Anagni ha un festival perché aveva una Stella che lo volle

La città dei Papi piange il padre del Festival del Teatro Medievale e Rinascimentale. L'uomo che tenne talmente stretti fra i denti i suoi sogni da farli diventare splendida realtà. Tanto splendida che oggi chiama riconoscenza. E magari il nome di chi lo volle.

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

Ci sono persone che contano per quello che sono. Ci sono persone che contano per quello che fanno. Poi ci sono persone, molto più rare, che riescono a mettere insieme entrambe le cose. Che riescono a regalare al posto in cui vivono l’impronta di ciò che sono stati e l’eredità di ciò che hanno realizzato. Giovanni Stella, per Anagni, è stato una di queste rarissime persone. Perché ha portato, quando è arrivato dalla sua Sicilia, un dono estremamente prezioso. Cioè la consapevolezza che Anagni valeva molto di più di quanto gli anagnini stessi fossero disposti ad ammettere. Che Anagni poteva diventare, anzi doveva diventare, ciò che era stata per secoli. E ciò che ormai da tempo sembrava rassegnata a non essere più; un centro di cultura.

Un vanto teatrale assoluto

Festival del Teatro Medioevale di Anagni. Foto © Marcello Brandi / Passione Fotografica

Parlare di Stella significa, anzitutto, ricordare la sua creatura. Vale a dire quel Festival del Teatro medievale e Rinascimentale che oggi tutti considerano un fiore all’occhiello. Vanto non solo di Anagni, ma del panorama culturale, non solo nazionale.

Facile, forse, dirlo ora, dopo 27 edizioni, tutte indistintamente segnate dall’arrivo di tante eccellenze; Albertazzi, Fantastichini, Giannini, Boni, Lavia, Herlitzka. Meno facile farlo quando, all’inizio degli anni ‘90, il professor Stella ebbe quasi da solo una intuizione. Quella di fare di Piazza Innocenzo III, della Cattedrale, della Piazza del comune, dei veri e propri teatri a cielo aperto. In cui la cultura diventava non solo parola detta, ma emozione di carne e sangue.

Chi scrive ricorda un Don Chisciotte realizzato nella Badia della Gloria. Poi un allestimento dei Carmina Burana da brividi; una lectio magistralis di Sgarbi (sì, Sgarbi) su Petrarca. E ancora un maestoso Herlitzka che per una sera fu (non fece) Thomas Becket nella cattedrale di Anagni.

Anagni, in quegli anni, cambiò. Si ebbe l’impressione che, davvero, cultura non fosse solo una parola vuota. Stella ha sempre considerato il festival come una cosa sua. Ed ha sempre visto come una ferita il fatto che altri potessero occuparsene. (Leggi qui Le parole… possono cambiare il mondo (CulturE)).

Meritevole ma ai margini

Un’immagine del festival anagnino

Come ogni siciliano, ha vissuto di battaglie e di ideali. Viale Regina Margherita c’è perché fu lui ad immaginare che quello che allora era un parcheggio potesse diventare la strada principale dell’Anagni di oggi.

Al netto delle tante inaugurazioni, l’intuizione del Museo Archeologico fu sua.

Anagni gli deve molto. E come capita spesso, i figli meritevoli sono quelli che subiscono più avversità. Stella ne ha subite tante; le tragedie familiari, una marginalizzazione a cui non si è mai davvero abituato.

Ha insegnato, ha dipinto, negli ultimi tempi ha scritto. Sempre con un occhio alla sua città. Che oggi lo piange. E che potrebbe trovare un bel modo per onorarlo (e forse ripagarlo) davvero: dare il suo nome al festival.

Perché è giusto che un gioiello nato dal sogno di un uomo porti per sempre il nome del suo creatore.