Questo è il mio corpo: e noi non siamo cannibali

"Questo è il mio corpo..." E allora? Mica siamo cannibali che dobbiamo banchettare su un corpo... Infatti significa una cosa molto diversa. Ecco la straordinaria chiave di comprensione

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Prendete, questo è il mio corpo (Mt, Mc, Lc, Gv, Cor)

Abbiamo mangiato tante persone. Grazie al loro corpo che ci è stato offerto, siamo diventati grandi, abbiamo imparato un sacco di cose, da quelle che ci paiono più semplici ora ma che erano complicatissime quando eravamo piccoli, come camminare, mangiare, fare la pipì senza bagnarci.

Qualcuno ci ha offerto il suo corpo, di solito i nostri genitori, ma non soltanto: le maestre dell’asilo, zie, zii, amiche della mamma, e poi i nonni che hanno rinnovato l’offerta del loro corpo per noi nipoti.

Ci sembra una cosa naturale, istintiva, ma non è così se ci pensiamo bene: vuol dire decidere di sacrificare la propria vita, le proprie esigenze, gli orari, le feste, le passioni per quei bambini frignanti che però hanno in loro il germe della vita futura, la speranza che si realizza, un progetto di vita che si vede crescere giorno per giorno.

Foto: Emma Bauso / Pexels

È il pane che abbiamo mangiato, tutti. E in questo pane dobbiamo trasformarci per tutti coloro che da noi possono trarre nutrimento, possono migliorare: qui sta la chiave dell’offerta di sé, di quella che nella tradizione cristiana si chiama eucaristia, questo è il mio corpo offerto per voi.

La chiave di comprensione del ‘corpo’

C’è una straordinaria chiave di comprensione della realtà in queste semplici parole: il futuro del mondo dipende dalla nostra capacità di offrire il nostro corpo, la nostra vita per la vita degli altri, per la vita del mondo.

Certo, chiunque potrebbe dire: perché devo essere io a dare il mio corpo? Non posso tenerlo per me, non posso sfruttarlo fino in fondo per il mio piacere? Sì che possiamo ma l’effetto sarà quello di diventare come le palle di un biliardo, ognuna se ne sta per conto proprio fino a quando qualche evento (il colpo della stecca) non ci costringe ad entrare in relazione e allora lo faremo sbattendo gli uni agli altri, senza alcun riguardo, come le palle di un biliardo, appunto, senza dolcezze, senza riguardi, violentemente.

Dobbiamo dunque scegliere se essere pane offerto al mondo o se rinchiuderci in un bozzolo di avorio o di durissime resine plastiche, impenetrabili ad ogni sentimento. Da questa scelta dipende il futuro del mondo.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).