
Dobbiamo scegliere: una coscienza soltanto o tante coscienze diverse, una per ogni aspetto della nostra vita
Disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano.
Lc 5, 4-6
Cosa sarà passato nella mente di Simone quando quell’uomo delle colline, in alto, in Galilea, bravo falegname, per carità, che incantava quando parlava di Dio e delle scritture dei padri, ora pretendeva anche di insegnargli il mestiere di pescatore, a lui, che stava sulle acque di quel lago sin da quando era piccolissimo?
Glielo fa anche presente: hanno provato tutta la notte a pescare, ma non c’è niente da fare, non ci sono pesci ora. Ha grande rispetto per quell’uomo, c’è qualcosa di straordinario in lui, ma cosa ne sa di pesca… questo è tutto un altro mondo rispetto alle belle cose che dice.
Sicuri di tutto, forse…

Che c’entra Gesù con la pesca, con gli affari, con le cose concrete della vita? Pensiamoci bene: quante volte abbiamo fatto lo stesso ragionamento? Quante volte siamo stati pronti a separare quello che è di Cesare da quello che è di Dio, secondo la banale vulgata tradizionale nell’interpretazione di quel versetto.
Quando commerciamo, facciamo contratti, compriamo e vendiamo, gestiamo il nostro lavoro, siamo sempre tentati di mettere da parte la parola di Gesù. Spesso sarebbe molto scomodo applicarla nelle cose che facciamo.
Siamo sicuri che le banche in cui abbiamo depositato i nostri risparmi non li utilizzino per finanziare l’industria delle armi, che nel momento in cui cerchiamo di eludere qualche tassazione non veniamo meno ai nostri doveri di buoni cristiani. O che quando accettiamo lavori in nero non danneggiamo il servizio sanitario per cui qualche persona bisognosa potrebbe rimanere senza assistenza?

Siamo sicuri che quando guidiamo non abbiamo il dovere di proteggere la vita degli altri, che è a repentaglio se non rispettiamo le norme e magari eccediamo nella velocità? Siamo certi che la volontà di divertirsi a tutti i costi possa consentirci di passare sopra il rispetto delle persone?
Fidarsi di Gesù
E le domande potrebbero continuare ma si riassumono in una soltanto: è possibile fidarsi della parola di Gesù nella nostra vita quotidiana, o dobbiamo riservarla ai momenti di preghiera, alle processioni, alle tradizioni. O quando ci sentiamo parte di una comunità di fede, che poi si sgretola di fronte alle scelte che compiamo nella vita di tutti i giorni?
Simone, il pescatore, riesce ad andare oltre, si fida di Gesù, comunque: è la fede, la stessa fede di Abramo che lascia ogni cosa sulla base di una promessa, senza avere alcuna certezza che si sarebbe verificata.
L’unità della coscienza

Un filosofo danese, Søren Kierkegaard, definisce Abramo un cavaliere della fede, utilizzando la categoria della cavalleria medievale, dell’uomo che non ha paura di essere fedele, nonostante l’apparente incongruenza fra la dimensione della fede e quella della vita reale…
La cosa importante, sostiene Alberto Monticone, storico, già presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, è mantenere l’unità della propria coscienza nei vari momenti dell’esistenza, quando siamo chiamati a pregare e quando siamo chiamati a commerciare, a divertirci, a compiere il nostro dovere, ad insegnare, a studiare, ad amare, ad educare i figli… sempre.
E non è una cosa facile. Abbiamo sempre la tentazione di dire a Gesù, alla Parola: guarda, questo non è affare per te, qui non contano le chiacchiere e il gioco si fa duro…
Dobbiamo scegliere: una coscienza soltanto o tante coscienze diverse, una per ogni aspetto della nostra vita, con le sue regole diverse… Simone scelse Gesù e noi?