La pace vera. I pacifinti. E il fagiaNobel per la pace

Il premio Nobel con i suoi paradossi. Il valore della tregua raggiunta da Trump. Gli orfani della guerra: i pacifinti che speravano continuasse per potersi intestare le piazze mobilitatesi spontaneamente. E tra i nostri...

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Maria Corina Machado è la vincitrice del premio Nobel per la Pace 2025: lo ha comunicato il Comitato per il Nobel. L’attivista venezuelana ed ex deputata dell’Assemblea nazionale del Venezuela è stata premiata per “il suo instancabile lavoro nella promozione dei diritti democratici del popolo venezuelano e per la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia”. Secondo il comitato del Nobel, Machado è una “donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un’oscurità crescente”.

Nelle ultime ore era circolato con insistenza il nome di Donald Trump, dopo la tregua firmata da Israele e Hamas. Il presidente Usa non aveva mai nascosto la sua ambizione di ricevere la prestigiosa onorificenza. Di recente, negli stessi momenti in cui l’esercito israeliano invadeva Gaza City, il tycoon aveva affermato: “Sto facendo un ottimo lavoro per la pace in Medio Oriente. Dovrei ricevere molti premi per questo”. Alcune settimane prima, invece, Trump aveva parlato esplicitamente di Nobel per la Pace affermando che non riceverlo sarebbe stato “un insulto per gli Usa”.

Il valore della tregua

Antonio Tajani (Foto: Angelo Carconi © Ansa)

La tregua firmata da Israele e Hamas aveva rilanciato la candidatura del presidente Usa, spinta dallo stesso presidente israeliano, Isaac Herzog, che ha dichiarato: “Non c’è dubbio che meriti il premio Nobel per la pace per questo”. Una candidatura avallata anche dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani (“Certamente i titoli li avrebbe. Può essere o meno simpatico, ma il risultato lo sta raggiungendo”) e dal vicepremier Matteo Salvini, che ha scritto sui social: “Se le armi finalmente taceranno, il presidente Donald Trump merita davvero il Premio Nobel per la Pace”. Entrambi evidentemente non hanno portato molta fortuna. Ma non è la prima volta.

La chance per il tycoon, però, erano pressoché nulle dal momento che l’ultima riunione del Comitato per il Nobel si è tenuta lo scorso lunedì, molto prima, quindi, della tregua tra Israele e Hamas.

Con la solita teatralità poi il presidente americano ha annunciato di aver sentito la Machado: «mi ha chiamato e mi ha detto che lo accettava in mio onore, perché lo meritavo io». Ha detto il presidente Trump, nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca. «È stata molto carina», ha aggiunto, «ma non le ho chiesto di darmelo…».

Cosa resta del Nobel

L’ex presidente Barack Obama (Foto: Gage Skidmore)

È cosi che si chiude questa particolare vicenda in cui alla Machado va il Nobel mentre  Trump si dovrà accontentare solo del fagiaNobel. Il Nobel per i fagiani.

Cosa resta dunque: la soddisfazione. La soddisfazione per Trump di aver contribuito in modo determinante ad una pace storica quella tra Israele e Hamas che verrà firmata domani lunedì 13 in Egitto.

I sostenitori di Trump puntano il dito al Nobel dato ad un altro presidente statunitense, Barack Obama ritenendo che come unico merito per la pace avesse le decine di sanguinose guerre intentate in tutto il globo terrestre. Nella mente dei trumpiani è chiaro oramai che il comitato per il Nobel non vede di buon occhio il biondone americano che invece le guerre le ferma. Cosa chiara sia ai suoi sostenitori che ai suoi detrattori. Probabilmente Trump non lo vincerebbe neanche se elmetto alla mano fermasse tutti i conflitti del mondo contemporaneamente.

La coincidenza

Maria Corina Machado

Ma se Trump non ride la sinistra mondialista prende una sveglia sonora condita da una paradossale coincidenza. La Machado infatti si oppone da anni ad una delle ultime dittature comuniste in giro per il mondo quella venezuelana esercitata con disprezzo verso i cittadini venezuelani prima da Chavez e poi da Maduro. Che l’hanno reso uno dei Paesi più poveri al mondo nonostante la presenza di ingenti risorse naturali prima fra le quali il petrolio.

Dunque l’imbarazzo tra chi a sinistra godendo per l’esclusione di Trump si trova a non poter festeggiare il Nobel ad un eroina considerata giustamente di destra nei canoni attuali delle definizioni politiche.

Per la sinistra nostrana poi ad acuire il senso di sofferenza anche il pubblico riconoscimento alla presidente del consiglio Meloni unica leader europea invitata a presenziare agli accordi di pace di domani in Egitto. Un riconoscimento per il ruolo svolto per la pace, secondo i sostenitori; claque in prima fila per gli avversari. Niente male direi per una che non molto tempo fa era stata denunciata al tribunale internazionale per complicità in genocidio.

Lo siopero di Landini

La vignetta di Santin

Una delle vignette più gettonate in queste ore è quella di Santin: si domanda come, dopo aver ottenuto il si di Hamas, si sarebbe potuto ottenere anche quello di Landini. Il leader Cgil che aveva pochi giorni or sono lanciato lo sciopero generale.

Hanno fatto il giro del mondo infatti le immagini degli israeliani e soprattutto dei palestinesi festanti alla notizia ufficiale dell’accordo. Per le strade di Gaza scene di giubilo per una terra fino ad oggi martoriata solo dal suono dei cannoni e delle bombe. Alcuni video raccontano anche di cori inneggianti a Trump nelle strade della striscia ridotta ormai un cumulo di macerie.

A fare da contraltare a questo giubilo la imbarazzante freddezza della sinistra europea. Al momento dell’annuncio al parlamento di Strasburgo tutti i membri della sinistra sono rimasti seduti senza applaudire, segno per alcuni che quel Parlamento oramai rappresenta solo alcuni poteri. Gli studenti nelle piazze hanno detto che non si fidano dell’accordo ed hanno proclamato manifestazioni ad oltranza. Landini in una sorta di furore agonistico ha proclamato un altro sciopero generale per il 22 ottobre. E Francesca Albanese in evidente crisi di identità dal momento dell’annuncio si guarda allo specchio tentando di accettare una pace che la spazza via dai palcoscenici internazionali dove ha pontificato fino a ieri.

Chi festeggia e chi no

Alessandro Orsini

Su Francesca Albanese va dato atto quanto scritto su di lei dal professor Alessandro Orsini sulla sua pagina ufficiale. E cioè che “è in atto una violenta campagna di demonizzazione contro Francesca Albanese basata sulla calunnia, l’insulto, la menzogna, la diffamazione, l’attribuzione di frasi false da lei mai pronunciate e di pensieri da lei mai espressi, finalizzata a distruggere la sua immagine umana e professionale come accade agli oppositori politici nelle dittature”.

Per il controverso professore della Luiss “questa agghiacciante campagna di demonizzazione è iniziata dopo la decisione di Trump di colpire Francesca Albanese con le sanzioni. Questo conferma la tesi contenuta nel mio libro, “Casa Bianca-Italia”, secondo cui l’Italia sta agli Stati Uniti come la Bielorussia sta alla Russia e che Giorgia Meloni è la Lukashenko di Trump“. L’Italia non è uno Stato sovranista; è uno Stato satellite. Il governo Meloni non è un governo sovranista: è un governo fantoccio”.

C’è però un’evidenza: i palestinesi festeggiano ma la sinistra no, creando questa nuova figura sul palcoscenico mondiale dei “pacifinti cioè coloro che usano la pace solo per loro scopi politici di parte. Ma una volta raggiunta veramente la disprezzano perché gli toglie la scusa per manifestare a volte civilmente molte altre devastando città e spaccando vetrine.

I pacifinti nostrani

(Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Il pacifinto nostrano non ama la pace la usa solo a proprio piacimento. Qualche coraggioso ha azzardato pure l’ipotesi fantasmagorica che grazie alla proteste di piazza nostrane sia stata raggiunta la pace. Che ha fatto, ovviamente, sorridere mezzo mondo.

La Meloni stessa impegnata nella chiusura delle elezioni regionali toscane ha schernito i suoi oppositori su questo tema. Da Landini alla Schlein. Schlein che probabilmente vedrà vittoriosa la sinistra in Toscana ma sente terrorizzata anche in quella regione blindata, il fiato sul collo del candidato di Fdi. Certa che in caso di sconfitta sarebbe obbligata a proporre le proprie dimissioni da Segretario.

Menzione a parte per la gloriosa Flottilla che oltre a non aver portato manco un aiuto a Gaza si trova in un imbarazzante controtendenza in cui continuano a sfilare i membri liberati che al ritorno si prodigano in conferenze stampa denunciando torture e abusi mentre intorno a loro ormai si parla solo dell’accordo di pace. Un tempismo niente male devo dire.

I reduci dalle torture

Ilari generalmente i commenti al seguito dovuti al fatto che quasi tutti i reduci della flottilla cerchino di enfatizzare torture e maltrattamenti probabilmente mai ricevuti o perlomeno nella norma di gente che va invadere uno stato straniero in pieno conflitto.

Spicca un elemento innescato da Saverio Tommasi di Fanpage che impegnato in un tour di conferenze prodigo di particolari racconta come lo costringessero ad alzare ed abbassare la testa a comando come una scimmia ammaestrata. Mentre i soldati israeliani gli dicevano “Bitini”. Questa parola che da giorni è in tendenza su X tra le più utilizzate è probabilmente la storpiatura di qualche termine che lui non ha compreso non essendo rintracciata da nessun esperto di lingua israeliana al mondo. Si ricordano solo i Bitini antichi abitanti della Bitinia regione della Cappadocia ovvero l’odierna Turchia.

Tanti gli slogan strafottenti con la parola Bitini alcuni hanno anche edito la copertina di un libro dal titolo “Il mio nome è Bitini”. Ma soprattutto continuavano in queste ore a stridere le immagini di festa dei palestinesi ormai stremati dal conflitto con quelle dei radical chic che continuavano le conferenze come se la pace non ci fosse stata. Completamente fuori timing comunicativo.

Questione di tempi

Il rientro dei gazawi a casa

Nella vita a volte è fondamentale sapere quando o meno restare in silenzio. E se parlare che parole usare. Perché se sbagli il momento ed i contenuti rischi di distruggere tutto quello cha hai costruito fino a quel momento.

A volte le parole sbagliate fanno danni immensi. A volte li fa il silenzio. E ci sono persone a cui piace usarli, in controtendenza rispetto al buonsenso, anche nei momenti più sbagliati. A costoro consiglio di ascoltare Enjoy the Silence dei Depeche Mode perché quando nei fai troppi di errori di comunicazione il silenzio non è più una scelta ma una condanna.

Godiamoci il silenzio. Siamo tutti Bitini.