
Il parallelo tra il racconto dei fratelli Karamazov e ciò che accade oggi. Nel libro si racconta del Grande Inquisitore che fece arrestare Cristo una volta tornato in Spagna. Chissà cosa direbbe Berlusconi se tornasse oggi e vedesse Forza Italia
Ho sempre amato la letteratura russa. Si è vero, a volte è pesante e macchinosa ma spesso rivela dei capitoli di rara bellezza ed intensità. Dotata di profondità oggi difficilmente rinvenibile nella letteratura contemporanea, più impegnata a compiacere commercialmente che a trasmettere veramente qualcosa.
Tra questa ho sempre adorato un brano che ha dello straordinario per ironia e profondità, a tratti lacerante nella sua crudezza ed illuminante nella sua visione. È il “Il Grande Inquisitore” (noto anche come La leggenda del Grande Inquisitore, che è il titolo di una celebre opera di Rozanov). Questo breve “romanzo nel romanzo” rappresenta un capolavoro senza confronti della letteratura di tutti i tempi.
Criticare Gesù

La Leggenda del Grande Inquisitore è un capitolo de “I Fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij, uno dei più importanti romanzi della letteratura russa. Questo capitolo è particolarmente noto per la sua profondità filosofica e le complesse riflessioni che suscita. Nella Leggenda, Ivan Karamazov narra a suo fratello Alëša una storia immaginaria ambientata in Spagna durante il XVI secolo, durante l’Inquisizione.
La narrazione è una sorta di poema drammatico all’interno del romanzo ed è incentrata su un incontro tra Gesù Cristo di nuovo risorto e il Grande Inquisitore.
Il Grande Inquisitore, rappresentante dell’autorità religiosa e politica, cattura Gesù appena arrivato a Siviglia e lo imprigiona. Nella prigione, esprime la sua visione del mondo, critica il messaggio di Gesù e giustifica la sua decisione di imprigionarlo. Secondo il Grande Inquisitore, il messaggio di amore e libertà di Cristo è troppo difficile per la maggior parte delle persone, che cercano invece sicurezza, ordine e autorità.
Il Grande Inquisitore sostiene che la Chiesa, assumendo il controllo della fede e imponendo regole e dogmi, sta facendo un favore all’umanità, garantendo così la sua stabilità e proteggendo le persone dalla difficile libertà individuale.
Tra libertà ed autorità

Questo brano solleva una serie di questioni filosofiche profonde. Uno dei temi principali è la tensione tra libertà individuale e autorità istituzionale. Ed il modo in cui la società può cercare di equilibrare questi due elementi. Dostoevskij attraverso la voce del Grande Inquisitore esplora la complessità della natura umana, la nostra tendenza a cercare la sicurezza e l’ordine anche a costo della libertà.
La premessa. Ci troviamo in una trattoria: Ivan Karamazov conversa con il fratello Alëša. I due hanno opposti caratteri: il primo, intellettuale tormentato, è un uomo razionale e disilluso, mentre il secondo, giovane novizio, è puro e mite, ed è persuaso che il mondo sia bello così com’è.
Prima di dare il via al racconto, Ivan fa una descrizione di alcuni testi religiosi del passato nei quali “era consuetudine far scendere sulla terra le potenze celesti”. Poi inizia il racconto di Ivan Karamazov. Cristo torna sulla terra, in Spagna a Siviglia, dopo quindici secoli: “volle manifestarsi almeno per un instante al popolo, al popolo angustiato e sofferente, fetido di peccati, che tuttavia lo amava di un amore infantile”.
Scende nelle torride strade dove il cardinale Grande Inquisitore ha consegnato al rogo, ad maiorem gloriam Dei, un centinaio di eretici. Si muove silenziosamente, tuttavia il popolo lo riconosce, lo accerchia, lo acclama.
“Catturate l’Eretico”

Il grande Inquisitore attraversa la piazza, guarda la folla. Ordina alle sue guardie di catturare Cristo per rinchiuderlo in prigione come eretico, mentre ha appena resuscitato – proferendo “Talitha kumi” (le stesse parole usate nei Vangeli per un caso analogo) uniche parole di tutta la narrazione – una bambina di sette anni, posta in una bara bianca ancora aperta.
“Talitha kumi è un’espressione in aramaico parlato da Gesù nel Vangelo di Marco, e che significa: “Fanciulla, alzati”. Si tratta del noto episodio di una bambina, la figlia di Giairo, che viene resuscitata da Gesù, subito dopo il miracolo dell’emorroissa.
Ed imprigionato proprio nella tetra e oscura cella, si alza il fortissimo atto d’accusa del ministro della Chiesa contro il Messia. “Sei tu? Sei tu?”.
Non ricevendo risposta, aggiunge rapido: “Non rispondere, taci! E del resto che cosa potresti dire? Lo so fin troppo bene. Non hai il diritto di aggiungere una sola parola a ciò che hai già detto in passato. Perché dunque sei venuto a disturbarci? Giacché sei venuto a disturbarci, e lo sai. Ma sai forse che cosa avverrà domani? Io ti condannerò e ti farò bruciare sul rogo come il peggiore degli eretici, e quello stesso popolo che oggi ti baciava i piedi, a un solo cenno della mia mano domani si precipiterà ad attizzare il tuo rogo, lo sai?”.
La sola possibilità della Chiesa

“Perché sei venuto a infastidirci?” Inizia così la sequela dei rimproveri mossi a Cristo e specialmente l’aver voluto parlare della libertà al popolo per renderlo felice. Il popolo, però, non è capace di servirsene, e pertanto è condannato all’infelicità.
Dopo la sua venuta, la Chiesa si è fatta carico dell’unica possibilità di rendere gli uomini felici sulla terra, poiché incapaci di raggiungere quella eterna che è al di fuori della portata di molti. Dunque, il ritorno di Cristo nel mondo reca danno all’equilibrio raggiunto. Per questo motivo l’Inquisitore gli ripete: Perché sei venuto a infastidirci?, rovinando i suoi piani e mettendo a rischio il suo programma di convivenza pacifica tra gli uomini.
Il grande Inquisitore spiega a Cristo come nel mondo sia essenziale un’autorità forte, come quella da lui rappresentata, che soddisfi i bisogni dei più deboli, richiedendo in cambio obbedienza. Ingannandoli: noi diremo che obbediamo a te e che regniamo nel tuo nome. E di nuovo l’inganneremo, perché non lasceremo più avvicinare a noi. In questo inganno, nell’essere costretti a mentire, sarà la nostra sofferenza’. E così anche i più ‘gracili’ confideranno di raggiungere la felicità eterna: sottomettendosi ai dettami della Chiesa, riceveranno una speranza nell’aldilà. L’umanità sarà schiava, ma felice.
La forza del silenzio

Ma un bacio cambierà molto. Il grande Inquisitore conclude il suo discorso e precisa di non temere il condannato, perché all’indomani sarà bruciato sul rogo. Cristo tace, non proferisce parola. Rimane fino alla fine un interlocutore silenzioso e impassibile. Si avvicina al vecchio Inquisitore, e sempre in silenzio bacia le sue labbra esangui. Il vecchio sussulta. Gli angoli delle sue labbra sono scossi da un fremito; si dirige verso la porta, la apre e dice al prigioniero: “Vattene e non venire più… mai più, mai più!” E lo fa uscire per le buie strade della città”.
Gesù si allontana calmo e taciturno nella notte di Siviglia, dileguandosi nell’ombra. E l’Inquisitore? «Quel bacio gli brucia il cuore, ma persiste nella propria idea».
Niente libero arbitrio

Chi è la figura del grande Inquisitore? Il grande Inquisitore è un uomo di chiesa che sostiene di essere custode e divulgatore del messaggio di salvezza. Non crede, però, nel Dio in nome del quale parla ed opera. Questo il più grande paradosso.
È convinto che gli uomini, deboli e fragili, non siano in grado di sopportare la libertà di scelta. Capovolgendo la prospettiva, afferma di amare gli uomini: li sottrae al peso del libero arbitrio e restituisce loro la felicità attraverso il soddisfacimento dei bisogni materiali immediati. Nella sua convinzione, è stato un errore aver voluto portare la libertà ad un popolo che è incapace di usufruirne, un popolo che attraverso il potere della Chiesa pensa d’essere libero.
Proprio la Chiesa si è fatta carico dell’unica possibilità di rendere gli uomini felici e il ritorno di Cristo sulla terra danneggia quest’ordine raggiunto. Per questa ragione l’inquisitore gli ripete: “Perché sei venuto a infastidirci?”.
Ed io ho sempre trovato incredibile l’immagine di Cristo risorto e tornato tra la gente che viene contestato ed imprigionato dalla stessa Chiesa. La chiesa che trasformata vede il suo stesso creatore come un fastidio, un impedimento. Eppure è così lontana dalla realtà questa visione?
(Iperbole): il Cav redivivo

Adesso per passare dal sacro al profano nel commentare questo brano con la fantasia non sono riuscito ad impedirmi di creare alcune immagini che ne ricalcano le caratteristiche nella attuale arena politica e sociale. Ho immaginato ad esempio un redivivo Berlusconi che fantasiosamente risorto e tornato a fare visita al Partito che lui ha creato trova che la linea di questo seppur ispirandosi a parole al suo fondatore di fatto non segue più molte delle sue convinzioni. Eppure era una creatura assoluta del berlusconismo ed a lui è sopravvissuta solo in virtù della grande spinta emotiva legata al Cavaliere.
Ma io lo immagino entrare in sede tra lo sgomento dei dirigenti e dire ma come siamo contro Putin? Ma quello è un mio amico fraterno. Siamo appiattiti sulle posizioni della Von der Leyen? Ma quella è l’erede della Merkel che io non sopportavo e che ci ha fatto sempre la guerra. Non ricordate i risolini tra lei e Sarkozy di scherno? Abbiamo promosso lo ius scholae? Ma io sono sempre stato contrario l’ho dichiarato a tutti i venti. E così via, siamo contrari ai condoni? Non proponiamo la diminuzione della pressione fiscale? Decine di argomenti in cui silenziosamente il partito devia e molto dalle convinzioni del suo fondatore.
E allora preso coraggio l’attuale dirigenza, esattamente come il grande inquisitore di Dostoevskij, prenderebbe da parte il Silvio redivivo e gli direbbe ma Silvio queste sono posizioni passate, la situazione attuale richiede questo tipo di politica ci dobbiamo adeguare seguire la corrente. Ed alle sua ferme rimostranze probabilmente sarebbe spedito subito alla commissione disciplina sottoposto al giudizio dei probiviri ed espulso con effetto immediato dal partito.
Sempre con una buona dose di fantasia, ma neanche tanto sapete. Perché un Berlusconi, quello vero oggi sarebbe un problema per l’attuale dirigenza del suo partito ed il suo ritorno avrebbe fatto lo stesso effetto descritto nel libro di Dostoevskij. Turbamento degli equilibri e dell’ordine costituito.
Mangiarsi Grillo

E non pensiate sia l’unico esempio. Avete visto i grillini pochi mesi or sono rinnegare e fagocitare il loro creatore Grillo? Una scena raccapricciante. E pensate se vogliamo buttarci a sinistra se oggi tornasse un redivivo Karl Marx si riconoscerebbe nelle politiche del Pd? Osserverebbe le sfilate dei gay pride, gli attivisti ambientalisti incollarsi per terra o gettare pomodoro sulle opere d’arte, predicare l’immigrazione incontrollata.
Dimenticandosi completamente le lotte sociali, le classi più deboli. Cosa pensate che farebbe entrando nel dibattito di una qualsiasi direzione del Pd. Fuggirebbe a gambe levate inorridito. Così come loro gli darebbero del vecchio, superato.

Anche la letteratura contemporanea si è divertita ad immaginare i grandi ritorni nella storia. Avete mai letto “Lui è tornato”? Un romanzo dello scrittore tedesco Timur Vermes. Il libro racconta il risveglio di Adolf Hitler nella Berlino odierna, dopo che ha perso conoscenza al momento di suicidarsi nel Führerbunker.
Da questo sono tratti due film dal titolo omonimo uno in versione teutonica col ritorno del Furer ed uno italiana con quello del Duce. Entrambe non vengono riconosciuti ed anzi presi come fenomeni da baraccone e dileggiati.
Tutti questi traggono spunto dallo stesso concetto del grande inquisitore.
Matrice culturale

E ci fanno tornare alla straordinaria potenza evocativa del concetto di risurrezione. Della risurrezione di Cristo che è la matrice culturale di tutti i dialoghi millenari successivi.
Cristo ha dato all’umanità la opportunità di scegliere e di autodeterminarsi. Ma questa libertà è gravosa e molesta, ed è più facile affidarsi ad altri che assumersi responsabilità. Tutto questo l’Inquisitore lo sa perfettamente. La libertà di scelta conduce l’uomo a un bivio: il male o il bene?
La natura umana è dicotomica e dialettica: è spezzata a metà, sempre alla ricerca della sua strada. Il bene e il male sono divisi da una sottile linea: ed è proprio lì che giace il libero arbitrio. Il grande Inquisitore è una riflessione sulla condizione dell’uomo in ogni tempo e una rielaborazione di quei grandi temi che riguardano la filosofia morale e politica, la filosofia della storia e religiosa.
Accentua il potere del messaggio e la forza con cui Dostoevskij manifesta l’inadeguatezza dell’umanità nel gestire la libertà che gli è stata offerta con la venuta di Cristo.
Come Osiride, Mitra e Dioniso

La risurrezione di Gesù secondo alcuni sarebbe la storicizzazione del mito della divinità che muore e risorge, in analogia con i miti di Osiride, ma anche con quelli di Mitra, Dioniso, Attis. Ma nessuna delle civiltà pagane ormai scomparse e consegnate alla storia ha mai avuto la potenza evocativa della vicenda di Gesù.
Eppure anche questa seppur celebrata ricordata e festeggiata oramai quasi al pari di una vecchia festa pagana sembra perdere ai giorni di oggi la naturale potenza narrativa di una storia incredibile, affascinante e meravigliosa.
Ed anche oggi noi come il grande inquisitore siamo concentrati solo sul contingente, sull’attuale, preoccupati se questa esperienza incida o meno sulla nostra banale vita quotidiana e non ragionando più sul valore trascendente ed evocativo ma soprattutto simbolico della resurrezione della rinascita. Che seppur celebrata da tutte le civiltà vede nel mito cristiano il fulcro del concetto di rinnovamento, miglioramento, rinascita.
Credenti sbeffeggiati
Ed oggi nella nostra civiltà banale consumistica e materialista ci affanniamo nella ricerca della spiritualità chi buttandosi sul new age, chi alla ricerca di religioni alternative e banali. Siamo diventati così miopi e disincantati che se oggi si presentasse davvero Cristo risorto in terra come il grande inquisitore lo sbatteremmo in galera accusandolo di blasfemia e ridicolizzandolo.
Sui social verrebbero stigmatizzati coloro che credono definendoli complottisti e sfottendoli come il 5g o le scie chimiche e la stessa chiesa come durante l’inquisizione si scaglierebbe per prima contro il messia redivivo reo di disturbare la tranquilla gestione della chiesa ormai secolarizzata ed anestetizzata.

Beh se non volete finire in questo vortice di banalità oggi, pensate alla grande potenza del messaggio pasquale della Resurrezione. Non nella sua formalità festaiola rimpinzandovi di colombe ed uova, ma nella sua intima ed immensa portata morale, culturale e storica.
Risorgete sempre…
E non smettete mai di risorgere, anche quando sembra tutto finito, anche quando il mondo che vi circonda sembra schernirvi come fece il grande inquisitore. Anche se siete circondati da mistificatori ed usurpatori. Perché la potenza del messaggio di Cristo risorto non ha pari nelle culture di tutto il mondo è di una bellezza e di una profondità incredibile.
Ha cambiato il modo di concepire la vita ed il mondo negli ultimi due millenni. Risorgete, risorgete sempre, risorgete con tutta la forza che avete e non fatelo per gli altri: fatelo per voi stessi perché siete più forti di quello che credete.
Perché nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno.