
Cosa succede con il ritiro di Biden dalla corsa per le Presidenziali. Quali possono essere le conseguenze per noi. Perché una cosa è certa: le conseguenze ci saranno
Sono passati poco più di sette giorni dall’attentato a Donald Trump ed in una settimana sono successe così tante cose da cambiare i destini della politica globale. Trump dopo avere schivato in modo incredibile la pallottola destinata alla sua scatola cranica ma finita per pochi millimetri su un suo orecchio viene incoronato candidato ufficiale nella convention repubblicana. Negli stessi giorni Ursula Von der Leyen viene rieletta alla guida della commissione europea con 401 voti. Come poco prima Roberta Metsola era stata rieletta presidente del Parlamento Europeo. (Leggi qui: Trump, attentato fallito e vittoria spianata).
Ed alla fine della settimana dopo aver tenuto duro fino all’ultimo Joe Biden si ritira da candidato a presidente degli Stati Uniti d’America. Resterà presidente fino alle nuove elezioni. Una settimana niente male per chi si diletta di politica. Avvenimenti che accadono fuori dall’Italia ma che non tarderanno a produrre effetti ben presto anche sulla nostra nazione.
L’investitura di Trump

Ma andiamo per ordine. Da tempo programmata la convention dei repubblicani americani che questa volta si è tenuta Milwaukee. La città di Fonzie e di Happy Days per intenderci. O se site appassionati di moto come me la città della Harley Davidson.
Ricorderete il sistema americano delle nomination, i candidati si scontrano in ogni Stato, ottengono ogni volta dei delegati e questi delegati alla fine eleggono il candidato nella convention finale. Quando si arriva alla convention finale già si conosce il nome del prescelto con un rapido calcolo ma stavolta la previsione è stata ancora più facile perché strada facendo i principali candidati avversi a Trump nel cartello repubblicano si sono ritirati annichiliti dal consenso dell’ex presidente ricandidato.
E questo infatti è il primo dato che emerge dalla convention: la straordinaria unità del partito e l’incredibile entusiasmo. Forse complice il clima emotivo del dopo attentato che ha certamente enfatizzato tutta la convention ma anche ossi duri contro Trump come Ron De Santis governatore della Florida e Niki Haley già governatrice della Carolina del sud ed ex rappresentante all’Onu si sono apertamente dichiarati a sostegno di Trump. Un gesto che raramente i candidati sconfitti fanno. “Donald Trump has my strong endorsment. Period.” ha dichiarato tra il tripudio della folla la Haley che in passato non aveva risparmiato critiche. Che in italiano suona così: “Donald Trump ha il mio più completo appoggio. Punto!”.
La scelta su Vance

E dunque forte della corsa lanciata, dello sprint dato dall’attentato mancato e dalla ritrovata unità del partito Trump ad inizio nomination lancia anche il suo vicepresidente. J.d. Vance trentanovenne senatore dell’Ohio eletto nel 2022.
Un’altra mossa che ha mandato in ebollizione gli avversari. Vance infatti è una figura molto particolare. Non è solo un politico ma un grande venture capitalist ed uno scrittore di successo. Ma viene da una famiglia molto povera con il padre che li ha abbandonati ed una madre alcolizzata e drogata. È stato cresciuto in pratica dalla nonna ma nonostante questo è riuscito a laurearsi a Yale una delle migliori università americane diventare un grande imprenditore ed ha servito gli Stati Uniti come marine nella guerra in Iraq.
Non bastando, come scrittore è riuscito a scrivere un libro che ha venduto milioni di copie. Un autobiografia che poi è diventata anche un film prodotto da Ron Howard: Hilbilly Elegy è il titolo. In Italia è stato tradotto come Un Elegia Americana. Ma il titolo è più complesso. Hillbilly infatti è il termine con cui gli americani individuano quella larga fetta di popolazione bianca povera degli Stati centrali d’America piombata in crisi ancora di più dopo la deindustrializzazione e mai rappresentata nell’immaginario collettivo della politica. I Democratici infatti, forti negli Stati ricchi degli estremi Est e Ovest, puntano molto sulle minoranze etniche al contempo dimenticando questo ceto medio basso bianco.
Il vice che parla alla pancia

Per questo la mossa ha mandato ancora più in agitazione gli avversari. Perché la nomina di Vance parla alla pancia del Paese. Che è fatta di bianchi in crisi economica, pick up, case di legno a due piani ed è lontana anni luce dai grattaceli newyorchesi e dalla spiagge californiane.
In più Vance è giovane ed è il vero modello self made man dell’orgoglio americano. Ed in più udite udite era uno dei più forti detrattori di Trump. Diventato invece oggi il suo più grande sostenitore.
Ha fatto saltare subito tutti sulla sedia quando ha detto che non gli interessa dell’Ucraina. Ma la migliore è stata quando poco tempo fa alla domanda quale sarà il primo stato islamico ad avere l’atomica ha dichiarato: ”adesso che è laburista la Gran Bretagna”. Provocando la reazione diplomatica del nuovo governo inglese ma anche l’ilarità di molti. Uno tosto diretto.
Capite adesso quanto nervosismo ha solcato in questi giorni l’area democratica Usa che a fronte di questo entusiasmo travolgente e di un Trump uscito come un semi eroe dall’attentato di un vicepresidente competitivo aveva un Biden che a stento riusciva a rispondere ai dibattiti preda di gaffe continue ed in evidente svantaggio fisico.
Scelta nervosa e forzata

E questa pressione si è vista tutta. Nella repentina decisione di Biden, super pressato da tutti, di non accettare la candidatura. E due caratteristiche fondamentali fanno da indicatore che è stata una scelta nervosa forzata e dettata dalla paura.
La prima: un comunicato attraverso X mentre il presidente è a casa ufficialmente per covid. Nemmeno l’onore delle armi nemmeno attendere che si riprendesse per una conferenza stampa più dignitosa e certamente più rispettosa di uno che comunque è ancora il Presidente in carica e fino a qualche giorno fa ci volevano convincere che era il migliore presidente e candidato possibile.
E la seconda spia del grande disagio è il ritiro senza l’indicazione ufficiale del candidato. Si Biden dà il suo endorsment a Kamala Harris la sua vice. Ma lo fa solo con un secondo comunicato nel primo non veniva neanche nominata. Poi anche i Clinton si esprimono per Kamala. Ma in realtà il dibattito nel Partito è apertissimo e girano molti altri nomi a partire da Michelle Obama. Ma anche Gretchen Whitmer governatrice del Michigan, Gavin Newsome governatore della California, Jb PRitzker governatore dell’illinois, Andy Beshaer governatore del Kentuky.
Insomma per uno che il mondo democratico ha incensato fino a poche ore fa come un gigante della politica sembra un benservito fin troppo rude. Un po’ tipo il Marchese del Grillo quando congeda l’ebanista Aronne Piperno senza pagarlo, “bella la boiserie bello tutto ma te ne devi annà”.
Due Congressi all’opposto

Eppure per giorni aveva resistito strenuamente ribadendo anche la mattina a poche ore dal comunicato di ritiro che lui era l’unico a poter battere Trump.
Dunque saranno state ore decisive dove approfittando dell’allettamento per il covid in un momento di grande debolezza non è riuscito a resistere alle pressioni esterne che gli chiedevano di ritirarsi. Tutto è rimandato alla convention democratica tra circa un mese. Ma potrete scommettere che se è vero che certamente troveranno una soluzione condivisa questa non potrà che lasciare strascichi interni dove, tolto il leader, ognuno aspira alla carica pensando di meritarla tanto quanto gli altri e nel caso non sia scelto non la prenderà bene.
L’esatto opposto del congresso Gop. Gop scusate è come gli americani chiamano il Partito Repubblicano, Grand Old Party, con un certo snobismo verso i Democratici. Difatti Trump che ha fatto tutta la convention con una vistosa benda all’orecchio, continuo memento dell’attentato, esce fortissimo dalla convention. Io sono decenni che seguo le elezioni americane e mai avevo visto una convention così compatta ed entusiasta. E se vale la legge di Reagan che dopo essere sfuggito all’attentato che lo colpì all’elezione successiva ottenne il record dei consensi di sempre allora sarà dura per ogni candidato che i democratici sceglieranno.
Intanto donate

Pensate a questo paradosso. Biden anuncia su X il suo ritiro poi posta ancora per dare appoggio alla Harris ma nel mentre fa solo un altro tweet che dice questo: “non dimenticatevi di versare un contrtibuto” e mette la app dove invita a donare soldi. Vi giuro mi ha fatto una tristezza infinita. Mi hanno trombato, non si sa chi è il candidato ma mi raccomando versate che non stiamo messi bene.
E lo fa da un social che a suon di miliardi acquistato da un imprenditore noto a tutti Elon Musk che non solo dopo l’attentato ha dato pieno endorsment a Trump e Vence ma che ha deciso di donare alla campagna di Trump 45 milioni di dollari al mese. Al mese, capite? Tanto che Trump lo ha apostrofato con parole d’amore durante la convention ringraziandolo sentitamente.
Questo perché gli americani ritengono le donazioni oltre che necessarie per la campagna anche un indicatore importante del consenso. Tutti scrivono sui social, ma se arrivi a versare è sintomo di convinzione assoluta. E Trump in questi mesi ha raccolto in media più del doppio di Biden.
Dunque una sfida tutta da seguire nei prossimi giorni in attesa del nuovo sfidante. Continuità con la Harris? Un colpo di teatro con un nuovo candidato? In ogni caso la strada è in salita.
Ci riguarda direttamente

Ma è un bivio molto importante perché come sappiamo bene ciò che succede nella politica americana determina in linea diretta i cambiamenti anche nella nostra politica. E in questa partita se vince uno schieramento o un altro cambia moltissimo. A partire dalla guerra in Ucraina dalle scelte economiche e dai rapporti internazionali. Infatti a fronte di tanto fermento negli Usa fa grande contrasto l’immobilismo e la perpetuazione dello stesso gruppo di potere praticamente identico alla guida dell’Europa.
La Von de Leyen rieletta con 401 voti, la Metsola anche: lo steso gruppo di maggioranza con l’aggiunta dei verdi. Stesso programma stessi soggetti. Eppure le elezioni Europee avevano dato chiari segnali di insofferenza verso tali politiche premiando in massa le destre. Che invece sono state scientificamente escluse da governo europeo. Popolari socialisti e verdi presentatisi con diversi programmi e diversi candidati indicati alla presidenza ci hanno messo cinque minuti a riaccordarsi. Sono diminuiti i voti? Mettiamo dentro i verdi. Tanto sono utili per giustificare le folli politiche di green deal finora attuate ed odiate ovunque in Europa.
Ma il discorso della Von del Leyen è stato se possibile ancora peggiore dello scorso mandato intriso di ideologismi e follie burocratiche. E la pattuglia italiana? La Lega sempre contro. La Meloni ha provato ad entrare nel circolo che conta ma è stata gentilmente respinta ed ha votato contro “spintaneamente” come diceva un mio amico. Forza Italia invece che per bocca di Tajani aveva tuonato in campagna elettorale mai coi socialisti e poi qualche giorno or sono dichiarato che l’ingresso dei verdi era un tradimento del mandato elettorale. Ha ingoiato tutto votando ordinatamente la tedesca e rompendo l’unità del centrodestra italiano.
La scelta di Giorgia

Infatti i social lo stanno definendo nella migliore delle ipotesi un traditore, almeno quelli di fede di centrodestra, la sinistra gode invece.
Si è fatta difficile infatti la posizione della Meloni che è ormai stretta in un cul de sac molto insidioso. Dopo essersi esposta a favore di Biden e della Von der Leyen si trova uno fuori gioco e con Trump in grande forma e l’altra che l’ha ringraziata della gentilezza e messa cortesemente alla porta.
Non credo ne sarà molto soddisfatta. Tanto che si parla chi di un tentativo ma difficile di entrare nei popolari. Difficile perché non vogliono la destra. O un tardivo riavvicinamento a Trump. Che nel frattempo però ha puntato molto su Orban e non si fida molto di lei. Tutto si capirà a novembre con l’elezione del presidente americano. Una eventuale elezione di Trump cambia tutto il quadro mondiale. In questa cornice nasce il ritiro di Biden gli americani sono gente pratica. Trump non si è riuscito a fermarlo manco con le pallottole allora se si perde cambiamo il candidato democratico come ultima spes.
Ma stavolta non sarà facile che funzioni . Chi ha seguito la convention democratica ha notato il sostegno assoluto e convinto in Trump. E l’appello dei democratici sarà come al solito quello di votare contro. Contro la destra, contro un candidato inviso, contro il cambiamento. Lo abbiamo visto in Europa poco fa. Lo abbiamo visto in Francia ed Inghilterra. Rivedremo lo stesso schema adesso negli Usa. Il voto contro.
L’assenza dei temi

Ma forse stavolta non funzionerà. E magari potrebbe essere un occasione unica per i Progressisti mondiali di tornare a parlare di temi, di argomenti e non solo essere contro qualcuno. E lo abbiamo visto oggi con Biden. Non si arriva alla convention con idee forti nuove credibili. No si cambia il candidato nella speranza che uno nuovo attiri il favore delle folle e che il voto contro faccia il resto. A volte funziona. Ma solo a volte. Abbiamo visto lo stallo della Francia ad esempio.
Ma il sistema americano non ha stallo o si vince o si perde. E chi vince prende tutto. Lo sa bene anche l’Europa. Forse sarebbe ora lo capissimo anche noi. Ma se avessero seguito la convention americana, tra le sue stranezze tutte Usa e il loro patriottismo a volte esagerato, avrebbero capito che stavolta sarà dura. Non fosse altro che tra i vari interventi coloriti ha spiccato quello dell’ex wrestler Hulk Hogan notissimo anche da noi che riprendendo il gesto che lo ha reso famoso con cui si strappava la maglietta negli incontri e dopo metteva al tappeto l’avversario.
E ha fatto lo stesso dopo aver urlato che avevano provato ad uccidere Trump il suo eroe così lo ha definito, ha iniziato a strapparsi la maglietta fino a ridurla a brandelli rivelando sotto quella con la coppia Trump Vance.
Urlando quello che urlava nei ring di wrestling poco prima di vincere. “Enough is enough”, letteralmente quando è abbastanza è abbastanza ma che forse da noi funziona meglio tradotto come “quando è troppo è troppo”.
Allora la folla si è alzata ed ha iniziato a urlare all’unisono non il nome di Trump. Ma “Usa, Usa!”. Da noi non succederebbe mai ma gli americani sono così e se li capisci hai già vinto metà battaglia. E Trump forse in questo momento li capisce meglio di tutti. In attesa del nuovo candidato democratico.
Che vinca il migliore.