
Siamo tutti come San Pietro: pronti a promettere ma di fronte al momento della prova i primi a tradire. A rinnegare tre volte. Lo sguardo di Cristo che si posa sull'uomo che aveva scelto per costruire la sua Chiesa lo libera dalla sua debolezza dandogli modo di ricominciare fiducioso se saprà cogliere lo sguardo misericordioso di Gesù
Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche questi era con lui». Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
(Lc 22)

Mi sono sempre chiesto perché i vangeli insistano tanto sulla debolezza di San Pietro, forse perché porta lo stesso mio nome o forse perché tutti quanti noi sperimentiamo la debolezza. Però, se si pensa che proprio Pietro viene prescelto per essere colui sul quale viene fondata la saldezza della Fede, uno si chiede come mai i Vangeli si occupino tanto del suo tradimento.
In effetti, nei racconti della Passione, vengono raccontati due tradimenti: quello di Giuda che consegna il suo maestro ai nemici che lo volevano morto, rivelando loro il posto dove Gesù e i discepoli andavano a rifugiarsi di notte, per sfuggire alla cattura; e il tradimento di Pietro che viene meno all’impegno che nel racconto di Luca è evidentissimo: Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione, alla morte. Nel momento in cui questo sta per accadere, Pietro fugge, insieme con tutti gli altri, e poi si vergogna apertamente del suo Signore, si vergogna di Gesù.
La vergogna di noi stessi
Ci sono momenti della nostra vita di cui ci vergogniamo, sono quelle situazioni in cui siamo venuti meno ai nostri impegni, ai nostri principi. Non siamo riusciti ad essere fedeli a quegli stessi impegni che noi ci eravamo posti liberamente per diventare migliori. In quei momenti ci sentiamo inadeguati, incapaci di essere quello che vorremmo essere. Ci vergogniamo di noi stessi, se siamo onesti con la nostra coscienza.

Pietro ne è l’esempio: vorrebbe dare la vita per il Signore ma di fronte ad una donna, sappiamo che questo è un elemento che l’evangelista riporta per sottolineare ancor più la pavidità di Pietro, non è capace di rispettare il suo impegno, rinnega il suo maestro e lo fa per tre volte, che nella tradizione biblica rappresenta la dichiarazione veritiera. Pietro è un traditore come Giuda: anche lui ha abbandonato Gesù, anche lui non è capace di dare la vita per il suo amico.
Quello sguardo che salva

Ma c’è il particolare decisivo, che segue il canto del gallo: il Signore lo guarda. Quello sguardo converte Pietro, salva Pietro dalla sua paura, dalla sua vigliaccheria, pur nella debolezza che ciascuno di noi vive nella propria esistenza. Lo sguardo di Gesù fa piangere Pietro e quel pianto lo libera dal male, lo ricostituisce amico di Gesù, gli ridà la certezza che il suo signore gli vuole bene nonostante quello che lui ha fatto, nonostante il triplice tradimento.
E’ davvero un brano consolante per ciascuno di noi: siamo povera gente, poveri cristiani ci chiamerebbe Ignazio Silone, inseriti in un’avventura, nei confronti della quale spesso ci sentiamo inadeguati. Ma, se ci lasciamo guardare dal Signore, e ci lasciamo cambiare dal suo sguardo, saremo sempre degni di lui, nonostante tutte le nostre mancanze. Pietro è ciascuno di noi, chiamati ad essere l’immagine di Dio, incapaci di corrispondere ad essa, ma, disposti a piangere sui nostri fallimenti e a ricominciare, fiduciosi nello sguardo che ci rigenera.