Cosa resta della Flotilla, delle manifestazioni di piazza, dello sciopero generale, della ridda di polemiche e dei vari protagonisti positivi e negativi. E' stata sicuramente una grande operazione di comunicazione più che solidaristica anche se l'apertura di Hamas al piano di pace di Trump potrebbe sparigliare le carte
«Andate dove volete a fare la rivoluzione ma non qui». Citando l’armata Brancaleone la scorsa settimana avevamo dimenticato questo concetto che era perfetto per indicare lo stato d’animo dei militari israelianì di fronte al previsto arrivo della temibile Flotilla. La balena poi aveva partorito il pesciolino con la prevedibile conclusione dell’abbordaggio delle navi da parte dei militari israeliani. Navi requisite e partecipanti trattenuti in custodia. (Leggi qui: La flottilla Brancaleone).
Tra questi, quattro parlamentari italiani che al contrario dei militanti “plebei” (quelli sine titulo) sono stati rilasciati immediatamente e tosto rimpatriati. Non facendo certo bella figura nell’usare il loro status politico per sfuggire a tempo zero dalle grinfie semite lasciando tutti i loro compagni di viaggio a stazionare nelle carceri israeliane.
Un coraggio da leoni, non c’è che dire

Ma invece di imbarazzarsi al ritorno si sono esibiti in fantasmagoriche conferenze stampa elencando una a serie di soprusi disumani. Dai racconti sono stati quasi torturati. Pare con tecniche avanzatissime di vera guerriglia. Sembra che prima li abbiano tenuti al caldo poi addirittura al freddo. Poi gli hanno impedito addirittura di far la pipì e non gli hanno fatto bere nemmeno dell’acqua.
Roba da fare impallidire il waterboarding dei servizi americani a Guantánamo.
Dai racconti, più che degli eroi sembravano Aldo, Giovanni e Giacomo che facevano i signori Huber Rezzonico e Gervasoni quelli di “potevo rimanere offeso”.
Gli israeliani dal canto loro non hanno lesinato azioni dì contrattacco. Il ministro della Sicurezza Interna ha prodotto subito un video in cui tutti i marinai della Flotilla giacevano in ginocchio a terra con le mani in alto come a evidenziare il suo momentaneo strapotere mentre parlando alla telecamera scandiva forte e chiaro le parole terroristi.
I video dell’Idf e la cantante Elisa
Le forze Idf poi ci hanno tenuto a pubblicare moltissimi video in cui mostravano che praticamente nessun aiuto era contenuto nelle imbarcazioni. Conferma di una facile intuizione perché barche di quella grandezza certamente non possono contenere aiuti se non in piccole quantità.

Sarà rimasta male forse nel vederli quei filmati la cantante Elisa, che in settimana aveva prodotto e pubblicato un video in cui, seduta ad un pianoforte, guarda la telecamera facendo finta di piangere a dirotto perché adesso senza la flottilla i poveri bambini di Gaza non mangiavano più e morivano di fame.
Ma lei amici miei, a fare il finto pianto era così antiestetica che sembrava fatto con uno di quei programmi con l’intelligenza artificiale che ti fanno piangere per finta coi lacrimoni che zampillano a fontanella e la bocca piegata all’ ingiù. Tipo quelli che mettevano con Inzaghi che diceva spiaze quando perdeva l’Inter.
Una missione… politica

Ma orrori social a parte, che la missione fosse animata non da vero istinto solidaristico ma da pura immagine politica, era già diventato chiaro quando erano stati offerti tutti i canali possibili per fare arrivare gli aiuti comunque ma erano stati continuamente rifiutati.
E ovvio che non potevano accettarli perché gli aiuti in pratica non esistevano. Cosa vuoi consegnare al patriarcato a Cipro se non hai nulla. Ed infatti era sembrato solo un insistente gioco delle parti con entrambe che sostenevano delle finte posizioni ben sapendo che ciascuno mentiva.
Adesso chi si prende la briga di spiegarlo ad Elisa che forse, a giudicare dai video, avrebbe pure bisogno di una certa assistenza psicologica? Non lasciamola sola. Però il fatto che ad un certo punto la stessa flottilla avesse calato la maschera in prossimità delle acque di Gaza dichiarando che la missione era politica non umanitaria non aveva sorpreso nessuno. Tanto era il battage pubblicitario già pronto e preparato in Occidente.
Un segnale per dare il via alle proteste

Infatti come avevamo scritto la scorsa settimana la missione, oltre ad avere valore simbolico, serviva anche da segnale e da detonatore per tutti i gruppi e gruppuscoli di sinistra pronti ad inscenare qualsiasi tipo di manifestazione in ogni
angolo di Europa. In Italia non ci siamo fatti guardare in faccia e abbiamo pure proclamato lo Sciopero Generale di venerdì, ovviamente così il week end lungo sembrava più solidale.
Oltre alle legittime e civili proteste dei molti però le manifestazioni di protesta sono state come sempre luogo di scontri violenti e spesso anche immotivati. Che sono proseguiti ben oltre il week end. Non capirò, personalmente, mai quelli che inneggiando alla pace vanno a spaccare teste e vetrine in giro. Mi sembrano per lo meno filologicamente confusi.
Lo sfregio alla statua di Papa Woityla

Un gruppo di intelligentissimi antifà poi a Roma ha avuto la geniale idea di imbrattare la statua di santo Giovanni Paolo secondo scrivendoci sopra fascista di m… . Il che già denota una profonda e solida cultura da parte dell’autore, fine conoscitore degli avvenimenti storici del Novecento. Dare del fascista all’uomo ed al Papa che più di tutti ha combattuto contro i totalitarismi nello scorso secolo è dai idioti conclamati.
Ad uno che praticamente da solo ha dato la spallata al sistema comunista dell’est europeo facendolo implodere. È vero che la statua vicino la stazione Termini più che papa Woityla sembra Nosferatu che si cinge del proprio mantello nero prima di scomparire nelle tenebre di cui è principe. Ma insomma non avrebbe giustificazione comunque.
A meno che in un atto di ancora più somma ignoranza abbia preso la discussa statua di Oliviero Rinaldi che ha raffigurato il papa più amato delle storia moderna con un capoccione pelato e fuori misura e l’antifà lo abbia scambiato per il pelatone del duce accanendosi non contro la figura religiosa bensì contro l’odiato capo del fascismo. Allora avrebbe avuto un senso.
Landini, Tajani e Tommasi

A guidare i rivoltosi però appare Maurizio Landini che ben si guarda di indire scioperi a tutela dei lavoratori ridotti oramai alla fame ma lo fa per ogni motivo che lo possa mettere in buona luce con la base dell’ elettorato di sinistra di cui vorrebbe diventare leader al posto della Schlein.
Dal centrodestra non giungono notizie migliori. Tra i video più guardati della settimana il panegirico con triplo salto carpiato e atterraggio nel vuoto fatto dal ministro Tajani che cercava di rispondere alla domanda se fosse legale abbordare barche in acque internazionali invocando la classica risposta “è una questione giuridicamente molto dibattuta” che sottendeva quella ancora più classica, cioè “tengo famiglia”.
Ma una questione ha tenuto banco alla grande sui social: la cattura tra i tanti militanti della flottiglia, di Saverio Tommasi il giornalista di punta di FanPage. Ve lo ricordate quando durante il covid si vantava di mangiare fuori per togliere posto ai non vaccinati o si buttava nei convegni di centrodestra per essere aggredito e poi urlare al fascista? Ecco lui.
Le minacce alla Flotilla sulle note degli Abba

Intanto la notizia che tra i catturati ci fosse anche lui ha sorpreso tutti perché in ogni collegamento parlava sempre con inquadratura strettissime senza che si vedesse nessuno sfondo e in molti avevano sospettato che stesse in collegamento ormeggiato fuori da Ostia davanti a coccia de morto e non a Gaza.
Alcuni lodevoli giovani hanno lanciato una raccolta di firme perché Israele lo trattenga a vita non rimandandolo in Italia. Ma dopo attesa e speranza dunque nell’Esercito israeliano che ieri ha fatto sapere per vie ufficiose che manco lui lo sopporta e dopo due giorni già ha stufato pure loro. E’ stato liberato tornando anche lui a sproloquiare liberamente. Rimarrà comunque negli annali il suo video con cui descriveva come erano stati minacciati con la musica degli Abba che è un capolavoro vero.
Il giallo dei telefonini della Flotilla

Molto particolare la modalità del ritorno degli ostaggi comunque garantita dalla Turchia dove sono approdati. Accolti e vi invito ad andare a vedere i video dove vengono omaggiati da una folla festante che urla chiaramente “Allah Akbar”. Novelli eroi dell’islamismo militante.
Il che mi ha riportato ad una considerazione che mi girava in testa da giorni. Le avete viste le immagini degli abbordaggi dei militari israeliani alle barche della flottiglia. La prima cosa che dicevano “telefoni sul tavolo e mani in alto”.

Ma nella foga di riprendersi in uno slancio super social all’arrivo dei militari Idf si vede in moltissimi video che i capi della missione e in particolare i parlamentari alcuni ad esempio quelli francesi di religione musulmana che alla approssimarsi dell’arrivo gettano in mare i telefonini.
Ora uno pensa chi mai butterebbe a mare il telefonino che è e resta l’unico mezzo di comunicazione con le autorità, le famiglie prima di essere catturato. E soprattutto cosa contengono quei telefonini che è meglio non venga visto dai militari israeliani?
La risposta dei filo israeliani è netta: li buttano in acqua secondo loro perché quelli contengono le comunicazioni con i gruppi filo Hamas che vengono accusati di essere finanziatori ed ispiratori della missione della flottilla. Il che in mancanza di altre spiegazioni di parte sembra essere da molti la tesi più accreditata.
Successo mediatico se non fosse per Hamas
Questo non toglie comunque che dal punto di vista strettamente comunicativo la missione sia state un successo straordinario tenendo viva l’attenzione dei media per giorni. Meno visibile l’effetto pratico sugli aiuti concreti ma era oramai evidente.
Il segnale all’Occidente di scatenare le proteste è stato forte e chiaro. I risultati delle proteste sono davanti a tutti. Un meccanismo ben rodato seguito dalla sinistra mondialista a menadito. (Leggi qui: La luce accesa dalla Flotilla, la postilla tutta tricolore).

Solo di una cosa non avevano tenuto conto. Dell’annuncio di Hamas che sostanzialmente proprio in queste ore apriva al piano di pace di Trump. Ebbene sì l’odiato Trump che riceve una forma di assenso seppur parziale da parte di Hamas che apre pure alla restituzione degli ostaggi.
Anzi con formula sommamente macabra dice che restituirà gli ostaggi vivi e i corpi di quelli morti. A ricordare plasticamente che ancora centinaia di persone vive o morte sono nelle mani di Hamas.
L’umanità oggi è un optional
Con buona pace di Francesca Albanese che ricevendo un premio a Reggio Emilia dal sindaco lo ha bacchettato perché questo auspicava il rilascio degli ostaggi. In una summa di orribile faziosità che prescinde qualsiasi solidarietà umana.

Chi glielo dirà a questi se si dovesse raggiungere la pace grazie alla mediazione di Trump? Con Hamas pronta a sedersi al tavolo con gli odiati nemici? Chi consolerà le vedove del mondialismo ad oltranza non è dato sapere.
Perché l’umanità oggi è un optional. Come di fronte alla reale sofferenza di chi vive nella striscia di Gaza si è preferito fare una operazione di comunicazione di massa invece che una di aiuti concreti. Sono scelte forse sono più politiche che umane. Come sempre aveva ragione Nietzsche quando scrisse il libro “Umano, troppo umano”. Che l’umano era una cosa ma il troppo umano era un’altra.



