Mattia, Stefano ed Adolescence: è una questione di “vignaioli”

[C'E' BISOGNO DI PAROLA] La celebre parabola dei lavoratori della vigna diventa di stretta attualità dopo i tanti fatti di cronaca che vedono protagonisti soprattutto i giovani. Per questo servono buoni maestri che sappiano insegnare l'altruismo ed il coraggio

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

«Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”»

Lc 13, 5-9

Il padrone decide, taglia quello che vuole, è suo, e non accetta chi sfrutti indebitamenti gli altri: è il senso della parabola che Gesù racconta per far capire il rapporto tra Dio e l’uomo. Il fico veniva utilizzato come sostegno per la vite: in qualche modo si tollerava il fatto che sottraesse nutrimento ai grappoli, grazie ai suoi frutti. Ma questa condizione viene meno. Per tre anni di seguito il fico non porta frutti: la condanna è inevitabile. Ecco, però, l’intervento del vignaiolo che, forse, non ha tutte le carte in regola con la sua coscienza: magari se zappetto un po’ meglio… diamogli un altro anno. Poi si taglierà.

Alberi da tagliare

Violenza giovanile (http://Foto © DepositPhotos.com)

Ci troviamo tante volte di fronte ad alberi che non portano frutti. Noi adulti li vediamo soprattutto tra i giovani, e siamo pronti a giudicarli, anche a chiederne un taglio radicale: abbiamo in mente i tanti episodi di violenza che connotano alcuni gruppi giovanili di oggi, i casi di omicidi efferati, che mostrano ragazzi che non hanno alcun apprezzamento della vita propria e altrui, pronti a fare a botte fra loro per una stupidaggine, ad utilizzare coltelli ed armi per affermare la propria superiorità, a correre sconsideratamente in auto dopo lo sballo in discoteca.

E ci sembrano davvero alberi da tagliare, disperatamente senza frutto. Mentre leggevo la parabola, per tirarne fuori qualche insegnamento per la vita quotidiana, è capitato a Ceccano un incidente: una di quelle macchinette che usano i ragazzi è uscita fuori strada e i due malcapitati a bordo sono finiti nel fossato, pieno d’acqua. Due altri giovani passavano di là, Mattia e Stefano i loro nomi, e non hanno esitato a calarsi nel fossato per trarli in salvo. Avrebbero potuto attendere i soccorritori e invece…

Bisogna insegnare solidarietà e coraggio

Chi ha zappettato intorno a loro, insegnandogli l’altruismo, la solidarietà e il coraggio?

Ci sono giovani così, dunque, capaci di lanciarsi in aiuto degli altri in difficoltà. C’è una serie televisiva che ho visto in questi giorni, Adolescence: narra una terribile storia di preadolescenti, che arrivano ad uccidere una ragazza di 12 anni. Il colpevole è un coetaneo, secondo figlio di una famiglia normalissima, con una sorella più grande, splendida e assennata. Tutto avviene in un ambiente cupo, in cui gli adulti non capiscono nulla di quanto accade tra i ragazzi, chiusi dentro le loro stanze, con le loro chat e i loro emoji, apparentemente indifferenti ai valori e alle regole.

Quando accade la tragedia e i genitori si rendono conto della colpevolezza del figlio, dopo averlo difeso in tutti i modi, ed essersi resi conto che del figlio e del mondo dei ragazzi conoscevano ben poco, quel papà e quella mamma si chiedono dove abbiano sbagliato e perché i figli siano tanto diversi. Una serie da vedere, anche a scuola.

Il “compito gravissum”

Oggi c’è ancora più bisogno di vignaioli che non si distraggano e che stiano attenti agli alberi loro affidati, che sembrano dar valore più ad una paio di scarpe da ginnastica che alla vita. Abbiamo il dovere di zappettare, è il compito di noi adulti nei confronti dei ragazzi: il padrone potrebbe decidere di tagliarli via all’improvviso e magari di presentarci il conto per quello che non abbiamo fatto…

E’ il compito di tanti maestri e di tanti genitori, compito “gravissimum” lo definisce il Concilio vaticano II, evidenziando l’importanza degli educatori per il futuro dei ragazzi loro affidati.