Tutti o quasi emuli del Bonaparte in attesa dell'evento ma con botte dubbie di buongusto, e con la speranza che l'evento serva davvero a qualcosa
La rimarchevole incidenza di Napoleone Bonaparte sulla storia ha lasciato inevitabilmente una traccia anche nelle opere letterarie. Di primo acchito viene subito da citare come esempio la celeberrima ode Il cinque Maggio, composta tra il 18 e il 20 luglio 1821. Tale dato cronologico non ha un semplice valore nozionistico. Giacché, messo in relazione con un altro elemento storico, ossia che la notizia della morte del generale e politico francese fu pubblicata sulla Gazzetta di Milano il 17 luglio dello stesso anno, consente una riflessione non secondaria: la rapidità dell’esecuzione e dell’esecuzione poetica sono testimonianza dell’effetto emotivo che l’evento provocò nell’animo di Alessandro Manzoni.
Ciò è ancor più rilevante se si considera che l’autore, come egli stesso afferma nei vv.14-15 (Lui folgorante in solio / vide il mio genio e tacque), non aveva mai scritto di Napoleone quando era in vita. Di fronte alla sua scomparsa, si sente, invece, in dovere di interpretare la figura dell’uomo politico. All’interno dell’ode, infatti, dopo averne ricostruito rapidamente la carriera politica e le vittorie militari, il poeta si interroga sul valore dell’avventura napoleonica.
Da condottiero ad individuo
Si sofferma anche sulla scomparsa di Bonaparte dalla scena politica, sul momento, cioè, in cui il grande condottiero e l’imperatore vittorioso torna a essere un semplice individuo. Ne approfondisce lo stato d’animo, rappresentandolo alle prese con i suoi pensieri. Lo immagina mentre ripensa alla sua vicenda.
E soprattutto lo descrive come un uomo che arriva a riconoscere che soltanto la fede è in grado di dare un senso alla storia umana. Nei versi manzoniani, insomma, le vittorie napoleoniche appaiono fonte di morte e di ingiustizia, mentre le sconfitte e i tormenti riscattano il personaggio agli occhi di Dio, rivelandone la natura di grande interprete dei misteriosi disegni divini.
Ma fuori dal genio Manzoniano l’immagine del Bonaparte è quella di un nanerottolo iperattivo grande nell’ego e nella strategia militare. Visionario condottiero ed anche, lato meno celebrato della storia, grande sconfitto.
Nanerottolo iperattivo, e sconfitto
Certamente note quelle di Tolosa e Waterloo tra le quali fu costretto all’esilio per poi tornare nella seconda. Meno nota agli annali La battaglia di Borodino, conosciuta nella storiografia francese come battaglia della Moscova, fu combattuta durante la campagna di Russia e fu una delle più grandi e sanguinose battaglie delle guerre napoleoniche. Coinvolse oltre 250.000 soldati delle due parti, con la perdita, tra morti e feriti, di circa 80.000 uomini. Napoleone la definì “la più terribile delle mie battaglie”.
Nel tempo la battaglia di Borodino, che dal punto di vista militare fu una vittoria di Napoleone, è stata trasformata dalla letteratura e dalla storiografia russa. Soprattutto a partire dall’interpretazione di Lev Tolstoj, in un simbolo della vittoriosa “guerra patriottica” contro l’invasore e della tenacia e dell’incrollabile capacità di resistenza dell’esercito e della nazione russa.
Zelensky e Tolstoj
La dovrebbe rileggere forse il presidente ucraino Zelensky, da tutti indicato come il più probabile dei nuovi mini Napoleoni per la sua statura e per la sfrenata sete di battaglia che è convogliata nel conflitto attuale.
Immemore degli epiloghi storici di due figure non proprio leggerine militarmente come Napoleone ed il Fuhrer che naufragarono i loro desideri di conquista nelle steppe russe negli ultimi mesi ha invaso la regione del Kursk. Ed entrando nel territorio russo. Impotente di fronte ad un nemico che avanza invece nel territorio sud orientale già teatro di battaglia, tenta di crearsi una contropartita qualora il tavolo delle trattative dovesse basarsi sul principio che ciascuno si tiene ciò che ha già annesso.
Insomma scomparso Napoleone i mini Napoleone proliferano comunque.
Come Bibi che “controffende assai”
Le stesse manie di grandezza hanno pervaso anche il leader israeliano Nethanyahu che dopo il massacro subito nel attacco missilistico del 7 ottobre non ha risparmiato in controffensiva decimando in maniera sistematica i nemici lasciando sul campo migliaia di vittime civili innocenti. Innocenti al pari di quelle civili israeliane.
Non condivide la statura con il Bonaparte perché è alto più di un metro e ottanta ma ne condivide certo la volontà di annientamento dell’avversario.
E sono queste le due tematiche principali sul tavolo del G7 di lunedì e martedì in terra ciociara. Due dossier non certo di facile risoluzione e per questo saranno giornate molto delicate.
Senza Bonaparte tocca ad Ursula
L’Europa priva di un neo Napoleone schiera una squadra compatta agli ordini della Von der Leyen che invece condivide le carenze di altezza col generale corso. Schierati a difesa delle posizioni ucraine in maniera più o meno compatta e con le spalle coperte dal potente alleato americano, almeno dall’amministrazione uscente.
Pesa infatti il cambio imminente di amministrazione Usa con la recente elezione di Trump. Che con Napoleone non condivide nulla, non l’altezza perché Trump è un armadietto di un metro e novanta ne le ambizioni da guerrafondaio. Anzi nel suo primo mandato è passato alla storia come l’unico presidente nei tempi recenti a non aver iniziato alcuna guerra.
Incombe anche sulla riunione la recente pronuncia giudiziaria piovuta come un ordigno nel panorama internazionale. Benyamin Netanyahu e Yoav Gallant, rispettivamente primo ministro ed ex capo della difesa di Israele, sono stati condannati dalla Corte Internazionale dell’Aja per crimini di guerra e contro l’umanità avvenuti nell’ambito delle operazioni militari condotte durante il conflitto a Gaza.
I due sono stati ritenuti responsabili di reati che avrebbero provocato la morte di numerosi civili palestinesi, privandoli sistematiche di acqua, cibo, medicinali ed altri beni di prima necessità. Il premier ha già risposto alle accuse dichiarando la sentenza dei giudici una “Decisione antisemita”, ed era stato già dichiarato ricercato internazionale lo scorso maggio.
Salvini critico, Giorgia evasiva
E non è l’unico ad avere dubbi su tale pronunciamento con voci importanti che partono dagli Stati Uniti. E ino ad arrivare in Italia dove Salvini ha criticato apertamente la decisione della corte e la Meloni è stata perlomeno evasiva.
Dunque non sarà una riunione facile pendente nel difficile equilibrio di escalation militare già innescata da Biden con la fornitura e l’autorizzazione di usare i missili a lungo raggio contro la Russia. E dalla voglia trumpiana di disinnescare in vece l’escalation militare ritenuta inutile e dispendiosa.
Biden stesso non appare al massimo della forma. Recentemente apparso alla riunione del G20 in Amazzonia è finito di nuovo sui siti mondiali perché al termine del suo discorso si è girato e si è “infrattato” nella foresta amazzonica alla sue spalle.
Questo per poi essere recuperato da coraggiosi funzionari che cercavano di non dare nell’occhio. Non pago il giorno dopo spostatosi in Peru per un summit sul pacifico nella foto di famiglia è stato relegato nel terzultimo posto a destra dell’ultima fila. Cosa mai successa ad un presidente americano con invece il presidente cinese al centro della foto in prima fila.
Non dimentichiamo infatti tornando al Brasile che questo è uno dei paesi fondanti del Brics il sistema alternativo agli Usa ed Europa. Ed in cui rappresenta proprio la prima lettera B seguito da Russia India Cina e Sudafrica. Non stupisce dunque questa velata ostilità e mancanza di riguardo.
Dal Brics a Fiuggi
Non dovremmo stupirci perché anche da noi si sente qualche effetto del riposizionamento mondiale. Chi di noi non ha chiesto in questi giorni ma il G7 si fa al palazzo della fonte a Fiuggi? Ricevendo un no come risposta. Ovviamente sono solo congetture o forse solo problemi organizzativi ma certamente il fatto che adesso la proprietà sia russa non ha favorito la cosa.
Certamente gli hotel scelti sono bellissimi ed adatti al ruolo ma questa mancanza ha colpito tutti. Gli effetti arrivano anche nel locale come vedete, per tornare al concetto glocal della scorsa settimana.
Per restare nel locale dove non ci facciamo mancare niente si registra un proliferare di mini Napoleone come mai visto prima.
I “Bonapartucci” nostri”
Qualche amministratore è così entusiasta che pare lo abbia organizzato lui il G7. Anzi è sicuro. Si moltiplicano video motivazionali con musiche eroiche e camminate epiche e sorrisi ammiccanti tipo quelli che produceva Kamala Harris. Alcuni improvvisamente rilasciano dichiarazioni in tutte le lingue del mondo presi da improvviso multilinguismo.
Qualcuno si fa foto abbracciato ai pali della luce che per l’occasione sono dipinti di nero, forse a lutto per le vittime delle guerre. Le lampadine infatti hanno la stessa potenza illuminante dei lumini del cimitero. Si ma solo nel percorso del G7 gli altri si devono accontentare del più sobrio grigio classico che è certamente più elegante. Si perché bando alle classi sociali oggi ci si divide in zona G7 e zona poveri che sarebbe tutto il resto della città. Una tirata a nuovo anche se maldestramente. L’altra presa dai soliti problemi di buche e fratte e compagnia cantante.
Ma se la zona poveri piange la zona G7 non ride. La circonvallazione riasfaltata a scacchi, modello vorrei ma non posso entrerà nella storia dell’estetica urbana. I poveri alberi dei viali potati con una violenza singolare si presentano nudi all’appuntamento piegati quasi come in una torsione a coprire le pudenda. Probabilmente, visto il pervicace accanimento, le foglie vengono ritenute pericolose per i protocolli internazionali, peccato perché erano di un colore bellissimo.
Le soreche-totem: per il fu Cav
Il centro tirato a lucido riverniciato qua e la si presenta bene oggetto di una “romanella” ubiquitaria che non ha risparmiato nessuno. Pare presi da iconoclastia verniciatoria abbiano verniciato pure inavvertitamente una anziana signora affacciata ad una finestra al piano terra a prendere una boccata d’aria. Però rassicura l’ufficio preposto poi è stata gratuitamente riverniciata nel suo colore naturale.
Niente da fare invece per eliminare i topolini che infestano il centro detti comunemente “soreche” nel linguaggio locale ma che come termine sembra sia stato inserito talquale in lingua autoctona anche per i partecipanti al G7. Gli amministratori ne faranno passare la presenza come un atto di omaggio al compianto Silvio Berlusconi che come noto ne era un estimatore convinto.
Al centro delle rotatorie cittadine troneggia un elemento circolare formato da pannelli con bandiere di tutti i partecipanti. Un’opera talmente ben fatta che alcuni distratti astanti l’avevano scambiata per il vespasiano ufficiale del G7 minzionando inavvertitamente nei pressi ma subito redarguiti.
Il benvenuto locale
Sembra che sia apparsa anche su un bivio dell’anticolana un’ insegna con scritto in inglese maccheronico “uelcom to lawn” che tradotto dà il benvenuto nella zona di un noto esponente locale, prontamente divelta dalla sicurezza come ogni altro cartello. Anche l’incolpevole bandiera palestinese che da anni sonnecchiava dipinta su un muro di ingresso della città è stata colpita dalla furia censoria non sia mai provocasse qualche sussulto al passaggio della carovana internazionale.
Infine appare un cartello al bivio di ingresso della città. Un cartello inclinato pregevolmente rosato tipo finto rame o finto corten. E con l’innovativa scritta Anagni città dei papi e del giubileo. Forse per ricordarlo al governo che non sembra ci abbia coperti d’oro in occasione del prossimo imminente giubileo.
Notevole invece in basso molto in basso l’apposizione di cartelloni raffiguranti i quattro Nani di Anagni. No nani scusate i quattro Papi di Anagni. Ma sono così bassi che li ho confusi sembra che escano dal terreno tipo “The walking dead”. Ad Alessandro IV tra l’altro manca la Tiara, probabilmente era un Papa casual. Tutti in uno splendido formato finta lapide votiva in un monocromatico che ne esalta il tocco cimiteriale. Un opera che certamente abbellirà per secoli il nostro ingresso città, se riesce a resistere all’inverno.
Poetica invece l’immagine di un povero addetto che nei giorni scorsi sotto il diluvio aveva lo sfortunato compito di piantare dei timidi fiorellini invernali artisticamente alternati in bianco e rosso all’interno del cemento degli spartitraffico. Dopo l’invenzione dell’idroponica, cioè la coltivazione in acqua, un rivoluzionario esperimento di cementoponica l’arte di far crescere i fiori nelle crepe del calcestruzzo.
Gusto maddeché, siamo funzionali
È così la città al tempo del g7 non importa il gusto e la raffinatezza. Bando all’estetica a favore della funzionalità. D’altronde i tempi sono cambiati davvero. Una volta all’arrivo dei potenti del mondo si inauguravano pregevoli statue ed opere d’arte oggi si inaugurano i cartelli stradali ed i cartonati dei nano papi. Magie dell’epoca dei mini Napoleone8y.
Ci resta solo la speranza che dall’imminente riunione esca qualcosa di buono soprattutto nella direzione dalla pace per i conflitti in corso. Perché la speranza diceva il poeta è come un fiore piantato nel cemento.
Come quelli che cercano con difficoltà di resistere almeno qualche giorno tra le crepe aride della via Anticolana per godersi il passaggio dei potenti del mondo per poi abbandonarci prossimamente, ma non senza qualche malinconia.