
[C'E' BISOGNO DI PAROLA] La celebre parabola dei lavoratori della vigna diventa di stretta attualità dopo i tanti fatti di cronaca che vedono protagonisti soprattutto i giovani. Per questo servono buoni maestri che sappiano insegnare l'altruismo ed il coraggio
«Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”»
Lc 13, 5-9
Il padrone decide, taglia quello che vuole, è suo, e non accetta chi sfrutti indebitamenti gli altri: è il senso della parabola che Gesù racconta per far capire il rapporto tra Dio e l’uomo. Il fico veniva utilizzato come sostegno per la vite: in qualche modo si tollerava il fatto che sottraesse nutrimento ai grappoli, grazie ai suoi frutti. Ma questa condizione viene meno. Per tre anni di seguito il fico non porta frutti: la condanna è inevitabile. Ecco, però, l’intervento del vignaiolo che, forse, non ha tutte le carte in regola con la sua coscienza: magari se zappetto un po’ meglio… diamogli un altro anno. Poi si taglierà.
Alberi da tagliare

Ci troviamo tante volte di fronte ad alberi che non portano frutti. Noi adulti li vediamo soprattutto tra i giovani, e siamo pronti a giudicarli, anche a chiederne un taglio radicale: abbiamo in mente i tanti episodi di violenza che connotano alcuni gruppi giovanili di oggi, i casi di omicidi efferati, che mostrano ragazzi che non hanno alcun apprezzamento della vita propria e altrui, pronti a fare a botte fra loro per una stupidaggine, ad utilizzare coltelli ed armi per affermare la propria superiorità, a correre sconsideratamente in auto dopo lo sballo in discoteca.
E ci sembrano davvero alberi da tagliare, disperatamente senza frutto. Mentre leggevo la parabola, per tirarne fuori qualche insegnamento per la vita quotidiana, è capitato a Ceccano un incidente: una di quelle macchinette che usano i ragazzi è uscita fuori strada e i due malcapitati a bordo sono finiti nel fossato, pieno d’acqua. Due altri giovani passavano di là, Mattia e Stefano i loro nomi, e non hanno esitato a calarsi nel fossato per trarli in salvo. Avrebbero potuto attendere i soccorritori e invece…
Bisogna insegnare solidarietà e coraggio

Chi ha zappettato intorno a loro, insegnandogli l’altruismo, la solidarietà e il coraggio?
Ci sono giovani così, dunque, capaci di lanciarsi in aiuto degli altri in difficoltà. C’è una serie televisiva che ho visto in questi giorni, Adolescence: narra una terribile storia di preadolescenti, che arrivano ad uccidere una ragazza di 12 anni. Il colpevole è un coetaneo, secondo figlio di una famiglia normalissima, con una sorella più grande, splendida e assennata. Tutto avviene in un ambiente cupo, in cui gli adulti non capiscono nulla di quanto accade tra i ragazzi, chiusi dentro le loro stanze, con le loro chat e i loro emoji, apparentemente indifferenti ai valori e alle regole.
Quando accade la tragedia e i genitori si rendono conto della colpevolezza del figlio, dopo averlo difeso in tutti i modi, ed essersi resi conto che del figlio e del mondo dei ragazzi conoscevano ben poco, quel papà e quella mamma si chiedono dove abbiano sbagliato e perché i figli siano tanto diversi. Una serie da vedere, anche a scuola.
Il “compito gravissum”

Oggi c’è ancora più bisogno di vignaioli che non si distraggano e che stiano attenti agli alberi loro affidati, che sembrano dar valore più ad una paio di scarpe da ginnastica che alla vita. Abbiamo il dovere di zappettare, è il compito di noi adulti nei confronti dei ragazzi: il padrone potrebbe decidere di tagliarli via all’improvviso e magari di presentarci il conto per quello che non abbiamo fatto…
E’ il compito di tanti maestri e di tanti genitori, compito “gravissimum” lo definisce il Concilio vaticano II, evidenziando l’importanza degli educatori per il futuro dei ragazzi loro affidati.