La trappola voluta dei sondaggi, la scoppola che soppianta il filo di lana e l'ossimoro del voto postale: ma alla fine vince Trump, come era prevedibile
Finirà 312 a 226, uno dei distacchi più alti nella storia delle presidenziali americane il duello tra Donald Trump e Kamala Harris, candidati rispettivamente per il Partito Repubblicano ed il Partito Democratico. Scriviamo finirà perché gli ultimi due stati l’Arizona ed il Nevada ancora non proclamano i dati ufficiali; ma il vantaggio per Trump è talmente ampio che non vi sono dubbi riguardo l’esito.
Dei sette swing state, cioè gli stati in bilico, che erano decisivi per arrivare alla vittoria finale nessuno va alla Harris. Per non avere dubbi Trump li ha conquistati tutti anche con discreti margini e senza alcuna contestazione possibile, né riconteggi in vista.
Cappotto rosso? No, arancione
Nevada, Arizona, Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, Georgia e Nord Carolina in sequenza di poche ore vanno tutti all’ex presidente Trump che fa cappotto. Ma anche nelle roccaforti storiche dei democratici come New York e California il vantaggio si assottiglia moltissimo. Quasi dimezzandosi ed arrivando a percentuali molto più rischiose per i democratici.
Fa eccezione il solo District of Columbia, lo stato dove c’è la capitale Washington, il fulcro del deep state americano dove la Harris prende ben il 92.41% e Trump si ferma ad un misero 6.74%. Ma sfortunatamente per lei valeva solo tre voti presidenziali che l’hanno tenuta infatti molto lontana dalla fatidica quota dei 270 voti che è quella che serve ad un presidente per essere eletto.
La novità del voto popolare
Notizia altrettanto sorprendente è che questa volta Trump stravince anche nel voto popolare, cioè nella somma dei voti di tutti gli stati ottenendo circa 73 milioni di voti contro i 67 di Kamala. Va ricordato che anche quando vinse contro la Clinton vinse per aver conquistato gli stati più importanti mentre nel voto popolare aveva perso. Stavolta vince anche in quello complice un grande voto di massa ed un calo molto particolare dei democratici che perdono moltissimo rispetto alle ultime.
Dato questo che ha destato molte perplessità ed alimentato polemiche.
Facendo tornare in vita le osservazioni che già quattro anni fa ritenevano il voto per Biden eccessivo e per alcuni gonfiato.
In tutte le ultime elezioni infatti i democratici veleggiavano intorno ai sessantacinque settanta milioni di voti. Biden arrivò incredibilmente ad ottantadue milioni cifra che fu aspramente contestata e ritenuta esagerata. In particolare i voti postali e anticipati furono fuori media. Molti oggi che i democratici tornano ai loro livelli di sempre hanno ripreso la vecchia polemica. Chiedendosi che fine hanno fatto questi quasi venti milioni di voti spariti di botto?
Questa infatti dal punto di vista del controllo è stata un elezione molto più organizzata con le truppe di Trump superorganizzate. E coordinate dalla nuora dello stesso Lara Trump la moglie di Eric figlio del neo presidente che ha messo su un esercito di controllori in particolare negli stati chiave che stavolta ha spento sul nascere ogni forma di distrazione.
Il caso Pensylvania
Prendiamo ad esempio la Pensylvania ad un certo punto si interrompono le operazioni di conteggio, come successe la volta scorsa con la Georgia, stavolta però l’allarme scatta subito e Trump, seguendo la regola del chi mena per primo mena due volte, fa subito un tweet bomba dove grida ai brogli e chiede l’intervento della polizia. Miracolo dei miracoli dopo poco riprende regolarmente il conteggio che finisce serenamente a tarda notte.
Ma restando sulla Pennsylvania, la usiamo come esempio dell’impatto particolare dei voti postali.
Piccola premessa. Io seguo sempre le elezioni americane tenendo aperti diversi siti contemporaneamente. In particolare Real Clear Politics, 270 to win.
E sempre contemporaneamente uno schermo su Fox ed uno sulla Cnn, eterni rivali uno più repubblicano l’altro più democratico.
Molti hanno delle mappe interattive dove vedere l’esito del voto stato per stato. I migliori hanno anche la mappa per contee che è molto importante perché il voto negli usa è moto diverso fra le città in genere più democratiche e le campagne più repubblicane. Dunque guardando quali contee arrivano vedi pure se possa cambiare il risultato.
Torniamo allora all’esempio Pennsylvania. Quando parte lo spoglio la Harris parte con un vantaggio pazzesco. Tipo settanta a quindici nello stato e addirittura ottantacinque nella città di Filadelfia.
Italiani brava gente, ma non ci prende
Uno scarto mostruoso che ha dato immediato fiato ai fiancheggiatori democratici facendoli urlare all’imminente vittoria nello stato più importante. Anche molti giornalisti italiani si sono spinti in diretta a predire la vittoria della Harris facendo poi figure barbine.
Ma perché tutto questo vantaggio? Che poi è stato rimontato fino alla sconfitta. Perché stavolta invece delle scorse elezioni i voti postali sono stati conteggiati subito e non per ultimi. In modo tale non fossero l’ago della bilancia a porte chiuse e urne chiuse con l’altra volta. Dunque niente riconteggi infiniti e minacce di brogli.
Resta il fatto però che questo volto postale anche stavolta ha lasciato grandi perplessità sulla sua regolarità.
Qualcosa non quadra
Infatti rimanendo nel caso Pennsylvania il solo voto postale ha dato questo risultato 85% Harris 12% Trump. Uno scarto mostruoso. Mentre il voto dello stato è finito cinquantuno a quarantotto. Ora a voi sembra normale che nei voti normali la proporzione sia molto vicina con uno scarto del tre per cento mentre in quella postale lo scarto supera il settanta?
A me non molto. Ma come sempre adesso una volta che Trump ha stravinto il motivo del controllo viene meno. Ma se si fosse arrivati sul filo di lana come tutti prevedevano questi voti sarebbero stati determinanti.
E questo è l’altro grande tema del giorno. L’ulteriore disfatta dei sondaggi. Come già avvenne per Trump con Clinton è stata disfatta totale. Quindi sondaggisti incapaci? La gente ha paura a dichiararsi? Niente di questo. È solo che i sondaggi oggi sono completamente falsati ad arte. Sono uno strumento politico.
Sondaggi falsati: ecco perché
Non più un conteggio terzo ma commissionati ad uso e consumo dei candidati. La sera che la Harris si candidò al posto di Biden il giorno dopo c’erano già i sondaggi che la davano in testa di un miliardo di punti su Trump. Ma quando li avevano fatti i sondaggi di notte?
Dopo è sempre stata in testa tranne nell’approssimarsi delle elezioni dove piano piano scendeva fino ad arrivare ad un fatidico testa a testa negli ultimi giorni. Una tecnica vecchia come il cucco per invitare gli elettori indecisi a votare perché c’è ancora speranza. Ma poi quando si vota puff, scompare ogni previsione e Trump vince a valanga. Come tutte le persone normali ed in buonafede avevano previsto.
La scaletta arcinota
Oramai la scaletta è questa. Stravince la Harris? Vuol dire che sono pari. Testa a testa? Vuol dire che Trump ha dai tre a i cinque punti di vantaggio. Questa la breve guida per la lettura dei sondaggi.
E ci domandiamo perché nessuno protesta o licenzia o fa fallire le società di sondaggi dopo le elezioni? Ma perché loro sono parte del sistema ed il lavoro che gli hanno commissionato lo hanno fatto. Mistificare. Questo era l’obiettivo. Per questo vengono lautamente pagati.
Poi torni alla realtà e Trump stravince e domenica analizzeremo qual è la portata enorme di questo cambiamento sugli scenari internazionali. Lo stiamo vedendo già dai goffi salamelecchi di tutti i premier mondiali alcuni sinceri alcuni molto meno che fanno i complimenti a Trump anche se lo detestano profondamente lui e quello che rappresenta.
Hillary Clinton (non) docet
Ed in questo c’è tutto il succo della sconfitta democratica. Che non ha imparato nulla dalla sconfitta della Clinton. Ed è ritornata a fare campagna con sondaggi taroccati, sfilata di personaggi famosi, appoggio totale dei media, bombe giudiziarie, e quest’anno anche aggiunta di due tentati omicidi. E come dice un noto detto americano se fai sempre la stessa cosa avrai sempre lo stesso risultato.
Trump invece è partito in quarta parlando di temi concreti facendo due tre incontri al giorno interviste in continuazione appariva dovunque.
E per la prima volta ha conquistato una larga fetta in più del voto dei neri, dei latinos e soprattutto dei giovani. Tutti numeri in crescita importante frutto di un lavoro specifico.
Da equilibrio a tracollo
Una campagna dunque data per equilibrata che alla fine è diventata un tracollo. E le cui implicazioni saranno fortissime a partire dalle guerre in corso. Per ora si registra solo simpaticamente una enorme collezione sui social di poveretti che urlano che vincendo Trump la loro vita è finita e si sgolano davanti ad una telecamera in preda alla disperazione.
Qualcuno gli spiegherà che la vita continua certo con qualche bruciore ma continua. E dall’altra parte espressioni di giubilo dei sostenitori repubblicani super felici del risultato e di un tripudio di bandiere americane e cori “Usa Usa”.
È la democrazia ragazzi non vince sempre quello che vogliamo. E se non ci sono brogli ed elezioni contestate è sempre meglio.
Kamala sportiva ma acida
Bene ha fatto la Harris a riconoscere la vittoria di Trump rimarcando però acidamente che non sa se lui avrebbe fatto lo stesso ricordando l’ultima elezione. Trump stesso è stato molto distensivo ma non ha neanche nominato la Harris nel suo discorso. Insomma molto savoir faire ma grande rodimento ancora frutto di una campagna senza esclusioni di colpi.
Ah dimenticavo per chi non lo sapesse un altro unicum americano è questo: che il presidente che ha vinto oggi entrerà in carica il venti gennaio 2025. Nel frattempo vi potrete ancora godere il duo Biden Harris presidente e vice ma forse con meno gioia del solito.