Addio Francesco. Morto un papa se ne fa un altro, uguale.

I funerali di Bergoglio, i "burini" del protocollo, la diplomazia scenografica ed il Conclave con tutti i papabili, più o meno

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Ieri il mondo ha dato l’ultimo saluto a Papa Francesco. Un Papa buono, positivo da molti apprezzato da altrettanti avversato. Forse non è riuscito a realizzare completamente quanto si era proposto ma di sicuro ha dato dei segnali importanti. In diverse direzioni. Erano presenti i potenti di tutto il mondo. Gli stessi che ne hanno ripetutamente snobbato i messaggi eucaristici e di pace, ne celebravano la scomparsa con il volto contrito classico delle occasioni importanti.

La morte di un Papa segno della ancora viva potenza evocativa della chiesa cattolica è un evento mondiale. Sempre. E le immagini forti ed emozionanti ne sono state esempio così come la massiccia partecipazione popolare di questi giorni.

Di certo non è stato un grande segno di rispetto che sull’avvenimento più discusso della giornata, il lancio principale di tutte le agenzie sia stato il fugace incontro nella basilica di San Pietro tra Trump e Zelensky.

Nessuno ha mancato di vedere l’immagine dei due leader, americano ed ucraino, seduti su due sedioline color oro e porpora mentre confabulavano sullo sfondo dei marmi pregiati che adornano il tempio della cristianità ridotto momentaneamente ad una saletta per fugaci incontri politici.

Magari non si sono detti nulla…

Il dialogo in Vaticano tra Donald trump e Volodymir Zelensky (Foto: Imagoeconomica via Andrii Sybiha)

Cosa si siano detti non è dato saperlo, forse non si sono detti niente, bastava l’immagine. Sembravano più un confessore severo ed un fedele smarrito che cercava l’assoluzione. Così favoriti nel compito da quella scena improvvisata che sapeva tanto di cinematografico, di forzato. Ma dopo i sonori schiaffoni che si erano dati all’ultimo incontro alla Casa Bianca questa fugace apparizione è sembrata a molti una sorta di refugium peccatorum per entrambe.

O almeno così lo hanno celebrato festanti i governanti presenti. In primis la nostra premier Meloni. “Vedere Donald Trump e Volodymyr Zelensky che parlano sulla pace al funerale del ‘Papa della pace’ ha un significato enorme'”. Ha affermato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni commentando la foto che immortala l’incontro tra il presidente americano e il presidente ucraino nella basilica di San Pietro prima del funerale di papa Francesco.

Una giornata storica“, viene definita. Eh già il papa della pace. Costantemente inascoltato dai presenti che negli ultimi mesi sono stati dediti più alla corsa agli armamenti che alla ricerca di vere trattative di pace.

I due più “burini” di tutti

Donald Trump al funerale di Papa Francesco in un improbabile abito azzurro (Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

Tra l’altro l’epica scena, e questo è un mio personalissimo giudizio, ha coinvolto i due più “burini” tra i presenti. Uno il presidente degli Usa unico presentatosi in un completo azzurro acceso quando il protocollo, come sa chiunque prevedeva il nero completo. L’altro il leader ucraino che neanche per un occasione del genere ha abbandonato la mise bellica ma almeno scegliendo il colore nero per una inedita “mimetica versione funeraria”.

Due insopportabili parvenue. Anche i sampietrini del portico di San Pietro sanno che per i partecipanti laici come esponenti politici e famiglie reali è categorico l’utilizzo del nero, colore per eccellenza del lutto e del rispetto: uomini in abito scuro e camicia bianca, donne in vestiti o tailleur neri che coprano gran parte di braccia e gambe, scarpe chiuse con tacchi modesti e borse piccole.

L’ex presidente Joe Biden con la moglie Jill, in perfetto dress code (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Per le donne è facoltativo l’uso della mantiglia, un velo nero usato per coprire il capo. Le figure ecclesiastiche che partecipano al rito indossano invece colori e abiti specifici per l’occasione o propri della loro carica o funzione; i cardinali indossano abiti color rosso porpora, i vescovi e gli alti prelati saranno vestiti in viola – colore liturgico del lutto – mentre tutte le altre figure religione indosseranno gli abiti propri del loro ordine e i loro rispettivi colori.

Rosso colore

(Foto © Imagoeconomica)

Anche il Papa stesso abbandona la tradizionale veste bianca per indossare vesti funebri specifiche in rosso, colore dal duplice significato: il rosso richiama il sangue del martirio, in quanto il Papa, successore al primo pontefice e martire San Pietro, dedica la sua intera vita alla fede. Il rosso è anche il colore delle fiamme dello Spirito Santo, di cui il Papa si fa portavoce nel suo mandato al comando della chiesa.

Si tratta semplicemente di una questione di rispetto. Solo quello. Al fianco di Trump invece, la first lady Melania Trump è impeccabile in un soprabito doppiopetto nero, velo, occhiali da sole, guanti in pizzo e gli immancabili tacchi a spillo, impreziositi da gioielli sobri.

Buontemponi e carciofi

Isabella Rauti (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

Mi hanno ricordato quando negli incontri annuali che insieme agli eletti di Roma e del Lazio in gennaio tenevamo col Santo Padre, a cui ho avuto l’onore di partecipare per molti anni. Ognuno di noi era tenuto allo stesso dress code. Ma spuntava qualche buontempone sempre che veniva vestito come se partecipasse alla sagra del carciofo con cravatte improbabili e vestiti dal taglio sgargiante.

Lo stesso le donne, alcune come Isabella Rauti, indossavano il nero assoluto compresa la mantiglia, questo velo che copre il viso. Altre venivano nei colori più improbabili disprezzando il cerimoniale perché a loro detta laiche e non credenti. E io che ogni anno gli domandavo: “ma allora che ci venite a fare ad incontrare il Papa” prendendomi sempre qualche farfugliante rimbrotto progressista.

Chi c’era e si è visto

La presidente Ursula von der Leyen (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Ma la religione è religione e la tradizione è tradizione. Non ha senso aderirvi per poi non rispettarla. Infatti sono stati presenti oltre 160 delegazioni ufficiali da tutto il mondo, tra cui 12 sovrani regnanti, 2 principi ereditari, 53 capi di Stato e 15 capi di Governo.

Tra i leader figurano il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni, accompagnati dai vertici delle istituzioni europee: la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo António Costa e la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola.

Tra i leader internazionali il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il presidente francese Emmanuel Macron, il re di Spagna Felipe VI, il presidente argentino Javier Milei e il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. ​

Emmanuel ti stritolo la mano…

Trump con Zelensky e Macron

Tra questi da registrare la stretta di mano tra Trump e Von der Leyen, un atto che in un mondo normale dovrebbe essere routine e che invece anche questo è stato accolto come straordinario. A testimonianza del decadimento diplomatico degli ultimi tempi.

Tra le strette di mano, lo registriamo sempre e anche stavolta, quella Trump Macron è stata di nuovo una specie di prova muscolare a chi resiste di più come lunga tradizione tra i due . Con quel tira e molla ondulatorio e sussultorio che li caratterizza sempre, che neanche Sylvester Stallone in Over the top. Tra l’altro è avvenuta nel momento di scambiarsi la pace durante la messa. Singolare.

Ancora più singolare che nel momento della pace nessuno come testimoniamo i molti video si sia avvicinato a Zelensky per scambiare il segno di pace con la stretta di mano. Forse lo ritengono allergico alla pace. Scherzo.

(Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

Ha concluso la cerimonia il rito della tumulazione del feretro nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, il luogo scelto dal Pontefice per la sua sepoltura. La salma di Papa Francesco, deposta in una bara di legno rivestita in zinco, è stata trasportata in un corteo funebre che da San Pietro ha raggiunto la basilica mariana, dove il feretro è stato collocato in una tomba semplice, situata nella navata laterale, tra la Cappella Paolina e la Cappella Sforza, nei pressi dell’Altare di San Francesco.

“Extra omnes…”

E dal momento in cui Francesco è stato chiuso nel luogo dell’eterno riposo è iniziata una nuova fase: il conclave.

Conclave è un termine che deriva dal latino cum clave, cioè “(chiuso) con la chiave” o “sottochiave” che usualmente indica sia la sala in cui si riuniscono i cardinali della Chiesa cattolica per eleggere un nuovo papa, sia la riunione vera e propria.

L’evento storico che diede il nome di conclave all’elezione dei pontefici risale al 1270, quando gli abitanti di Viterbo, allora sede papale, stanchi di anni di indecisioni dei cardinali, li chiusero a chiave nella sala grande del palazzo papale e ne scoperchiarono parte del tetto, in modo da costringerli a decidere al più presto chi eleggere come nuovo pontefice, ruolo che andò a papa Gregorio X.

Il Conclave che eleggerà il successore di Papa Francesco, che dovrebbe essere convocato tra il 5 e il 10 maggio prossimi, considerando le prescrizioni della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, costituirà una partita aperta. E fin qui nessuna novità, com’è sempre stato e come sempre sarà.

La battaglia politica

Il sepolcro di Papa Francesco

Sarà, è il caso di dire, una vera e propria “battaglia politica” tra visioni contrapposte, elenchi di priorità, urgenze e temi. Per questo, tra i criteri che potrebbero guidare i cardinali elettori, ci sarà l’unità della Chiesa, l’urgenza di mantenerla unita tra le varie spinte centripete e centrifughe che la squassano da diversi anni.

La scelta di una figura di compromesso, che tenga unite queste diverse sollecitazioni, potrebbe essere vista come la migliore. A questo proposito, come si spiega meglio qui, un nome spicca su tutti: Pietro Parolin, 70 anni, il cardinale Segretario di Stato, il più conosciuto anche dagli stessi confratelli cardinali.

Tuttavia, il numero due del Vaticano durante il Pontificato bergogliano ha due soli “freni” che potrebbero compromettere la sua corsa: è un diplomatico, e quindi carente di esperienza pastorale (raramente, tranne poche eccezioni – Pio XII -, un Segretario di Stato è diventato Papa). Ed è italiano, provenienza che in un collegio autenticamente “mondiale”, “globale”, potrebbe essere letta incredibilmente come non opportuna.

Il Collegio di elettori “plasmato”

(Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

Ma gli opposti schieramenti si verranno a creare anche tra chi vorrà continuare il lavoro di Bergoglio e chi, in questi anni, ha vissuto con maggiore fatica le innovazioni, di stile e di approccio, del Pontefice argentino.

Prima ancora di parlare di eventuali candidati papabili, infatti, bisogna considerare che papa Francesco, come si va ripetendo in queste ore, ha “plasmato” su di sé e sulla sua idea di Chiesa il collegio di elettori che si riuniranno a breve per dare un nuovo vescovo a Roma. La maggioranza degli elettori, l’ottanta percento del collegio cardinalizio che entrerà in Sistina, è stata prodotta da Bergoglio: in dieci Concistori, convocati nei 12 anni di Pontificato. Quasi uno all’anno.

E così, 108 sono gli elettori scelti dall’ultimo Papa, 22 quelli creati da Joseph Ratzinger, soltanto 5 quelli che provengono dal lungo Pontificato di Karol Wojtyla. Il totale dà 135 elettori. Sarà uno dei Conclavi più affollati della Storia della Chiesa, se non il più affollato, già solo guardando agli ultimi tre.

La “misma” linea

Joseph Ratzinger (Foto: Daniele Stefanini © Imagoeconomica)

Ed è per questo che come titolo abbiamo scelto “morto un papa se ne fa un altro, uguale”. Concetto al quale il direttore Alessio Porcu aggiunge una prudenziale postilla: nel 2005, alla morte di Papa Giovanni Paolo II, la sfida tra Tradizionalisti e Progressisti venne vinta dai primi eleggendo il decano Joseph Ratzinger. Che come tutti i papi plasmò a sua immagine il Sacro Collegio. Ma alle sue dimissioni, quel Collegio pieno di Tradizionalisti elesse papa il più progressista tra tutti e cioè Jorge Mario Bergoglio.

Postille prudenziali a parte, la probabilità più alta che risiede nei numeri che abbiamo appena descritto è che il nuovo papa segua la stessa linea di quello appena scomparso.

Guardando alla geografia delle porpore, poi, si vede subito come l’Europa, il Vecchio e secolarizzato Continente, rimanga il recinto più affollato: ben 59 elettori. All’interno di questo gruppo, gli italiani mantengono il primato, con ben 19 cardinali (e tra questi, due – pur essendo di nazionalità italiana – non svolgono il proprio ministero nel nostro Paese: si tratta di Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini e tra i nomi che circolano in queste ore come papabile; e di Giorgio Marengo, il secondo più giovane elettore, 50 anni, prefetto apostolico in Mongolia).

Cardinali italiani? Pochini…

Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini (Foto: LatinPatr via Imagoeconomica)

Ciononostante, il Conclave del 2025 sarà quello col numero più basso di cardinali italiani. Il secondo sottogruppo più numeroso è quello che raccoglie i porporati dell’America del nord e centrale: 20 elettori, a parità con l’Asia. L’America del sud ne conta 17, l’Africa uno in meno. Infine, la piccola pattuglia dall’Oceania, solo 3 cardinali.

Le figure di peso dall’America settentrionale sono ben tre cardinali statunitensi: Blase Joseph Cupich, 76 anni, arcivescovo di Chicago; Joseph William Tobin, 72 anni, arcivescovo di Newark; e Robert Francis Prevost, 69 anni, prefetto del Dicastero per i vescovi. Tutti e tre sono stati elevati al rango cardinalizio da papa Francesco, vengono considerati progressisti come lui e sarebbero la risposta del Conclave all’epoca trumpiana e alle sue sfide.

Africa ed Asia ci sono

Il cardinale Fridolin Ambongo Besungu (Foto via Imagoeconomica)

Poi, due nomi rispettivamente dall’Africa e dall’Asia, le parti del mondo dove il cattolicesimo è più in crescita e che, proprio per questo, potrebbe spingere gli elettori a pescare una “carta” da questi sottogruppi: Peter Kodwo Appiah Turkson, 77 anni, una lunga carriera in Curia, creato cardinale da papa Wojtyla nel 2003, ma forse troppo anziano per il Soglio petrino. E Fridolin Ambongo Besungu, 65 anni, resosi protagonista della levata di scudi della Chiesa africana contro il documento Fiducia supplicans, voluto da Bergoglio e dalla sua Congregazione per la Dottrina della Fede.

(Documento) con cui si è stabilito che le coppie omosessuali possono accedere a una benedizione particolare non liturgica. Il suo essere fieramente contrario a queste aperture, viste come “eccessive”, lo rende un altro epigono dei conservatori.

Da non dimenticare tra i vari nomi, portabandiera dei conservatori, il cardinale della Guinea Robert Sarah è uno dei papabili alla soglia di Pietro, come successore di Papa Francesco.

Il filippino moderato

Luis Antonio Gokim Tagle (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Luis Antonio Gokim Tagle, 67 anni, filippino con origini cinesi è l’ex arcivescovo di Manila e ora pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, creato cardinale da Ratzinger (di cui, come teologo, si può considerare uno degli allievi), posizionatosi su crinali moderati, né troppo aperturista né troppo intransigente. Un altro perfetto candidato moderato, quindi, che potrebbe far convergere su di sé voti da una parte e dall’altra.

Va poi citato Lazzaro You Heung-sik, 73 anni, prefetto del Dicastero per il Clero, sudcoreano ed esponente dei Focolarini. A questa lunga lista vanno almeno aggiunti i nomi dell’arcivescovo di Barcellona, Juan Josè Omella Omella, 79 anni; di Malcom Ranjith, 77 anni, singalese, poliglotta e fermo sulla dottrina, creato cardinale da Benedetto XVI.

Del maltese Mario Grech, 68 anni, segretario del Sinodo dei Vescovi, fautore di quella Chiesa non verticistica ma orizzontale, che discute e parlamenta, immaginata e disegnata da Bergoglio in questi anni (anche se, a giudicare dai deboli successi riscontrati, proprio per questo il suo nome potrebbe essersi appannato).

Un poeta lusitano

Il cardinale José Tolentino Mendonça

Infine, il prefetto del Dicastero per la Cultura e l’educazione, il portoghese Josè Tolentico de Mendonça, 59 anni, intellettuale, scrittore e poeta, che offrirebbe la prospettiva di un lungo Pontificato davanti a sé. Allargando lo sguardo all’Europa, si fanno i nomi di Peter Erdo, 72 anni, arcivescovo di Budapest ed esponente di punta dei cosiddetti conservatori (sarebbe un Giovanni Paolo III, anche per essere stato creato cardinale dal Papa polacco). Non vi nascondo che è il mio preferito proprio per il richiamo alla dottrina di Giovanni Paolo II.

Poi c’è il carmelitano Anders Arborelius, 75 anni, convertitosi da adulto al cattolicesimo, svedese. Un altro papabile molto in linea col Pontificato bergogliano è Jean Marc Aveline, 66 anni, arcivescovo di Marsiglia e amico personale di papa Francesco, che per i modi e la fisionomia ricorda un po’ Giovanni XXIII (ma dalla Cattività avignonese in poi non c’è mai più stato un Papa francese).

Zuppi il prosecutore

Il cardinale Matteo Maria Zuppi (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

Quindi, i nomi italiani: oltre ai già citati Parolin e Pizzaballa, l’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, è dato tra i favoriti poiché sarebbe tra coloro che porterebbero avanti il lavoro avviato da Francesco, anche per l’attenzione ai migranti e per la postura “inclusiva” del porporato espressione della Comunità di Sant’Egidio.

Ecco Zuppi un altro dei grandi favoriti. Di lui ho un giudizio contrastante. Me lo rende sommamente simpatico la sua ascendenza ciociara. Avrete letto infatti che sia la città di Veroli che quella di Trevi nel Lazio gli hanno recentemente conferito la cittadinanza onoraria.

Lo apprezzo meno quando lo sento parlare perché spesso mi sembra di ascoltare più un dirigente del Pd che un pastore cattolico. Il 25 aprile entrando in Vaticano ai cronisti che gli chiedevano del Papa ha risposto molto sorridente: “ricordiamoci soprattutto che oggi è la Liberazione”. Sembrava quasi che la scomparsa di Bergoglio fosse meno importante.

Le verità evangeliche relative

Walter Veltroni, Matteo Maria Zuppi

La prima volta lo vidi intervistato da Fazio elemento che inequivocabilmente non mi rende mai simpatico alcuno. A presentare il libro “Odierai il prossimo tuo come te stesso”, non un capolavoro. Ma lo ricordo in un avvenimento particolare.

Vi sovverrà di quel parroco don Vitaliano della Sala parroco della Chiesa SS. Pietro e Paolo in Capocastello di Mercogliano in provincia di Avellino, realizzò un presepe con due madonne per sottolineare come l’avvenire della Chiesa cattolica sia nella logica dell’inclusività. E Zuppi intervenne dicendo che non si scandalizzava perché il Vangelo non conteneva solo verità assolute. Che detto da un alto prelato mi lasciò alquanto perplesso. Allora come oggi.

E poi di fronte ai molteplici casi in cui veniva rigettato il presepe tradizionale dichiarò in una non memorabile intervista al Corriere: “Il presepe non si può imporre per legge, rischia di diventare antipatico”. Al che io mi domandai ma se non difende la tradizione cattolica il capo dei vescovi italiani chi dovrebbe allora difenderla? E mi sentii come dire abbandonato, spaesato.

La Dottrina della Fede

Karol Wojtyla, papa Giovanni Paolo II. (Foto Squillantini / Imagoeconomica)

Ma forse sono io che sono un po’ esigente, che sono vissuto in quella generazione che ha amato senza limiti Giovanni Paolo II e rispettato la sconfinata cultura di Benedetto XVI. Forse sono tra gli ingenui che spera che il nuovo Papa torni a dare forza e vigore al messaggio cristiano troppe volte appannato dalla società odierna.

Forse sono tra i sempliciotti che ancora crede che la dottrina della fede seppur da modernizzare quanto volete contenga dei valori millenari che non possono essere cancellati. Che un Papa a capo della chiesa debba essere latore di un messaggio di forza e vitalità dei valori cristiani più che mostrarci che va in bicicletta rinunciando alle auto blu o vivendo con le suore invece che in vaticano.

Papa Francesco (Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)

E forse sono antiquato ma attenderò con fiducia l’elezione del nuovo Papa sperando che difenda di nuovo la croce simbolo di Cristo, il presepe simbolo della sacra famiglia e tutti i valori che hanno reso la cristianità il più grande messaggio al mondo per millenni. Che con tutto il rispetto per l’inclusività e la solidarietà le eserciti nel solco della tradizione cristiana.

Perché è vero che morto un Papa se ne fa un altro, ma non tutti come abbiamo ben compreso oramai sono uguali. E tra tutti questi “papabili” vedremo quale uscirà dal conclave. Perché come noto si entra Papi e si esce Cardinali. In attesa della fumata bianca.

Habemus Papam.