
Ad 88 anni il Pontefice è morto, e forse nessuno come lui ha segnato la tormentata Storia degli ultimi anni
L’immagine ce la ricordiamo tutti, anche se ormai sfocata nei toni bigi delle nostre ipocrisie. Un Papa, fermo, immobile e solo, che nel pieno della pandemia prega per un mondo piegato per metà dalle regole della scienza, per l’altra metà dalla tigna di ricusare la stessa. Papa Francesco è morto, un po’ lo avevamo capito da giorni, che potesse succedere, ed un po’ speravamo di non aver capito. Morto nel giorno in cui la tradizione fissa la nascita di Roma.
Alla fine, a farci capire come vanno le cose caduche del mondo ci ha pensato la scienza. Quella stessa scienza che però non sa spiegare come mai un papa di origini argentine, successore del più ortodosso dei Pontefici, sia riuscito in 12 anni di governo del Soglio di Pietro a dimostrare che la Chiesa sta nel mondo.
Le uste della società laica

E che essa non procede nel suo cammino altero malgrado lo stesso, ma ha il dovere si seguire le uste sociali ed i progressi di civiltà laica. “Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui. Vi ringrazio dell’accoglienza”.
Questo disse quel cardinale elevato al Massimo Rango Pontificale dopo che un turbolento Conclave lo mise al posto del dimissionario, ortodosso e severo Benedetto XVI. Non pensiamo alla sua morte, ma alla vita che egli ha saputo insufflare in un sistema complesso che prima di lui stava arroccato su quel che teologicamente proclamava, invece di seguire l’onda di quel che la parte misera e bella del mondo agognava.
“Grazie dell’accoglienza”

Ma l’immagine è e resta quella, non quella della malattia, non quella dei bollettini dal Policlinico Gemelli. No, semplicemente quella di un uomo che, nel nome di ciò che testimoniava, minuscolo ed immenso, era andato a pregare quando tutto il mondo semplicemente sperava. Figura minuta in mezzo ad architetture giganti, gigante in mezzo a mura piccine. Mondo che sperava di non morire soffocato nel suo muco ed in barba a promesse di Vita Eterna che, Dio ci perdoni, avremmo voluto sperimentare il più tardi possibile.
Le parole di Spreafico

Quel tratto di via del Corso a Roma, poi Santa Maria Maggiore e San Marcello al Corso. Infine un Vaticano extra civitatem deserto, scarno, presago di promesse truci, come se Dio avesse abbandonato il mondo in favore di un demone puntiforme fatto come una minuscola mina da marina.
“Un Papa nella Chiesa per il mondo, un uomo che ha voluto comunicare agli altri la forza del ‘noi’, (…) che (pur sofferente) non ha rinunciato a stare in mezzo agli altri e benedire il mondo, non solo la chiesa. Il messaggio di un uomo che ha creduto che si possa vivere in pace e nella diversità”. Parole tarate al millesimo di Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e di Anagni-Alatri.
La Spike e l’uomo solo in piazza

La Proteina Spike contro la Fede, e la Fede vinse, grazie anche ad un Papa prog che ha saputo intercettare il Tempo in cui viveva senza aggiogarlo a quel che la Temporalità dice da sempre.
Non ce lo scorderemo per quei momenti in cui portò la Croce di un mondo scettico ed impaurito, per il resto ricorderemo la verve progressista, le aperture, ma quel che accadde allora ci ha segnati. Perché chi è umile viene dalla terra, da quell’humus che Qualcuno più Grande di noi calcò in terre che oggi risuonano dei boati dei mortai: le calcò proprio per noi e noi oggi le calchiamo nel marziale e tronfio esserci scordati di Lui.
Il grazie all’Innovatore

Ad 88 anni Papa Francesco ci ha lasciati, con quel suo faccione alla Stan Laurel che sembrava adatto ad ogni frase di linimento delle nostre debolezze, pronto ad intercettare ogni palpito di una vita difficile ma preziosa che dovrà pur essere vissuta da mortali fallaci.
Ci lascia con il Giubileo che ha indetto e voluto e che sopravviverà alla sua caducità terrena. Come fatto-nuncio della scomparsa di un amico dei poveri della Terra.
Alla fine ci è riuscito. E noi, quelli che vedono nei migranti fratelli che soffrono, noi, quelli che vedono nella diversità un valore. Sì, noi, quelli che vedono nel Mondo che cambia la mano benevola di un Dio che sa quel che fa, gli diciamo grazie. E, tristi per davvero, lo salutiamo.
Tutti, gli ultimi per primi.