Alessandro Manzoni ci dà un esempio perfetto dell’esercizio del libero arbitrio.

Don Rodrigo sta utilizzando ogni mezzo, anche violento, per vincere la scommessa con il cugino Attilio, sedurre Lucia prima del giorno di S. Martino. La giovane, sentendosi incapace ad affrontare da sola una simile minaccia, ricorre a padre Cristoforo, che, senza paura, va a parlare al signorotto, nel suo palazzo.

Cristoforo e Rodrigo

Litografia da I Promessi Sposi, padre Cristoforo affronta don Rodrigo (Centro nazionale di studi manzoniani)

Lo trova a pranzo con altre persone del suo rango: il podestà, l’avvocato Azzeccagarbugli, il cugino Attilio. Stanno discutendo se si possa punire l’ambasciatore che porta un cartello di sfida. Il parere che trionfa è quello che il pover’uomo, incolpevole, sia bastonabile, anzi bastonabilissimo, è il consiglio dei malvagi.

Cristoforo fa appello alla coscienza di don Rodrigo, chiedendogli di non proseguire la persecuzione nei confronti di Lucia, povera ragazza alla vigilia delle nozze. Don Rodrigo è chiamato a scegliere: rendersi conto del male che sta facendo, interrompendo le pratiche violente già messe in atto.

Oppure proseguire a sedere nel consiglio dei malvagi, magari per il solo timore di perdere la faccia, di essere preso in giro da Attilio. L’onore o l’onestà. Rodrigo sceglie il malinteso onore, la paura di fare brutta figura, che cosa diranno gli altri, mi prenderanno in giro…

Rifiutare la mitezza della giustizia

Il consiglio dei malvagi si impadronisce di lui fino a fargli rifiutare la mitezza della giustizia, che avrebbe restituito Lucia al suo Renzo. Accade sempre, sia nella nostra vita quotidiana che nei grandi scenari internazionali: assistiamo in questi mesi ad un continuo aumento della violenza fra giovani.

Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica

Queste azioni, che arrivano anche ad esiti fatali (pensate a Willy, a Thomas, ad Emanuele…) nascono da contese di puntiglio, far vedere chi comanda, vendicarsi di uno sguardo irriguardoso, di una parola fuori posto. Anche nel romanzo, padre Cristoforo, prima di diventar frate, aveva ucciso un uomo per un diritto di precedenza…

La vita umana non vale più niente: conta di più il prestigio del ras del quartiere, del guappo, del boss, del gerarca… Ecco la scelta che l’incipit del libro dei salmi ci pone di fronte, sempre. Totò l’avrebbe sintetizzato nel suo splendido: siamo uomini o caporali?