La volpe e l’uva. Sconfitte e delusioni in stile europeo

Come previsto: male agli Europei e male in Europa. Politica e Calcio riservano amarezze. Gli errori di Giorgia Meloni. I punti chiave. L'isolamento e la delusione per le mancate nomine. E la possibile via d'uscita

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Non ci sentiamo grandi profeti né cassandre ad aver intuito la scorsa settimana la difficile posizione dell’Italia in Europa: sia nel calcio che nella politica. I segnali c’erano. Certo tutti speravamo in un epilogo migliore ma la sostanza è molto evidente. Un’Italia calcistica brutta ed inconcludente fuori dagli Europei di calcio. E l’Italia politica fuori dalle nomine che contano in Europa. (Leggi qui: L’Italia col fiatone: dalle Europee agli Europei di calcio).

In entrambe i casi i diretti interessati hanno reagito un po’ come nella volpe e l’uva di EsopoNon con una assunzione diretta di responsabilità ma accampando diverse giustificazioni di stampo vittimistico che, in sintesi, ricordavano che l’uva era acerba.

Il tracollo di Spalletti

Luciano Spalletti (Foto © DepositPhotos.com)

Luciano Spalletti il maggior responsabile del tracollo dell’Italia calcistica come suo solito non ha speso una parola di autocritica accampando ragionamenti che andavano dalla scarsa forma fisica alla mancanza di grinta senza mai ammettere nessun tipo di errore.

Lo conoscete Spalletti no? Con quel capoccione pelato insaccato direttamente nelle spalle che me lo fa somigliare sempre ad una tartaruga. Praticamente senza collo. E proprio come le tartarughe in caso di pericolo lo ritrae come in posizione di difesa. Ci metti poi quei baffetti da sparviero e quelle sopracciglia che in pratica non sono sopracciglia ma due virgole ed hai l’idea del personaggio. Toscano, duro, acido, sempre pronto a ribattere, perde ieri sera un’occasione buona per tacere e fare una sana autocritica. Avrebbe fatto bene, come ha fatto Donnarumma, il migliore di questa Italia agli Europei, a scusarsi senza se e senza ma con i tifosi italiani per la brutta figura.

Invece scuse e contro scuse, a sentirlo parlare sembrava che avevamo giocato male ma che li avevamo vinti questi Europei. Alla fine invece siamo usciti con la Svizzera. Che nel dopo partita ci ha anche sbertucciato con paragoni irriverenti tipo che loro erano stati la Ferrari e noi una Panda o che si erano quasi annoiati tanto non li avevamo impegnati. Aveva ragione un mio amico quando chiedeva: sapete perché gli svizzeri giocano con tanta euforia a calcio? Perché è l’unica volta che possono calpestare un prato. E noi abbiamo perso con questi.

E le difficoltà della Meloni

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con gli altri leader del Consiglio europeo

Non è andata meglio alla Meloni però. In realtà riponevamo più speranze nella vittoria italiana agli Europei, perché la situazione delle trattative politiche europee appariva già abbastanza chiara e abbondantemente compromessa. Ne avranno a discutere forse con Spalletti e scambiarsi consigli per il futuro visto che il ct italiano è stato annunciato come ospite ad Atreju la festa di Fdi. Con ogni probabilità ancora da commissario tecnico e non da ex: almeno a giudicare dalle parole dette oggi dal presidente della Figc Gabriele Gravina: “Spalletti resta, impensabile abbandonare ora un progetto triennale. Nessuno può pretenderne le dimissioni”.

La Meloni ci sarà sicuramente e da premier in carica. Ma forse con uno smalto diverso. È evidente da come si è manifestata in questi giorni, soprattutto da come ha votato alcuni provvedimenti, che è rimasta amareggiata da questa conventio ad exludendum che l’ha tenuta fuori dalle stanze che contano. Anche lei si è ben guardata dal fare alcuna autocritica ed in ossequio a Esopo ha detto che l’uva era ovviamente acerba risfoderando l’arma del vittimismo e dell’esclusione che, in certi ceti politici, attecchisce sempre. Ma l’analisi è più complessa ed andrà fatta.

Certamente lei si aspettava un altro trattamento in particolare dopo il G7 appena concluso in cui aveva profuso confidenze ed amichettismo con tutti, con l’esclusione del solo Macron. Addirittura appellandoli uno ad uno con il nome di battesimo nei saluti finali, quasi come si trattasse di una riunione fra vecchi amici e non un vertice internazionale. (Leggi qui: La Meloni vince le europee e trova il punto G7).

L’errore di fondo degli italiani

La Von der Leyen poi l’ha sempre chiamata solo per nome: “Ussula” qua “Ussula” là e poi come si è girata un attimo ha preso la stilettata nella schiena dalla infida teutonica. Sembrava un po’ come il Matteo Renzi Presidente del Consiglio che con la Merkel faceva la stessa cosa, “Anchela” la chiamava con pronuncia improbabile. E la fine fu la stessa. 

Perché c’è un errore di fondo gigantesco che accomuna tutti gli italiani che vanno in Europa: che crediamo che i sorrisi siano veri e che la disponibilità reale. Perché noi siamo così. Invece in Europa sono freddi, a loro interessa una sola cosa il potere. Non gli importa se li hai abboffati di panzerotti, orecchiette e negramaro la settimana prima. Quando si tratta di potere non guardano in faccia a nessuno.

E la Meloni, come fece pure Renzi e anche Berlusconi in questo caso ingenuamente pensava che con la sua capacità di relazione interpersonale avrebbe potuto superare anche gli steccati istituzionali e soprattutto Partitici. Invece, come preventivato, così non è stato.

Lo si capisce bene che è rimasta molto piccata di questi comportamenti dal tono delle dichiarazioni successive. Quelle dell’uva acerba per seguire la favola greca.La proposta formulata da popolari, socialisti e liberali per i nuovi vertici europei è sbagliata nel metodo e nel merito. Ho deciso di non sostenerla per rispetto dei cittadini e delle indicazioni che da quei cittadini sono arrivate con le elezioni. Continuiamo a lavorare per dare finalmente all’Italia il peso che le compete in Europa”.

La linea vacilla

Orban e Meloni

Dichiarazioni che tradiscono un grande nervosismo e delusione. Infatti poi vengono fuori una serie di pasticci che ne aggravano ancora di più la dimensione. La Meloni infatti si astiene sulla Von der Leyen e vota contro Costa e la Kallas. Dice che lo fa per gli italiani per rispettare l’esito del voto ma sappiamo tutti che se l’avessero inclusa nell’accordo sarebbe partita da Roma a piedi scalza pur di votare a favore.

Ma c’è di peggio, vacilla anche la linea all’interno del suo stesso gruppo politico che va in ordine sparso. Infatti Orban fa l’esatto contrario: vota contro la Von der Leyen ma invece vota a favore di Costa.

Peggio ancora la delegazione italiana che su “Ussula” si schiera col tridente. La Meloni come detto si astiene, Tajani vota a favore, Salvini contro. Che fa un po’effetto armata Brancaleone.

Infatti le critiche dei detrattori non sono mancate accusando la Meloni di aver sbagliato tutto soprattutto creando una commistione tra il suo ruolo di premier italiano e quello di leader di gruppo europeo.

La crudezza di Matteo

Matteo Renzi

Lo ha sintetizzato con una crudezza ed una spietatezza unica Matteo Renzi nel suo intervento in aula, non risparmiando un’ulteriore stilettata alla premier. Vi riporto il passaggio integrale del politico toscano che ha detto così:

“Lei presidente Meloni è venuta qui e ci ha raccontato una storia a metà tra la grande statista e la piccola fiammiferaia. La grande statista che ha la forza per poter cambiare il mondo, la piccola fiammiferaia che si lamenta perché non la chiamano ai caminetti. E lo dice alla sinistra! Ora non mi faccia difendere la sinistra presidente la prego. Ma se lei vuole sapere chi non l’ha chiamata ai caminetti si volti piano piano verso destra, piano piano e non faccia di scatto, si volti piano piano e guardi il ministro Tajani. È Tusk che le ha detto non voglio parlare con la Meloni ed è iscritto al Partito Popolare Europeo, non è che non hanno rispetto per l’Italia non vogliono lei e le sue idee politiche.

Lei dice tutte le volte che quelli di prima non ottenevano risultati e ora che c’è lei si ottengono risultati. Quelli di prima, parlo degli ultimi vent’anni, hanno preso una presidenza di commissione, un alto rappresentante, due presidenze del parlamento europeo e un presidente di Banca centrale europea. All’Italia di top Jobs con maggioranze diverse li hanno sempre dati. Se stavolta non li vogliono dare non è un problema della bandiera, del tricolore è un problema che lei non ha avuto la forza di fare le maggioranze.”

Un intervento cattivello molto crudo e diretto con la Meloni che cercava di minimizzare ridendo ostentatamente ed indirizzando alcune frasi finto scherzose, pare in romanesco, a Tajani fuori microfono. Ma che ha evidentemente accusato.

Effetto Biden

Il dibattito tv tra Biden e Trump

Dunque una premier nervosa e apparentemente isolata a cui nemmeno gli alleati hanno fornito supporto in particolare quel Tajani che ha voce in capitolo nel Ppe a cui lei aveva affidato buoni uffici che lui non ha avuto, evidentemente, la forza di realizzare.

Una situazione particolare, anche in vista delle presidenziali americane che hanno visto in questi giorni il primo dibattito Trump – Biden, che è stata una debacle per il candidato Democratico. “L’Italia pareva Biden” ha scritto ieri sera dopo la partita Osho. Evidenziando quanto il dibattito fosse stato nocivo per il presidente in carica, tanto quanto per la nazionale. Basti pensare che Trump invece di pubblicare il suo intervento ha pubblicato un video di diversi minuti con in rassegna i silenzi e le frasi non proprio chiare di Biden. I sondaggi finali vedevano Trump vincitore per 67 a 33 in percentuale.

Un altro aspetto da non sottovalutare, perché la Meloni, secondo me poco avvedutamente e certamente influenzata dalla allora vicinanza con Ursula, ebbe a dire poche settimane or sono che l’elezione di Trump poteva essere un problema. Parole che non credo abbiano fatto piacere al probabile futuro presidente Usa.

Insomma una situazione estremamente delicata dove da star del momento al G7 la Meloni potrebbe finire per trovarsi isolata in Europa ed invisa al nuovo presidente americano. Che sarebbe un capolavoro di inesperienza visto che Trump, certamente, non condivide la linea europea attuale. Essere invisi ad entrambe sarebbe molto negativo ed indice di scarsa strategia. Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni, almeno prima del voto in Parlamento Europeo che ratificherà le nomine proposte. Se l’Italia guadagnerà un ruolo degno o sarà ancora sottovalutata.

Pretesti per tenerla buona

Ursula von der Layen ed Antonio Tajani (Foto EU Press Service)

Un piccolo personale ragionamento va comunque fatto. È chiaro che la Meloni è stata in qualche modo presa in giro dai papaveri europei. Io credo lei fondasse sinceramente la sua azione sulla capacità di rapporti personali e sulla sua brillantezza umana. Ma di fronte non ha trovato altrettanta chiarezza e reciprocità.

È evidente che da lei volevano solo tranquillità e che non disturbasse la loro riconferma. Non certo includerla nell’Europa che conta. Ed è la cosa che secondo me le ha fatto più male a livello personale. Ma aggiungo che l’ha danneggiata anche nelle scelte politiche. Si perché diciamocelo chiaramente la nostra premier per mantenere buoni rapporti con gli stessi che ora l’hanno respinta ha abdicato ad una serie di temi e di politiche che erano invece stati alla base del suo successo.

Parliamo ancora più chiaro, al momento dell elezione della Meloni ci fu una scossa di preoccupazione nei palazzi. Poteva essere la leader giovane, nuova, decisa di un paese importante dell Unione che si presentava per cambiarla dall’interno con forza e determinazione. Le ricordiamo tutti le dichiarazioni della Meloni pre governo negli anni sull’economia l’euro l’immigrazione, le politiche agricole. Aveva tutte le caratteristiche per tentare una scalata in Europa. E ne avevano paura. Anche a fronte della crescita delle destre europee che si è chiaramente oggi manifestata nelle ultime elezioni dove in Francia e Germania gli omologhi parti di destra sono balzati in testa alle preferenze dei paesi più grandi dell’unione.

Invece la Meloni allettata da un ingresso con tanto di tappeto rosso nel salotto buono del gotha europeo ha modificato tutte le posizioni più dirimenti addolcendo la sua posizione praticamente su tutto. Senza contare il pedissequo sostegno prima alle case farmaceutiche coi vaccini e poi alla guerra Ucraina dove si è trasformata tra le più oltranziste sostenitrici della politica interventista europea.

La via vecchia e quella nuova

L’Aula di Strasburgo

Immaginate allora quale stupore avranno manifestato questi rigidi burocrati europei nel vedere che una potenziale avversaria interna si era invece trasformata in una collaborativa alleata che seguiva pedissequamente le idee dell establishment europeo. E sai che ghigni soddisfatti quando all’esito delle elezioni pur avendo avuto un grande successo l’hanno tenuta fuori insieme a tutte le destre dal futuro governo europeo. Infatti qui sarebbe da citare un altro adagio popolare: chi lascia la strada vecchia per le nuova sa cosa lascia ma non sa cosa trova. E così è successo.

Un altro grande errore è stato poi confondere le due posizioni in campo quella istituzionale come premier e quella di leader politico di destra. La seconda ha soffocato la prima col risultato che qualsiasi nomina oggi ci toccherà sarà comunque una grande sottovalutazione del nostro Paese e del governo che rappresentiamo.

Esprimo dunque il mio più totale rammarico perché non nego che avrei apprezzato molto di più una Meloni non sottomessa ma leader e portatrice di alcune idee e valori in Europa che oggi non porteranno essere rappresentati adeguatamente per la frammentazione delle destra europee e per l’inciucio popolari socialisti. In fondo le idee, i temi, gli argomenti che avevano decretato il successo fulminante della Meloni erano quelle che il popolo chiedeva a gran voce. Ed oggi non nasconde la delusione per l’abbandono di certe battaglia.

Il fronte francese

Jordan Bardella

Il danno più grave però per me è questo. Tornando alla volpe e l’uva. Che oggi le dichiarazioni piccate e polemiche della Meloni non hanno un effetto positivo perché indotte dalla rabbia per l’esclusione e non frutto di una scelta politica chiara. Con il risultato che oggi tornare alle antiche battaglie attaccando il sistema di potere europeo diventerebbe molto poco credibile e anzi pretestuoso e dettato dal rancore e dalla delusione più che da un programma.

Ed è un peccato vero perché se la destra di Le Pen e Bardella dovesse vincere nei prossimi giorni in Francia avrebbe potuto essere un valido alleato per l’Italia e con un inedito asse Francia Italia l’agibilità politica delle sinistre si sarebbe notevolmente ridotta. Insomma si somma alla delusione del mancato accordo istituzionale anche l’effetto negativo sulla rappresentanza politica delle destre in Europa.

E se assolvo dal punto di vista umano la Meloni che sono certo, in buona fede, aveva creduto in taluni soggetti dal punto di vista politico ho un giudizio per nulla positivo di queste scelte che alla fine si sono rivelate non certo vincenti. Come niente di vincente ha avuto l’Italia calcistica in questi europei che sono stati di una tristezza unica.

Resta solo una sostanziale differenza: che l’Italia del calcio non potrà più tornare in gioco. In politica è diverso, ciò che oggi sembra una sconfitta domani può trasformarsi, se si ha la capacità di farlo, in una vittoria.

Per questo spero che serva da insegnamento questa esperienza alla Meloni. E la faccia tornare, seppure da Presidente del Consiglio, a fare quelle battaglie che i cittadini avevano apprezzato tanto da metterla a capo del paese. 

Allora si che potrebbe dire a ragione di voler cambiare l’Europa dall’interno, come recitava lo slogan delle ultime europee. Perché finora cara Giorgia, non so se mi leggerai tra i tuoi mille impegni, ma è più l’Europa che ha cambiato te che non il contrario. E, viste le premesse ed il momento storico, è un vero peccato. Una grande occasione persa.