Quel gobbo col cuore granata di Umberto Celani, tifoso della tigna

Il Direttore di Ciociaria Oggi e de La Provincia, gli anni del Nazionale ed un carattere duro che qualche volta concedeva spazio alla dolcezza

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

“Tu sei del Toro, vero? Non depone molto bene ed io fossi in te starei un po’ preoccupato, però ti ho fatto chiamare perché mi piace come fai la giudiziaria”. Pausa, due sbuffi di sigaretta sparati via rabbiosi dopo un risucchio da idrovora e faccione suo puntato dritto nella mia faccia. Occhi celesti e lucidi piantati dentro un paio di occhi verdastri e timidi che sembravano la quintessenza di una diarrea.

Il faccione di Umberto Celani, juventino mannaro, pioniere della carta stampata, già fondatore e direttore storico di Ciociaria Oggi e da due anni fondatore e direttore de La Provincia Quotidiano governato da Arnaldo Zeppieri, era marezzato sotto un nasino gallico da un paio di baffetti a triangolo scaleno. Due ali bigie di falco che marcavano la linea di una bocca che pensai da subito fosse poco propensa al sorriso.

La giudiziaria “che non va più”

(Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

Era marzo 2001 ed io collaboravo con Ciociaria Oggi da due anni anni ormai. Facevo la giudiziaria e mi piaceva farla, mi ero “battezzato” tra gli altri con il caso dei “vendicatori di Esperia”, poi con i delitti Violo e Iavarone. E, per motivi inspiegabili, a quel direttore incazzoso, considerato un totem del giornalismo provinciale, piaceva come trattavo gli atti dei procedimenti.

“Te lo ha spiegato Mauro Benedetti (direttore di Latina e Ciociaria oggi illo tempore – ndr) che la giudiziaria ormai non va più?. (Leggi qui: Umberto, il mito del giornalismo che superò se stesso).

A dire il vero me lo avevano detto sia Benedetti che Giuseppe Ciarrapico, l’editore kraken che ogni tre mesi ci convocava per spaghetto cacio e pepe, cotoletta aziendale e sermone truce annesso. Un comizione alla Pino Romualdi in cui preannunciava ad esempio che, come Historicus, l’editoriale dell’Otto settembre era suo.

Arrivano i criminologi

Foto Neil Moralee

In realtà sul breve termine avevano ragione ma sul medio sbagliavano tutti e tre, perché di lì a poco i processi sarebbero tracimati nelle trasmissioni di infotainment delle reti berlusconiane. E nelle case di milioni di massaie affamate di palpiti noir sarebbe slavinata una miriade di criminologi, termini a difesa, Ris di Parma e maturazioni della prova ex Codice riformato.

Tuttavia io gli dissi di sì, che lo sapevo, ma che preferivo fare una cronaca di atti ed un po’ retrò piuttosto che interpretare e contrabbandare i fatti, strusciarmi alle iperboli e facendo parlare politicucoli comcimatori del loro “particulare”. Mi guardò strano, sembrò accennare un sorriso ma poi sotto quei baffetti tutto tornò orizzontale.

A Cassino per cazziare tutti

Non so se la mia risposta gli piacque – Celani rideva molto raramente coi suoi dipendenti terminali – ma da luglio di quell’anno mi ritrovai a collaborare con La Provincia, nel pieno delle pasticciate indagini di Pg dopo l’assassinio di Serena Mollicone.

A Cassino Celani ci compariva una volta ogni paio di mesi, ed ogni volta era il Terrore che preannunciava se stesso. Parlava in privato con il caposervizio Stefano Di Scanno, poi convocava noi, uno ad uno. E ci dava i numeri: quelli con i quali a volte avevamo messo la freccia sulla “corazzata” Ciociaria Oggi, ma mai al punto da doppiarla in pianta stabile (tolto un semestre d’oro tra il 2003 ed il 2004).

Ordini secchi, ed incomprensibili

Occhi negli occhi, e noi con il terrore di non aver afferrato del tutto quello che ci stava dicendo di fare, visto che Celani quando parlava non si capiva. Nel senso che lui aveva la voce roca da fumatore incallito e la cosiddetta “patata in bocca” e mitragliava via le parole veloci, dando per scontato che gli ordini prescindessero le imperfezioni della loro epifania. E che è compito di chi li riceve tradurli, prima ancora che eseguirli.

Avevo paura, di Umberto Celani, e ci misi almeno due anni a capire che dietro quel gryzly c’era un uomo con un cuore grande, quasi un cuore “granata”, azzarderei. Certo, era un “gobbo” e per me che sono del Toro è sempre stato un po’ più difficile far decantare le sue rotte senza pensare ai molti derby persi ed a pochi stravinti, ma ci provai.

Ed alla fine ci riuscii. E vidi il Celani vero: successe quando La Provincia gonfiò i muscoli e decise di uscire, in parallelo con quella provinciale, con l’edizione nazionale.

Il Direttore chiamò me, assieme ad un team di colleghi capitanati da Igor Traboni. E mi disse: “Tu tifi sempre Toro vero? Ecco, noi vi ‘tireremmo’ anche a colazione, ma a me serve uno che nelle cose ci metta l’anima, e qui l’anima del giornale ce la stiamo giocando, perché il Nazionale è una cosa seria.

La sciarpa granata

Beppe Dossena con la maglia del Torino

Poi sorrise, una cosa tanto rara quanto bella perché stava sorridendo a me, che per l’emozione stavo torcendo la mia sciarpa tra le mani manco fosse il collo di Platini dopo che ci aveva bucato le rete per l’ennesima volta al Comunale. E sì, era una sciarpa del Toro che io usavo come copri gola.

Era di mio padre, che qualche anno dopo morì, sciarpa che gli mettemmo al collo prima di lasciare le sue spoglie alla terra. E prima che accadesse quel momento lurido di stagno infuocato a sigillare il legno al vecchio ospedale di Frosinone arrivò lui, Celani.

Ci arrivò a sorpresa con la sua Tiziana Cardarelli, non era obbligato a farlo ma lo fece. Vide quella sciarpa e mi disse l’ultima cosa prima che io litigassi con il buon senso ed andasse a litigare anche lui con mio padre sui derby tra Platini e Junior.

Qualcosa di quel che fummo

“Qualcosa dietro di quello che siamo stati ce le dobbiamo pure portare appresso no?”. Certo, e qualcosa di quel che siamo stati ed abbiamo fatto dovrà pur restare dove abbiamo vissuto.

Perciò Piazza Umbero Celani allo Scalo, come annunciato l’altro giorno dal sindaco Mastrangeli alla cena – evento organizzata da Ciociaria e Latina Oggi per celebrare i dieci anni della nuova gestione targata Massimo Pizzuti – è molto più che un riconoscimento. E’ un modo per dire che quelli come Umberto Celani, anche se juventini, la vita la segnano. A volte agli uomini, a volte alle città, a volte ai territori. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti di sabato 5 aprile 2025).