Niente amichette, soprattutto se sei ministro

L'apostolo Giacomo punta il dito contro il servilismo, la ricerca del potere e la discriminazione. Parole di strettissima attualità dopo il caso dell'ormai ex Ministro Sangiuliano

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

La vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali.

Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?

Gc 2,1-4

Le parole dell’apostolo Giacomo stigmatizzano, senza bisogno di ulteriori chiose, la nostra tentazione per il servilismo: tendiamo ad andare dov’è il potere e la ricchezza, ne sentiamo il fascino, l’attrazione.

D’altronde, è una delle tentazioni cui viene sottoposto Gesù nel deserto: il demonio lo conduce in alto, gli fa vedere tutti i regni della terra e gli dice: se tu mi adorerai, tutto questo sarà tuo. Nel linguaggio biblico, adorare qualcuno vuol dire eseguirne la volontà, fare quello che lui ti dice.  Quindi, se tu vuoi diventare potente, devi adorarmi.

La ricerca del potere è uno dei grandi mali dei cristiani i quali devono fare del tutto per evitarlo, soprattutto quando svolgono funzioni all’interno della Chiesa. 

La lezione dell’apostolo Giacomo

L’apostolo Giacomo è di una chiarezza lapalissiana. Che cosa accade normalmente quando vediamo una persona vestita per bene, con un anello d’oro? Subito viene riverito, pregato di accomodarsi davanti, e invece il povero viene rimandato indietro, in piedi. E’ la discriminazione, che tutta la tradizione biblica condanna duramente.  Dio è presentato come modello del giudice giusto, che non fa preferenze tra le persone. 

Quante volte nella nostra vita abbiamo sentito raccontare, abbiamo fatto esperienza di favoritismi. Tutti ci siamo resi conto di quanto costituisca un elemento doloroso per il vivere civile.  Tutto l’occidente europeo ha lottato per due secoli contro il privilegio feudale, la possibilità cioè di essere sottoposti a leggi speciali, grazie al proprio diritto di nascita, al sangue, oppure grazie al proprio censo, il denaro. È l’elemento portante, costituitivo, della democrazia: tutti gli uomini sono uguali.

L’articolo 3 della Costituzione docet

La Costituzione della Repubblica italiana (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

La nostra Costituzione Repubblicana brilla come l’elemento conclusivo di questo cammino di liberazione.  Lo splendido articolo 3 mette in evidenza come non si possa fare distinzioni tra gli uomini, né sulla base della loro religione, del loro sesso, delle loro idee. 

L’uguaglianza, però, non deve essere soltanto proclamata ma deve essere anche realizzata. Compito della Repubblica recita l’articolo 3, secondo comma, è quello di rimuovere gli ostacoli che possano impedire di fatto l’uguaglianza delle persone. 

In questi giorni poco dignitosi, legati alla vicenda del Ministro della cultura del governo italiano Sangiuliano ho ripensato a questo tema del favoritismo e a quanto tali comportamenti possano essere una controtestimonianza del valore della democrazia. 

La moglie di Cesare

L’ormai ex Ministro Sangiuliano

Come si potrà togliere di testa un ragazzo che le posizioni di potere vengano assegnate a seconda del favore e non a seconda del merito? I danni di questa vicenda, come di tante altre, si ripercuoteranno sulle future generazioni e costituiranno un ulteriore incentivo alla non partecipazione, al disamore per la democrazia.

Questa è la grande responsabilità che spetta alla “moglie di Cesare”. Costei deve sempre apparire al di sopra di ogni sospetto, proprio perché è la moglie di Cesare e nel momento in cui ci fosse un sospetto su di lei è la reputazione di Cesare che sarebbe compromessa. Troppe mogli di Cesare non si comportano come dovrebbero. I 10 lunghi giorni, che hanno preceduto le dimissioni del Ministro della cultura, purtroppo sono stati una pessima testimonianza per le giovani generazioni.