Il significato ed il valore di "mangiare" secondo i discepoli e la Parola che si fa verità e porta che crede alla vita eterna
Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna
Gv 6,69
La frase, famosissima, ritornello anche di canti religiosi, viene fatta pronunciare dall’evangelista Giovanni a Pietro, in uno dei momenti di maggiore “scandalo” del rapporto tra Gesù e i suoi discepoli. Dobbiamo sempre ricordare che, quando leggiamo i vangeli, non ci troviamo di fronte al racconto della vita di Gesù, alla sua biografia, alla cronaca dei fatti che avvengono nella Palestina romana del I secolo.
I vangeli sono libri di catechesi, risposte alle domande che i discepoli di Gesù si pongono all’interno delle loro comunità. Giovanni riporta qui il dialogo fra Gesù e i suoi dopo il discorso sul pane della vita. Se mangerete il mio corpo e berrete il mio sangue sarete salvi: che razza di ragionamento! E’ lo “scandalo”, quella pietra che ti fa inciampare mentre cammini diritto.
Mettersi nei panni dei discepoli
Ma che significa? Provate a mettervi nei panni di quegli uomini che avevano seguito Gesù, mollando tutta la loro vita, le famiglie, il lavoro. Che discorsi! Se vogliamo salvarci, dobbiamo mangiarlo. Sono ebrei, pii ebrei, impastati dalla scrittura che fa memoria di quanto Dio ha fatto per loro, piccolo popolo tra grandi imperi potentissimi.
Il mangiare è strettamente legato alla salvezza: mangiare l’agnello li ha salvati dall’angelo sterminatore nell’ultima e più terribile delle piaghe d’Egitto. Mangiare la manna ha loro consentito di poter sopravvivere al deserto, alle peregrinazioni di 40 anni, ai pericoli di un ambiente ostile. Ma ogni volta si sono ritrovati da capo: non era quello il pane decisivo, non era lì che potevano trovare la salvezza, non erano quelle le parole che salvano.
Alla ricerca del pane “giusto”
Ecco allora la risposta di Pietro, Signore, anche se non capiamo, sappiamo che le tue parole sono le uniche a poterci salvare. Ma salvare da cosa? In uno dei suoi racconti, Anton Cechov descrive così Laevski, un impiegato statale fuggito dalla capitale Pietroburgo, verso il Caucaso con la moglie di un altro.
“La verità non gli era necessaria e non la cercava, la sua coscienza, stregata dal vizio e dalla menzogna, dormiva, oppure taceva. Egli, come un estraneo, o come un salariato venuto da un altro pianeta, non prendeva parte alla vita comune degli uomini, era indifferente alle loro sofferenze, idee, religioni, cognizioni, ricerche, lotte. Non aveva detto agli uomini una sola parola buona, non aveva scritto una sola riga utile, non volgare, non aveva fatto agli uomini nulla che valesse un centesimo”.
L’impiegato menzognero di Cechov
“Ma aveva solo mangiato il loro pane, bevuto il loro vino, rapito le loro mogli, era vissuto dei loro pensieri. E, per giustificare la sua vita spregevole, da parassita, di fronte ad essi e a sé stesso, aveva sempre cercato di darsi un aspetto come se fosse più elevato e migliore di loro. Menzogna, menzogna e menzogna…”
Ecco le parole di Gesù salvano dall’essere uomini così, salvano dalla menzogna, dall’assopimento della coscienza, dal sonno che non ti fa capire più niente, dall’indifferenza di fronte alle tragedie degli altri. Le parole di Gesù sono le parole che possono salvarci dal male, come diciamo nella preghiera che proprio lui ha insegnato ai suoi: liberaci dal male.
La Parola libera dalla menzogna, la Parola è verità: se l’accettiamo, allora saremo salvi, anche se spesso non capiamo tutti i particolari di ciò che ci accade. Dove andremo? Tu solo hai parole di vita eterna…