Cercasi accompagnatore – massima serietà, no perditempo – per il prossimo matrimonio. Non il mio, mi pare ovvio.
Nessun impegno particolare se non quello di prendere la sua auto, passare sotto casa mia, magari aprirmi pure lo sportello e starmi accanto per tutta la durata dell’evento, cerimonia compresa. La conferma dovrebbe arrivare almeno quindici giorni prima, giusto il tempo necessario per inserire il suo nome accanto al mio sul tableau, che generalmente si usa nei ricevimenti per assegnare i posti a tavola.
Perché diciamolo pure senza correre il rischio di dire una stupidaggine. È così, inutile negarlo. Superati i trenta, se ti presenti a un matrimonio sola gli sguardi che ti senti addosso sono un misto tra la compassione e la comprensione, anche se tu sei felicissima di non avere alcuno con cui condividere il rigo del tableau. Peggio ancora se le nozze siano quelle di una parente. Una cugina va, l’ultima a sposarsi. Esclusa te chiaramente.
Durante il ricevimento bisogna stare attenti alla zia in agguato. O all’amica di famiglia. Si avvicina con discrezione, comincia la conversazione sul tempo o su quanto sia buono l’aperitivo e poi la butta sulla tua vita privata, con una precisione da cecchino in prima linea sulle domande da farti. “Mi sembrava di aver capito che uscissi con quel tizio…”. Oppure, ed è molto peggio, arriva la rivendicazione femminile sul maschio scemo. “Io proprio non li capisco gli uomini di oggi. Una brava ragazza come te che ancora non trova nessuno”, non passandole minimamente per la testa che tu sia serena nella tua condizione di single e che se mai avessi il desiderio di condividere la tua vita con qualcuno questo qualcuno dovrebbe essere un ‘valore aggiunto’ e niente altro di più. O di meno.
E a proposito di questo esiste l’opzione numero tre, con una sorta di rimprovero per essere un po’ troppo pretenziosa. “Beh… certo che alla tua età uno dovrebbe pure un po’ accontentarsi…”, come dire che va benissimo pure un buon usato purché ti sistemi una volta per tutte.
Eccola qui, la parola magica. Sistemarsi! Che nel gergo del club delle zitelle, o uizzoche che dir si voglia, vorrebbe dire proprio accasarsi. Trovare marito insomma.
E non conta la condizione sociale, economica o sentimentale. Non conta che tu abbia un lavoro che ti appaghi completamente. Conta la tua solitudine, o presunta tale. Conta che tu non abbia indossato il vestito da meringa e non abbia scelto le bomboniere. Persino che tu non sia impazzita cercando di districarti al meglio con gli invitati ed evitando di mettere allo stesso tavolo quelli che non si sopportano. Pure questo fa parte del gioco. Tutto meglio che zitella.
La colpa è pure parecchio della Disney e di ‘ste cavolo di principesse che negli anni saranno pure un po’ cambiate, di aspetto e condizione sociale, ma su una cosa restano fedeli alla tradizione: vanno tutte alla ricerca del principe azzurro. Lo cercano ovunque, persino nelle bestie, non pensando a quanto bestie siano certi che a prima vista parrebbero dei principi. È che nella vita bisognerebbe sempre chiedersi il perché di tante cose…
E a proposito di domande impertinenti, manca a dire il vero la più diretta di tutte. Quella che poi racchiude la filosofia di vita di una persona. Che ne racconta la storia e i sogni, le aspettative e le delusioni. Arriva così, a bruciapelo, in gergo dialettale e nella maggior parte dei casi resta sospesa, non ottenendo risposta alcuna. “Ma tu, non sie trovato o non sie voluto?”.
Evviva gli sposi!