Pietro, la pietra non indistruttibile ma fondamento dell’amore in Cristo

Cosa c'è dietro una delle frasi più famose e significative dei Vangeli. E' l'essenza della fede come ha ricordato anche Papa Leone XIV appena varcato il soglio pontificio

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa

Mt 16,18

Sono tra le parole più famose dei Vangeli, ma in realtà riportate soltanto dall’evangelista Matteo, che sfrutta un gioco di parole, percepibile soltanto nella lingua parlata da Gesù e da Pietro, l’aramaico. Infatti in questa lingua la parola pietra è kèphas  ed il nome di Pietro è appunto Kèphas. Il latino lo esplicita chiaramente nella sua traduzione  tu es Petrus et super hanc petram. La cosa che mi colpisce però in questa frase è il concetto di pietra. 

Gesù parla della pietra che sta al fondamento, di quella cioè che regge tutta la costruzione. Pietro è l’elemento attorno al quale si costruisce la prima comunità dei credenti in Gesù. 

La lezione di Leone XIV

Eppure Pietro tante volte ha dato dimostrazione  di pusillanimità, di paura, ha osato contraddire Gesù apertamente, rimproverandolo, cercando di convincerlo a cambiare idea,  fino ad arrivare a tradirlo, nella notte della passione, nonostante l’impegno che aveva assunto poche ore prima:  se anche gli altri ti abbandoneranno, io non ti abbandonerò mai.  Il canto del gallo rivelerà definitivamente a Pietro la sua pochezza. Eppure, nonostante i suoi limiti evidenti,  Pietro viene scelto come pietra su cui si edifica la chiesa.

Papa Leone XIV

Anche Leone XIV nei suoi primi discorsi, dopo l’elezione al soglio pontificio, ha messo in evidenza la pochezza dell’esperienza umana, di fronte al compito che viene affidato al successore di Pietro.

In realtà però ciascuno di noi riceve un compito che spesso è al di sopra delle proprie capacità,  per cui  altrettanto frequentemente non riusciamo ad essere fedeli all’impegno che abbiamo assunto. Pensate soltanto alla fedeltà ai nostri principi, alla correttezza della vita sociale, all’assolvimento dei doveri quotidiani della realtà lavorativa, nello studio,  nel rispetto delle persone. 

L’esempio del giudice inquirente

Dobbiamo perciò capire che la debolezza è parte della nostra esistenza e non aver paura del compito che ci viene affidato. Anzi nel momento stesso in cui percepiamo i nostri limiti diventiamo più forti, siamo in grado di comprendere i limiti degli altri e quindi riusciamo anche ad ammettere i nostri errori e a cambiare idea, atteggiamento, scelte, nel momento in cui ci accorgiamo di aver sbagliato. L’antico proverbio ce lo ricorda: errare humanum, perseverare diabolicum.

Ricordo una mia ex alunna, entrata in magistratura, che mi faceva presente quanto fosse difficile per un giudice inquirente, uno di quelli che fanno le indagini, essere disposto ad ammettere di essersi sbagliato e quindi andare avanti, nonostante le evidenze, con le conseguenze tragiche che possiamo immaginare.

Ammettere l’errore, riconoscere la propria debolezza, i propri limiti è manifestazione della maturità della vita umana

L’uomo presiede la carità

Il tradimento di Pietro (Olio su tela)

Pietro, la pietra che Gesù sceglie come fondamento della sua chiesa, non è indistruttibile, non è capace di risolvere tutte le questioni, è l’uomo che presiede alla carità, che guida l’amore dei fedeli in Cristo e il suo compito fondamentale e far sì che questi fedeli non perdano la correttezza della fede. 

Questo si chiede al Papa: confermaci nella fede, perché non commettiamo l’errore di crearci un Dio a nostra misura, ma continuiamo sempre a credere in Gesù e a provare a conformarci alla sua esistenza, a comportarci come lui.