Spreafico: mezzo secolo di quella Fede rara che sa accogliere gli ultimi

Domenica 6 aprile all’Abbazia di Casamari si svolgerà una celebrazione eucaristica presieduta proprio dal Vescovo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Aedes Sacra. Perché la Chiesa di Cristo questo è: “Non la padrona o la serva dello stato, ma la coscienza dello stato.” Quella stessa coscienza che fa della Chiesa un modo, più che un luogo, un modo per capire che solo accogliendo il prossimo si onora Gesù. Accogliere fisicamente come accogliere una persona che ha bisogno di ascolto. Quel concetto di Chiesa come “coscienza” lo aveva espresso un reverendo americano che aveva declinato la sua, di rotta spirituale, ma che non rifuggiva quella Universale che oggi ci serve più che mai.

E che fa capo alla Roma di un Papa Francesco convalescente ma sanissimo nella sua rivoluzione “prog”. Quel reverendo Si chiamava Martin Luther King ed è morto per quelle stesse persone deboli che oggi e da mezzo secolo stanno in spunta di agenda etica e spirituale di Ambrogio Spreafico, servo di Dio da 50 anni.

Bio, incarichi e non solo

Servo umile e dotto dal 1975. Biografia ed incarichi dicono molto del presule, ma non tutto. Nato a Garbagnate Monastero nell’arcidiocesi di Milano, il 26 marzo 1950, venne ordinato presbitero il 12 aprile 1975. Poi eletto coadiutore di Frosinone – Veroli – Ferentino il 3 luglio 2008 ed ordinato vescovo il 26 luglio del 2008. Monsignor Spreafico venne successivamente scelto per la ulteriore sede vescovile di Anagni – Alatri, unita “in persona Episcopi” a quella di Frosinone – Veroli – Ferentino, il 10 novembre 2022.

E’ Membro del Dicastero delle Cause dei Santi, di quello per il Dialogo Interreligioso e di quello per la Cultura e l’Educazione. E’ un dotto che usa la cultura come un ponte, non come un muro, e che nello studio della teologia ha affinato una sensibilità umana di straordinaria caratura.

Innovatore: con il dialogo

Ma Spreafico è innanzitutto un innovatore, un servo di Dio sereno nell’ortodossia della sua scelta e felice nella duttilità che quella scelta implica. Che ha inteso e vissuto da tempo la necessità morale di intervenire nei sistemi complessi che dettano la vita delle persone e che a volte segnano rotte di dolore ed indifferenza.

E di indicare la via quando questa è parsa esser stata smarrita più di quanto non fosse consentito dalla nostra fallacità di specie pensante ma umorale e sempre più spesso imbalsamata nel “suo particulare” di giucciardinina memoria.

Da Stellantis a via Aldo Moro

Foto Archivio Fim Cisl

Come quando, nell’analizzare la Crisi Stellantis, ne attribuì parte dell’eziologia al “pensiero corto” dei governanti. O come quando, in occasione della terribile sparatoria mortale in via Aldo Moro a Frosinone di un anno fa, invocò la più difficile delle corresponsabilità, etica e sociale. Quella di approntare il bene militante come unico rimedio al male.

Quella di non tirarsi mai indietro quando accade una tragedia, ma di iniziare a chiedersi tutti quanto sia stato fatto davvero per scongiurarla. Un “prete” capace di vivere l’etimo del termine “dialogo” e di parlare ai giovani senza l’affettazione di chi vuole blandirli. Ma senza neanche il distacco di chi vuole solo studiarli come fenomeno, non amarli come parte vivissima e vulnerabile della comunità.

I giovani e Casamari

Parte di cui ignoriamo il linguaggio e, semanticamente, la scala valoriale. Ed è sulla scorta di queste rotte, pastorali e morali, che oggi il Vescovo di Frosinone, Veroli e Ferentino si prepara a festeggiare il 50esimo anniversario dalla sua ordinazione sacerdotale. Farà assieme all’intera comunità diocesana, “arricchita nella circostanza dalla partecipazione dal comprensorio interparrocchiale di Anagni-Alatri”.

Comunità che, recita una nota, “omaggerà Mons. Spreafico domenica 6 aprile all’Abbazia di Casamari, dove – alle ore 16 – si svolgerà una celebrazione eucaristica presieduta proprio dal Vescovo”.

Da un lombardo col cuore ciociaro che, mezzo secolo fa, prese la più impegnativa delle strade: quella di dare l’esempio, che è fratello dell’ascolto invece del giudizio, che è figlio primogenito della sordità.