Neuroetica e società: la lacuna colmata a Cassino

La III edizione del Festival della Neuroetica e del cervello sociale come occasione per mettere il presente al passo col futuro prossimo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

La condotta morale di una società ed i protocolli scientifici di una categoria o branca della medicina. La più difficile in ordine ai quadri prognostici, perché tocca l’immensa vastità percettiva della mente umana. Di quella e dei comportamenti, singoli e complessi, con cui il suo funzionamento disegna una società. Psicoanalisi ed etica possono stare assieme, perseguendo un unico fine di arricchimento delle società umane? Il tema è arduo e a dare una risposta ci sta provando, in questi giorni, la III edizione del Festival della Neuroetica e del cervello sociale.

L’esordio è stato domenica scorsa, ma il “core” della manifestazione è dall’8 al 12 ottobre, a Cassino. Lo scopo dichiarato è quello di colmare una lacuna che viene ben disegnata dal claim dell’evento: “Ripensare il presente per abitare il futuro”. Qual è quindi il trait d’union fra quello che già siamo oggi – in ordine al progresso scientifico – e quello verso cui andiamo, con quel progresso che ha bisogno assoluto di una regimentazione etica?

L’AI ed il suo ruolo: sparring o tiranna?

Come dovremo gestire le infinite possibilità dell’AI senza farla tracimare dalla casella di rivoluzionario sparring a quella di Nume Tiranno che prende in mano le redini della nostra vita sociale di primati avanzati? Ecco, lo scopo della kermesse, multidisciplinare e su diversi piani cognitivi e di grado scolastico, è esattamente questo. Camminare su un terreno quasi “vergine” per disegnare un “Passaggio a Nord Ovest” che conduca alla società del futuro che per congrua parte è già società del presente.

Di come si possa fare e di quali siano le mission aggiuntive abbiamo chiesto conto alla psicologa e docente Maria Felice Pacitto, Direttrice del Festival che vuole “Colmare una lacuna nel panorama italiano dei Festival, dove sono presenti eventi dedicati alla mente” ma non “una rassegna che si concentri sulla ricerca neuroscientifica”.

Cosa intende esattamente per ricadute sociali delle neuroscienze?

“L’obiettivo del festival e quello di diffondere conoscenze scientifiche tra i cittadini superando quella barriera esistente tra sapere ‘alto’ e ‘sapere comune’. La ricerca ci dice che nei paesi in cui i cittadini hanno maggiori conoscenze scientifiche ci si ammala di meno e si è meno preda di fake news. Tra l’altro il festival ha una notevole rilevanza etica e sociale. Questo perché la Neuroetica ha come obiettivo l’applicazione della riflessione morale sui risultati della ricerca scientifica”.

Bisogna bruciare i tempi, pare di capire…

“La scienza va veloce e se qualcosa si può fare sicuramente si farà a prescindere dal fatto che sia etica, ragionevole. Inoltre la Neuroetica si prefigge di indagare le basi biologiche della moralità. Cioè sapere cosa accade nel nostro cervello quando facciamo una scelta morale (se siamo agiti da impulsi o dalla ragione) sapere se esiste il libero arbitrio, se siamo razionali o meno. Conoscere la complessità del nostro funzionamento ci aiuta ad essere più cauti e prudenti ad essere più riflessivi. È evidente quanto il festival sia rilevante per il Sociale ed ogni singolo cittadino“.

Colpisce l’approccio multidisciplinare del Festival: risponde ad esigenze di analisi vasta oppure è un format largo perché gli ambiti di creatività umana sono molteplici?

“Il format largo risponde alla volontà di offrire ai cittadini, quei ‘cittadini scientifici’ che noi vogliamo formare, l’opportunità di conoscere le problematiche attuali emergenti. E di interrogarsi rispetto ad alcune di esse. Quindi IA, ambiente, salute, sono le tematiche generali intorno alle quali si snodano tutte le relazioni. Anche le iniziative per bambini e ragazzi (noi teniamo moltissimo alla loro formazione anche se non c’è una grande risposta da parte delle scuole) rispettano queste tematiche”.

Che tipo di iniziative, ad esempio?

“Laboratori di Mindfulness, di biologia marina, di intelligenza artificiale, film per l’educazione alle emozioni e sentimenti. Faccio un esempio: se parliamo di climate change e delle conseguenze che esso ha per gli altri ambito della vita (salute, risorse alimentari ecc) i cittadini non possono non chiedersi cose. Cose come: ‘Ed io che cosa posso fare?’. È ai piedi questa domanda che vorremmo portare le persone”.

E’ possibile concepire un approccio “altruistico” di quella parte della scienza che sembra vivere solo delle sue regole empiriche?

“Questo è un tema molto complesso. Chiunque viva in un consesso umano non può non essere altruista. Perché noi ci siamo evoluti e siamo arrivati fin qui grazie alla cooperazione per la quale abbiamo una predisposizione biologica. Poi magari la società ci rende egoisti come voleva Rousseau (un mio libro che esce proprio in questi giorni parla di questo – nda). La scienza ha un valore sociale non solo per gli effetti benefici che ha in alcuni settori (in campo medico ad esempio). Ma perché la conoscenza arricchisce la nostra umanità. Poi però c’è l’altro aspetto: la scienza e la tecnologia strumentali. Quelle cioè che hanno l’obiettivo del profitto, dimenticando di essere a servizio dell’umanità“.

La psicoanalisi è un metodo di alta comprensione ma, per sua natura, non ha, né fornisce, rotte etiche. In che modo la neuroetica può essere considerata un upgrade sociale di questo format?

“La psicoanalisi non è la Neuroetica. È un metodo di conoscenza della mente umana, e una teoria della personalità, è un metodo terapeutico. Non ha un’etica normativa, cioè non dirà mai ad un paziente che cosa deve o non deve fare. Ma ha un’etica in quanto aderisce a quelle norme morali che regolano il vivere civile. È evidente che se viene da me una persona che si è tacciata di una grave colpa ed è sofferente per questo io non sarò giudicante“.

(Foto: vpnsrus)

E dovrò supportarla per la sua sofferenza, ma dovrò anche aiutarla a responsabilizzarsi rispetto a quanto compiuto. La psicoanalisi non è mai giudicante, ma non è il luogo in cui tutto è permesso. Inoltre essendo un metodo di cura è per definizione etica”.

E quindi come ce la infiliamo, la morale, nell’equazione?

“La Neuroetica e un’altra cosa: ha una competenza nell’ambito della filosofia morale e nell’ambito delle varie scienze. Scienze come neuroscienze, biologia, neurobiologia, neurodiritto, neuroeconomy ecc. Non è prescrittiva come può essere la bioetica ma analizza le problematiche scientifiche. Lo fa sottolineando le implicazioni etiche. Ad esempio: il taglia e incolla genetico con il Crispr/Cas (riproviamo alcune sequenze del DNA) è molto utile per alcune malattie”.

Ma la Neuroetica ne analizza le possibili implicazioni morali. Potremmo mettere in cantiere un* figli* con le caratteristiche che vogliamo: colore degli occhi, altezza, livello di intelligenza ecc.

“Ma sarebbe equo? Oppure un capo di stato pazzo potrebbe fare nascere una serie di individui fisicamente superdotati ed intelligenti per farsi un esercito speciale. Ma sarebbe etico? Ora è evidente che i paesi più potenti saranno quelli che avranno più tecnologia e dominernno su quelli che ne hanno meno. Queste sono le questioni che noi neuroeticisti solleviamo e potrei fare molti altri esempi”.

Ci dà qualche delucidazione più specifica sulla mission della Società Italiana di Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze?
Maria Felice Pacitto

“La Sine di cui ho l’onore di fare parte raccoglie ricercatori accademici che appartengono a varie discipline. Sono neuroscienziati, biologi molecolare, biologi Filosofi morali filosofi della mente. La ricerca non è solo teorica cioè cogliere le implicazioni etiche dei risultati scientifici di altri, ma in alcuni casi come la ricerca sulle caratteristiche del comportamento morale è empirica”.

Per andare oltre i confini del mondo accademico e degli addetti ai lavori è necessario un linguaggio mainstream che faciliti approccio divulgativo e fidelizzazione su un tema “ostico”. Come avete superato questa possibile lacuna?

“La materia non è facile ed i partecipanti devono fare un certo sforzo. Se si pensa che si viene al festival di Neuroetica per ‘divagarsi’ è partita persa. Ma i nostri relatori mantengono un linguaggio comprensibile, senza scendere di livello. D’altra parte il festival è frequentato da ragazzi della secondaria che non si sono mai lamentati. Tra l’altro 6 anni fa ho fondato una Scuola di Alta Formazione in Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze che funziona benissimo: è frequentata dagli allievi della secondaria”.