La nuova censura strisciante del terzo millennio

Breve storia di metodo e strategie del Potere di silenziare libertà di espressione e dissenso: fino ad oggi che si sono fatti sottili

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Pavel Durov, il fondatore di Telegram, è stato arrestato il 24 agosto in Francia nell’ambito di una indagine sui reati legati all’utilizzo della sua piattaforma social. Il malcapitato, partito dall’Azerbaijan col suo jet privato ha fatto scalo a Parigi per una cena, come lui ha dichiarato, col presidente Macron. Il presidente francese infatti ha dato la prima conferma ufficiale dell’arresto di Durov da quando è stato trattenuto all’aeroporto di Le Bourget fuori Parigi. Ed ha contemporaneamente affermato che non c’era alcun movente politico nell’arresto. Nonostante i numerosi commenti di segno contrario pubblicati online.

Molti hanno pensato infatti non fosse così cortese da parte di Macron invitare a cena qualcuno e poi farlo arrestare come mette piede sul suolo francese.

Libertà vigilata, monsieur

Il CEO di Telegram Pavel Durov (Foto Facebook via Imagoeconomica)

Dopo quattro giorni di fermo e dopo le contestazioni delle accuse preliminari e dopo avergli gentilmente scucito 5 milioni di euro di cauzione, le autorità francesi hanno rilasciato Durov. In stato di libertà vigilata, con l’obbligo di presentarsi in una stazione di polizia due volte alla settimana. L’indagato non può lasciare la Francia in attesa del processo.

È stato arrestato come parte di un’indagine su una persona anonima avviata dall’Unità di Criminalità Informatica l’8 luglio. L’indagine riguarda la sospetta complicità in vari crimini. Tra cui la gestione di una piattaforma online che consente transazioni illecite, pornografia infantile, traffico di droga e frode. Nonché il rifiuto di comunicare informazioni alle autorità, riciclaggio di denaro e fornitura di servizi crittografici ai criminali.

In pratica viene accusato del fatto che alcuni attraverso la piattaforma da lui creata possano aver commesso crimini di vario tipo. E lui che ha rifiutato di dare i dati sensibili di tutti gli utenti verrebbe per questo ritenuto correo.

Crimine telefonico, Meucci wanted

Una tesi giuridica alquanto singolare. Un po’ come dire che se qualcuno attraverso il telefono organizza un crimine dovremmo riesumare ed arrestare Antonio Meucci che l’ha inventato. O che se uno spacciatore si accorda coi clienti con due messaggini andiamo a prelevare l’amministratore delegato della Tim e lo sbattiamo dentro.

Tesi infatti tanto singolare che ha fatto subito aprire un dibattito mondiale. Sul fatto se si trattasse di una reale indagine o una scusa per punire il riottoso fondatore di Telegram. Fondatore che a differenza di altri non si era piegato a fornire informazioni sensibili ai governi che ne avevano fatto richiesta. E dunque se si trattasse di vera amministrazione della giustizia o di una forma strisciante di censura ed imposizione.

Musk emulo orgoglioso

ELON MUSK

Ma non è l’unico caso in campo, al suo arresto Elon Musk proprietario di X ha dichiarato polemicamente “ il prossimo sarò io”. Anche lui infatti ha adottato la stessa policy nei confronti di governi. Cioè non sottostando a censure preventive o cedendo dati sensibili ai governi che ne facevano richiesta.

Anche X infatti ha subito contemporaneamente una forma violenta di censura in Brasile. Proprio nella nazione verdeoro Musk si era rifiutato di fornire dati sensibili al governo brasiliano. Addirittura pubblicando sui social le lettere minatorie con cui si ingiungeva di mettere a disposizione tutti i dati.

Difatti neanche fossimo nel medioevo il Brasile con una decisione incredibile ha bandito dal paese il social X vietandolo e cancellandolo completamente.

Se non è censura questa non so quale possa essere, non ci si limita più ai contenuti ed alle informazioni. I governi vogliono il controllo completo dei social. Se non lo ottengono lo chiudono. In pratica i governi chiedono ai gestori dei social una loro backdoor, una porta di ingresso privilegiata, dalla quale poter entrare, selezionare i contenuti e scaricare tutte le informazioni a loro piacimento.

Una richiesta che sembra degna dei tempi dell’Unione Sovietica ma invece è attualissima e praticata da governi sedicenti democratici.

Cosa ha fatto Zuckerberg con Trump

Mark Zuckerberg

Un dibattito che se prima era strisciante oggi è esploso in tutta la sua potenza anche grazie alle dichiarazioni contemporanee di Mark Zuckerberg. Che al contrario di Musk e Durov ha accondisceso a mettere a disposizione Facebook ai governi che ne intimavano l’uso.

Mister Facebook però, forse preoccupato per una possibile vittoria di Trump che fu addirittura bannato dal social che gli cancellò l’account negandogli il diritto di parola. Certamente in ansia per l’aria di crescente difficoltà nella gestione dei social ha esternato con dichiarazioni incredibili contro Biden e la Harris. E contro l’attuale amministrazione, ammettendo di aver censurato una lunga gamma di notizie perché richiesto dal governo in carica. Una dichiarazione che è stata un ulteriore bomba sull’argomento.

In particolare Zuckerberg ha omesso o censurato notizie sul reale andamento del Covid. Poi, udite udite, sul caso di Hunter Biden il figlio del presidente e sulle sue disavventure giudiziarie. Dichiarazioni gravissime che oltre a pesare sul dibattito del ruolo dei social sono un macigno anche sulla campagna elettorale americana.

Non ci era andato infatti leggero Trump che aveva detto poco tempo fa del fondatore di Facebook: Veniva alla Casa Bianca per vedermi, portava la moglie alle cene. Era tutto simpatico mentre complottava per installare i vergognosi lock box in un vero complotto contro il presidente”. Questo ha scritto Trump, riferendosi ai 420 milioni di donazioni fatti da Zuckerberg e la moglie, Priscilla Chan, per rinnovare le infrastrutture elettroniche elettorali.

“Appena si muovesse male…”

Donald Trump. Foto © Gage Skidmore

“Mi diceva che non c’era nessuno come Trump su Facebook – ha scritto ancora – ma allo stesso tempo, non si sa per quale ragione, lo usava contro di me. Ora lo stiamo osservando attentamente. E se fa qualcosa di illegale questa volta passerà il resto della vita in prigione. Così gli altri che imbroglieranno nelle elezioni presidenziali 2024”.

E sembra che la minaccia sia arrivata a destinazione. Infatti presa carta e penna  Mark Zuckerberg ha inviato una lettera di mea culpa lunedì 26 all’House Judiciary Chairman del Congresso, Jim Jordan. Ed ammettendo che Meta, la società che possiede Facebook, ha sbagliato ad acconsentire alle pressioni del governo per la censura.

Una lettera pubblica al congresso per dirsi pentito di aver applicato delle censure imposte dal governo.

Sì, ma neanche Kamala scherza…

Kamala Harris

Ma se Trump non scherza anche Kamala Harris rilancia più pesante. Dice in un intervista che se vincerà chiuderà X. Questo perché indemoniata dopo il dibattito andato in onda tra Trump e Musk che è risultato il più ascoltato nella storia dei social. Dibattito che Musk aveva invitato a fare anche per lei che però ha gentilmente declinato. Ma testualmente la Harris dichiara che lo chiuderà perché “stanno parlando direttamente a milioni e milioni di persone. Senza nessuna supervisione o regolamentazione.” Queste le sue parole esatte.

Una frase che se uno la prende e la stampa su un bollettino della Stasi ante caduta del muro si adatta perfettamente. Per parlare secondo i “democratici” quindi bisogna essere “supervisionati” capite. L’antitesi vera della libertà di parola conquistata in millenni di lotte culturali. Dunque una vera e propria forma di censura moderna.

Basterebbe tornare alla definizione della stessa. “La censura è una forma di controllo sociale che limita la libertà di espressione e di accesso all’informazione. Basata sul principio secondo cui determinate informazioni e le idee e le opinioni da esse generate possono minare la stabilità dell’ordine sociale, politico e morale vigente. Applicare la censura significa esercitare un controllo autoritario sulla creazione e sulla diffusione di informazioni, idee e opinioni”. Così recita la Treccani.

Ditemi voi se non è perfetta per questi casi.

Il precedente biblico

Eppure nulla di nuovo sotto al sole. La censura ha origini millenarie. La Bibbia registra uno dei primi casi, quello del re Joachim che mutilò il libro dettato dal profeta Geremia.

Nel 5° sec. a.C. le autorità spartane proibirono determinate forme di poesia, musica e danza, considerate fattori di effeminatezza e di licenziosità.

Nell’antichità classica, filosofi e artisti furono talvolta accusati di empietà. E alcuni libri furono distrutti, ma la libertà di parola finì per essere ritenuta una delle più importanti differenze tra il cittadino e lo schiavo o lo straniero. Sulla base di questa convinzione i filosofi greci formularono la prima difesa razionale della libertà di espressione. Ma anche la prima, fondamentale giustificazione della censura.

Socrate, accusato di empietà e di corruzione di giovani, e giustiziato nel 399 a.C., difendeva la libertà di parola. Platone considera la censura un elemento necessario della sovranità. La sua difesa della censura è diventata l’argomento classico di molti regimi autocratici. Regimi che hanno insistito sulla propria facoltà di decidere quali idee o informazioni siano lecite e quali no.

Così, nel 325, il Concilio di Nicea dichiarò eretici i libri di Ario. E Costantino prescrisse la pena di morte per chiunque avesse cercato di sottrarli al rogo da lui stesso ordinato; nel 496 papa Gelasio promulgò un indice papale dei libri condannati come eretici e proibiti.

Zitti tutti: arriva Santa Madre Chiesa

La sede del Sant’Uffizio

Nel Medioevo la massima autorità censoria fu la Chiesa, che decideva quali idee e opinioni fossero contrarie alla dottrina, dannose per la fede o per la morale. Oppure pericolose per l’unità del mondo cristiano. Nel 1231-35 Gregorio IX fondò l’Inquisizione, destinata a individuare, giudicare e condannare gli eretici e distruggere ogni loro testo. E così per lunghi secoli. E poi chi è che non ha visto “Il nome della rosa”?

Nell’Areopagitica (1644), J. Milton prendeva posizione a favore dell’abolizione della censura preventiva sulla stampa. La censura veniva condannata come male sociale, mentre la libertà di parola veniva considerata socialmente utile. Nello stesso periodo, T. Hobbes nel Leviathan (1651), cercava di fornire, contrariamente a Milton, un’esplicita giustificazione della censura.

Secondo Hobbes, compito principale del potere sovrano è quello di «prevenire discordia e guerra civile». E dato che «le azioni degli uomini derivano dalle loro opinioni», allora «rientra nelle competenze della sovranità giudicare quali opinioni o dottrine siano avverse alla pace. E quali conducano a essa […] e chi debba esaminare le dottrine esposte in tutti i libri prima che siano pubblicati».

Sembrano parole scritte da alcuni sedicenti democratici oggi.

Allons enfants: censura ghigliottinata

In Francia la censura fu abolita con la rivoluzione e la Déclaration des droits de l’homme et du citoyen (1789) riconobbe la libertà di stampa.

Nel 1791 il congresso degli Stati Uniti ratificò l’ormai famoso primo emendamento alla Costituzione americana. «Il congresso non promulgherà alcuna legge per imporre una religione o per proibirne la libera professione. O per ridurre la libertà di parola o di stampa, o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente e di presentare petizioni al governo per ottenere la riparazione di torti subiti». Secondo la Costituzione americana gli individui hanno sempre il diritto di indagare su argomenti di pubblico interesse. E di criticare l’operato del governo.

Il periodo tra la fine del 19° e l’inizio del 20° sec. segnò una svolta nella storia della censura. Questa, infatti, declinò. Un declino inevitabilmente legato a quello del regime monarchico assolutistico, da un lato, e al diffondersi della democrazia, dall’altro. Ciò fu, come aveva rilevato A. de Tocqueville, «una necessaria conseguenza della sovranità popolare».

Tra popolo sovrano e regimi del 20mo

Tranne alcuni noti casi di totalitarismo. Nel corso del 20° sec. la censura ha avuto una storia molto diversa fuori dell’area dei Paesi sviluppati con governi liberaldemocratici.

L’esperienza dei regimi monopartitici sia di tipo nazifascista sia di tipo sovietico ha dimostrato l’importanza della struttura politica. (Di quella) e delle forme dominanti di proprietà nel determinare la natura stessa e la diffusione della censura nelle società moderne.

L’instaurazione di un regime monopartitico efficiente richiede il controllo sistematico dei mass media. Poi delle arti e di tutte le forme di espressione pubblica. Una volta introdotto, tale controllo diventa uno dei più importanti strumenti per mantenere la stabilità interna del regime.

Il governo di Mussolini introdusse la politica dell’epurazione subito dopo la presa del potere. L’eliminazione di ogni reale opposizione antifascista nel Paese doveva cominciare dalle comunicazioni di massa. La prima legge contro la libertà di stampa fu adottata dal governo fascista già nel 1923, anche se entrò in vigore un anno dopo.

Analogamente, anche il governo nazista, per assicurarsi il controllo completo sui mass media e sull’arte, cominciò a eliminare l’opposizione. Ed a epurare i gruppi intellettuali e artistici.

Nella fase della costruzione delle società totalitarie il controllo sull’informazione e sulla vita culturale ha sempre il sopravvento. Mentre la censura riprende importanza primaria nella fase successiva del mantenimento del sistema totalitario. Mantenimento a cui i regimi nazista e fascista, spazzati via dalla Seconda guerra mondiale, non sono mai arrivati.

Censura rossa: arriva lo stato dell’arte

Iosif Stalin

Diverso fu il comunismo sopravvissuto alla seconda guerra mondiale. L’evoluzione della censura nelle società di tipo sovietico assume perciò per gli studiosi del fenomeno un significato speciale. La censura costituiva, in queste società, una componente essenziale del regime monopartitico.

In queste condizioni la censura si identificava infatti con tutti i processi tramite i quali si impongono restrizioni alla raccolta. Poi alla diffusione e allo scambio di informazioni, opinioni e idee. La censura si estendeva fino ad «avvolgere» tutti i mezzi di comunicazione di massa. Dalla stampa al cinema, alla radio, alla televisione.

Il partito al governo continuava a prospettare l’obiettivo dell’edificazione della società comunista come mezzo per legittimare il proprio monopolio del potere. Esso cercava di creare nelle masse un consenso pressoché completo su questo programma e sulla sua desiderabilità. E forniva regolarmente prove dei progressi compiuti verso la sua realizzazione. Ogni obiezione o differenza di opinione veniva ritenuta, perciò, un attacco alla legittimità dello Stato e un tentativo di mutare la struttura di potere esistente.

Non lo trovate stranamente attuale?

Cosa accade oggi: stesso format, mezzi diversi

Oggi però il futuro della censura è ormai determinato dallo sviluppo di nuove forme di comunicazione. Forme capaci di accrescere la libertà di espressione individuale, e dall’affermarsi di nuovi metodi di consapevolezza. Metodi atti a ridurre tutte le possibili conseguenze negative per altri, non meno preziosi, diritti umani.

Dunque la storia ci informa già su tutto lo spettro di azioni e conseguenze sulle tecniche di comunicazione e sulle loro finalità. I principi da cui parte la censura oggi sono i medesimi immutabili nel tempo. E riguardano tout court il potere la sua conquista il suo esercizio il suo mantenimento.

Cambiano solo i mezzi con cui si attuano passati dalla violenza e dalla censura ad un modo più suadente e strisciante con cui operare. Intanto non la chiamiamo più censura ma controllo e questo controllo ovviamente il censore lo fa a nostro beneficio.

Lo fa per noi perché ci ritiene talmente deficienti da non capire una notizia apprendendola nella sua semplice verità. Questa va filtrata controllata indirizzata in modo che la capiamo bene. Sempre perché da soli potremmo correre il rischio di capirla in modo diverso da chi la propone. E così sarebbe pericoloso.

Più sottili: orientano senza “censurare”

Ecco, la censura è sempre la stessa. Solo che stavolta ha la presunzione che dobbiamo anche accettarla e ringraziarla. Questo per essersi messa a nostra disposizione indirizzandoci a capire il mondo come dicono loro.

Infatti non si tratta solo più di censura che toglie qualcosa ma anche di indirizzo di orientamento delle notizie. E soprattutto di controllo di possesso dei dati delle informazioni senza forme di mediazione. Bisogna sapere tutto per controllare tutto indipendentemente se serva per un reato o per il contrasto alla criminalità. Ed è evidente che è una richiesta non amministrativa o giudiziaria ma politica.

Voglio sapere tutto di te senza limiti e quando voglio. Così sei in mio controllo.

Le vite degli altri

Se qualcuno non lo ha visto guardi “Le vite degli altri” un film straordinario del 2006 che vinse l’Oscar come miglior film straniero. Un agente della Stasi che entra nella vita di un uomo ed una donna registrando ogni loro passo, ogni loro parola. Fino ad interferire con le loro azioni.

Ma anche in quel caso fuori dalla fredda tecnica di controllo infine la capacità umana vince sul mostro della censura. Forse un caso isolato su milioni contrari ma il bello è quello.

Qualsiasi censura, qualsiasi flusso di dati non potranno mai sopprimere l’istinto umano alla libertà. E così come sono falliti tutti i regimi totalitari nel mondo è destinato a fallire anche questo tentativo di dittatura tecnologica e strisciante. Che si presenta col volto suadente dei social ma che ha le stesse caratteristiche che provengono da millenni.

Ed è una censura sciocca meccanica, a tratti ridicola. Non ho citato tra i social ancora tik tok che è quello che applica la censura preventiva più potente. Ti cancella i messaggi se non li gradisce nascondendosi dietro a fantomatiche linee guida che altro non sono che censura preventiva.

Il maranza impunito su TikTok

Vi faccio un esempio personale. Scorrendo i video trovo una specie di Maranza che ha pubblicato un video in cui bestemmia Dio in continuazione per più di un minuto senza mai fermarsi. D’istinto scrivo sotto “gentilmente”: “Ma che bestemmi animale!”. Notifica immediata: il mio commento cancellato per molestie ed odio. Faccio ricorso. Nel frattempo segnalo il video zeppo di bestemmie.

I due responsi dei ricorsi arrivano quasi in contemporanea. Il mio commento resta rimosso. Mentre nel video di bestemmie non trovano violazione alcuna delle linee guida e lo lasciano li. Allora sotto ho scritto caro tik tok vaffanculo. Ma mi hanno censurato pure quello chissà perché. Comunque per censurarlo lo hanno dovuto leggere e vuoi mettere la soddisfazione.

Ma la censura è potente ma non intelligente allora da qual giorno quando devo bonariamente insultare qualcuno gli do del “Minus Habens”. Che se vogliamo è forse anche più offensivo. Ma l’algoritmo della censura non è colto, non sa il latino e me lo lascia senza battere ciglio.

Solo la cultura ci salverà

E la soluzione al problema è sempre quella: la cultura. Solo la cultura ci salverà dalle influenze dalle censure e dagli indottrinamenti.

La costruzione di una solida capacità critica personale è l’unico antidoto al vortice di notizie ed informazioni che ci sovrasta. E che come abbiamo capito in questi giorni dal dibattito descritto oggi è un meccanismo tutt’altro che libero ma invece controllatissimo.

Una ricostruzione a ben vedere molto triste, a tratti inquietante. Ed è questo l’unico inconveniente di usare l’intelligenza per cercare di comprendere. Rattrista, deprime.

“La tristezza – come sosteneva Bukowski – è causata dall’intelligenza. Più comprendi certe cose e più vorresti non comprenderle.” Ma caro Charles meglio tristi che schiavi.