Addio a Leonardo Bragaglia, genio con il destino segnato

Se ne è andato ad 87 anni dopo una vita passata a far grandi il teatro e scrittura. Ma soprattutto spesa nel difendere i valori di una classicità che ispirò la sua produzione. E che sostanziò il carattere senza compromessi delle personalità che fanno la storia.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Frosinone gli deve una scuola di teatro ed è l’alma mater della sua famiglia, una famiglia che stava all’arte come re Mida stava al tocco delle cose. Ed è esattamente per questo che la morte di Leonardo Bragaglia pare aver generato un lutto sulle colline ciociare ancor più lacerante che nel resto d’Italia e del mondo.

L’annuncio dato sabato scorso dalla casa editrice Persiani ha infatti assunto il tono dell’ultimo rintocco di una campana funebre che aveva iniziato a muovere il batacchio poco tempo fa, quando era scomparso l’immenso Ennio Morricone. Perché quando a scomparire sono i grandi veri c’è poco da fare: le terre che a quei grandi hanno fatto da culla hanno più lacrime da versare e più diritto a versarle.

Bragaglia era nato a Roma nel 1932, il 9 di novembre e portava già scritto addosso il copione di una vita sontuosamente colta. Non perché il destino dei grandi sia romanticamente segnato già da bambini. Come a volersi immaginare un Cristoforo Colombo che ancora moccioso scruta l’orizzonte con fare pensoso. No, Bragaglia aveva il destino già segnato perché era nato da e in una famiglia di leader culturali, di gente cioè che giocoforza ti bombarda quotidianamente con la propria complessa visione dell’esistenza.

Gli esordi da attore e la famiglia

LEONARDO BRAGAGLIA NEL 1954

Era figlio di Alberto, il pittore futurista detto “pictor philosophus”, nipote di Anton Giulio e Carlo Ludovico, registi che dalla Ciociaria avevano abbracciato il mondo. Era anche nipote di Arturo, che di mestiere faceva l’attore.

Un battaglione di Bragaglia che non poteva non lasciare particole di dottrina nell’aria che Leonardo respirava. Un’aria benevolmente avvelenata di sapere che si sostanziò nei primi cimenti da attore bambino del nostro.

Negli anni ‘40 recitò in piccole parti in pellicole come “Il fidanzato di mia moglie” (1943), “Lo sbaglio di essere vivo” (1945) e “Figaro qua, Figaro là” (1950). Ma il demone del Leonardo maturo era tutto concentrato nell’etimo di quel verbo greco, ‘theaomai’, ‘guardare’, che ha ammalato ed ammaliato il mondo da 2500 anni a questa parte. Con il teatro Bragaglia trovò la tonda dimensione di una regia rigorosa e fertile. Firmò opere come “Giorni di Verità” assieme allo scrittore Riccardo Bacchelli e sperse la sua bravura fra teatro e radio.

La maturità e la regia teatrale

LEONARDO BRAGAGLIA

Lo fece dirigendo attori come Paola Borboni, Massimo D’Apporto, Elsa Merlini, Mario Scaccia, Wanda Capodaglio, Elena Zareschi e Lia Zoppelli. Chi fa teatro lo sa: il rovello primo è sempre quello di fondarne uno, e Bragaglia lo fece. Fondando e dirigendo il Teatro del Conventino e la Scuola di Teatro ‘Ruggero Ruggeri’ a Fano, Frosinone ed Anzio.

Era un conservatore in senso classico, Bragaglia, ed amava ripetere che dopo la morte di Arnoldo Foà gli attori veri erano “scomparsi”. Un guizzo di interesse profondo glielo aveva suscitato Kim Rossi Stuart, ma a quel guizzo era poi subentrata la “rabbia” per un vuoto imperdonabile nelle biografie degli uomini da palcoscenico.

Era stata quella rabbia ad instradare la terza fase della sua vita, quella di autore. Aveva scritto più di 40 libri, fra cui “Shakespeare in Italia”, “Memo Benassi un grande attore diverso”. “Ritratti d’attore”, “Luigi Pirandello in 100 anni di rappresentazioni teatrali (1915-2015)”. E poi “Rodolfo Valentino. L’attore, il divo, il sex simbol”, “Ottorino Respighi e i suoi interpreti”, “Carlo Ludovico Bragaglia. I suoi film, i suoi fratelli, la sua vita”. E ancora “Riccardo Bacchelli e il teatro”, “Manuale dell’attore. Dizione, recitazione, interpretazione”,“Maria Callas, l’arte dello stupore”.

La scrittura per ‘dare giustizia’

LEONARDO BRAGAGLIA DURANTE LA VISITA ALL’ARTISTICO DI FROSINONE

Tutti volumi editi dalla Persiani Editore per cui dirigeva la collana dello spettacolo. In palma res aveva anche la condirezione del Premio ‘Ermete Novelli’ e la direzione artistica della Cines, azienda di produzione e distribuzione cinematografica. Di lui resteranno una produzione sconfinata, la completezza ed il rigore delle menti agili e quella sua certa aura ‘vendicatrice’.

Uno spirito guerriero quasi foscoliano che lo portava a difendere gli autori che la new age teatrale e culturale tendeva a mettere in cantuccio. Come quando si sentì in diritto e dovere di difendere Bacchelli, non certo l’ultimo, perché accusato velatamente di essere troppo aulico e grecizzante come autore teatrale.

A Liberi di Scrivere confessò di aver già buttato giù una sua autobiografia, ma di volerla far pubblicare solo dopo la sua morte. Perché lui era «ruvido e troppo diretto». E che sia giunto il momento un po’ ce la fa odiare, quella bozza in cassetto.