La nostra paura di fronte alla morte (di P. Alviti)

Pensiamo di essere immortali. E che la morte non ci colpirà mai. È sbagliato concepire in questo modo l'esistenza: la fine fa parte della vita. Allora cosa dovremmo fare per non avere paura?

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.

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È un’esperienza continua nella nostra esistenza: sai, è morto quell’amico… Ma, come? l’ho visto qualche giorno, stava bene, era giovane…  Capita spesso, ma come accade di frequente, ce ne dimentichiamo e subiamo di nuovo quello che Freud chiama il complesso di immortalità: a me tanto non capita, a me non succederà mai. E così, non riflettiamo, anzi, infiliamo la testa sotto la sabbia per non pensarci.

Fino a metà degli anni 50 del secolo scorso, il corteo funebre, che si snodava dalla chiesa delle esequie al cimitero, era spesso preceduto da uno stendardo nero, listato di oro, con l’aforisma in latino: hodie mihi, cras tibi. La gente non capiva, quasi tutti, ma quella frase e quel corteo avrebbero dovuto far pensare: oggi a me, domani a te, è la scarna traduzione del motto latino.

Dovrebbe essere lampante per tutti, come dice il testo dell’evangelista Matteo: perché quello viene portato via, perché quell’altra? E perché gli altri no? La risposta è così lampante che non riusciamo a vederla: nonostante tutta la nostra prosopopea, le nostre manie di grandezza, la nostra superbia, per dirla secondo la sapienza tradizionale cristiana,  le nostre ricchezze, la nostra scienza, non riusciamo a capire quanto siamo impotenti di fronte alla morte.

È sufficiente un virus, l’atto di uno scapestrato, la frenata di un distratto, una disattenzione… per cessare di vivere, per non esserci più da un momento all’altro.

Uno verrà portato via…: la rappresentazione classica della morte personificata la dota di una lunga falce che cala inesorabile e spesso improvvisa sulla vita. Ecco: se confidiamo sulla nostra forza ne saremo delusi; invece, se porremo la nostra fiducia  in Gesù che ha vinto la morte attenderemo con gioia quel momento che potrà spaventarci ma non ci troverà distratti.