Le reazioni della politica all'assoluzione, i paradossi ed il parallelo con un'Italia dove, a volerlo, se ne possono combinare di tutti i colori
Assolto per non aver commesso il fatto. Questa la sentenza del tribunale di Palermo sul vicepremier Salvini. Era questo l’avvenimento più atteso della settimana politica con le fazioni dei pro e dei contro che si erano lanciate in predizioni di salvezza o di sventura a più non posso.
Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e leader della Lega, ha certamente accolto con soddisfazione la sentenza di assoluzione nel processo Open Arms, dove era imputato per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio.
La vicenda risaliva all’agosto 2019, quando, da ministro dell’Interno, aveva impedito lo sbarco di 147 migranti soccorsi dalla nave della ong spagnola.
Evviva di Giorgia, Tajani tiepido
“Ringrazio il governo, Giorgia Meloni, tutti i ministri e gli italiani semplici che mi hanno detto: ‘Bravo Matteo, sono contento per te’” ha dichiarato Salvini durante l’intervista a Cinque Minuti con Bruno Vespa su Rai 1.
Ed a vario titolo tutto il governo ha espresso soddisfazione per questo risultato. La Meloni ha twittato subito: “Difendere i confini italiani non può essere mai un crimine. Una grande notizia l’assoluzione di Matteo Salvini. Proseguiamo insieme, con tenacia e determinazione, per combattere l’immigrazione illegale, il traffico di esseri umani e difendere la sovranità nazionale. Evviva!” Con quell’evviva finale che dice tutto.
Molto meno euforico Tajani che prima ha twittato: “C’è un giudice a Palermo! Un abbraccio a Matteo Salvini”. Poi qualcuno deve avergli fatto notare che il suo tweet non sembrava molto euforico allora ne ha prodotto un altro. “Sono felice che il Ministro Salvini sia stato assolto. Giustizia è fatta. Forza Matteo, avanti insieme per il bene dell’Italia e dei suoi cittadini!”. In cui ha aggiunto che era contento ed avanti insieme. Una spontaneità encomiabile.
Giulia che fece assolvere il Divo
Salvini non ha dimenticato il suo avvocato: “Sono grato anche a Giulia Bongiorno e al suo staff. Per me è una bella giornata. Anche se fossi stato condannato, non mi sarei arreso. Tuttavia, penso a chi non ha mezzi per difendersi e finisce ingiustamente in carcere: bisogna ripensare i tempi e i modi della giustizia in Italia”.
La Bongiorno, assurta alle cronache per aver fatto assolvere all’epoca anche Giulio Andreotti, uscita dall’Aula palermitana non si è risparmiata dal fare un mini comizio celebrativo con l’aria sconvolta della pasionaria.
Salvini ha poi rivolto critiche al centrosinistra e ai suoi accusatori. “Sono curioso di sapere cosa diranno ora i professoroni di sinistra che fino a mezz’ora fa mi consideravano un pericoloso razzista o fascista. Questo processo è costato milioni di euro agli italiani, ma oggi una sentenza del Tribunale ha detto chiaramente che non ho commesso alcun reato”.
L’impegno ribadito
Il vicepremier ha ribadito il suo impegno per gestire l’immigrazione regolare e contrastare quella illegale. “Quando visito i cantieri, vedo ragazzi stranieri che lavorano sodo per il futuro dell’Italia, e ne sono orgoglioso. Tuttavia, espellere chi non ha diritto di stare qui è un mio dovere, così come lo è proteggere i cittadini e gli immigrati regolari che vogliono un Paese sicuro”.
Salvini ha sottolineato che il problema “non è il colore della pelle, ma distinguere tra persone perbene e delinquenti. Gli italiani delinquenti dobbiamo tenerceli, ma quelli stranieri devono tornare nei loro Paesi”.
La sentenza rappresenta una vittoria per Salvini, ma anche un nuovo capitolo per riflettere sulle dinamiche della Giustizia e sulle politiche migratorie in Italia.
Elly la butta in politica
Molto pilatesca infatti la reazione dell’opposizione Segretaria del Pd in testa. “La nostra critica alle scelte di Meloni e Salvini oggi come ieri è tutta politica e non cambia di un millimetro perché è sulla politica che li batteremo – ha dichiarato Elly Schlein – Le sentenze si rispettano sempre, a differenza di quanto fa la destra, e la nostra dura opposizione alle loro scelte continuerà”.
E Giuseppe Conte ricorda che “i giudici sono un potere autonomo, è bene che tutte le forze di centrodestra lo tengano ben presente quando pensano di aver ragione e quando hanno un’opinione contraria. Prendiamo atto di questa sentenza, va rispettata e potrà essere commentata quando sarà depositata. Io quel che ho detto l’ho detto da testimone”.
Che tra le righe ci ricorda pure che dopo aver approvato i decreti con Salvini si era cimentato come testimone contro i suoi stessi decreti pur di far condannare il leader leghista. Una sorta di capriolismo interattivo impazzito che di certo lo avrà fatto rosicare doppiamente.
Saviano non pervenuto
Ma vogliamo a proposito dei rosicamenti parlare di Saviano? Che da settimane aveva pronosticato condanna certa per il nemico Matteo. Non si registrano commenti all’assoluzione. Sarà in religioso lutto. Infatti molti hanno interpretato questa sentenza un po’ come la sconfitta dei manettari italici.
Per alcuni la sentenza nei confronti di Matteo Salvini non sarebbe mai dovuta arrivare perché, a loro avviso, era già stata emessa. Di condanna, ovviamente, e senza possibilità di appello. Sono quelli dell’esultanza precoce, quelli che dal giorno dell’inizio del processo a carico dell’allora ministro dell’Interno non hanno smesso nemmeno per un minuto di festeggiare e di trattare l’imputato come un condannato in via definitiva. Fino all’altro ieri.
Ma le cose sono andate diversamente: ora il vicepremier è stato assolto. Da ogni accusa. E qualcuno, invece, resterà condannato ai propri pregiudizi. La lista di chi, nel corso degli anni, ha brindato preventivamente e sguaiatamente è lunga e trasversale.
American gigolò, anzi no: fagiano
Parte dalla politica italiana, attraversa il mondo dell’arte nostrana e sbarca perfino nel jet set d’oltreoceano. Tutti smentiti. Sì, perché il più grande fagiano di questa storia, diciamolo, è stato Richard Gere che direttamente dai mondi dorati e milionari di Hollywood era sceso in campo contro il vicepremier italiano arrivando in Sicilia a recitare la parte del difensore dei migranti per poi tornarsene nel suo cinque stelle extra lusso a ricordare i tempi in cui si faceva circuire dalle lucciole in strada in Pretty Woman.
Ma al di la di tutto questo circo mediatico io ho un opinione completamente opposta a tutti gli amici del centrodestra. Per me paradossalmente sarebbe stato meglio se Salvini fosse stato condannato. Certo lo dico per paradosso. Ma solo in quel caso si sarebbe compiuto il disegno mefistofelico di contrastare per via giudiziaria l’azione del Governo.
Progetto che invece impunito surrettiziamente si insinua nei gangli del Governo quotidianamente minandone le fondamenta, come per esempio nella vicenda Albania e in mille altri casi.
Quel meccanismo a tenaglia
Con una condanna si sarebbe evidenziato definitivamente il disegno già molto chiaro di una parte degli organi dello stato contro un’altra. Se poi Salvini fosse finito sotto le grinfie della legge Severino e fosse stato costretto a lasciare il proprio posto come molti politici hanno dovuto fare sarebbe stato ancora più chiaro il meccanismo a tenaglia creato attraverso leggi ad hoc in questi anni che prevede, come fu per Berlusconi , di poter abbattere con facilità qualsiasi politico scomodo.
Un meccanismo che pensavamo il Governo di centrodestra avrebbe doverosamente smantellato appena arrivato al governo. Lo aveva annunciato pure in campagna elettorale il ministro Nordio con una certa chiarezza salvo poi venire anestetizzato dalla premier e dai suoi sottosegretari.
Invece niente perché la destra al governo sotto sotto ha ereditato una certa filosofia manettara dal Movimento Sociale che poi fu anche il motivo di rottura tra Fini e Berlusconi. Con Fini difensore dei giudici che poi per contrappasso finì la sua carriera sotto processo.
Nordio e i “magistrati coraggiosi”
Basta registrare per ultime le dichiarazioni di Nordio sull’assoluzione Salvini. Parla di “magistrati coraggiosi” il ministro della Giustizia, Carlo Nordio: “Onore a questi magistrati coraggiosi. Questo processo non si sarebbe nemmeno dovuto iniziare, come scrissi anni fa come editorialista. Grave è stata invece la decisione politica di autorizzare questo processo, in contrasto con la legge costituzionale che tutela la carica ministeriale”.
“Processi come questo, fondati sul nulla, rallentano l’amministrazione della giustizia e sprecano risorse. Dopo l’agonia del processo Stato-mafia e questa assoluzione, credo sia necessaria una riflessione sul nostro sistema imperfetto”.
Guardasigilli che guarda poco
Ora queste sembrano, diciamocelo, le dichiarazioni di un impotente politico di provincia non certo di un Ministro della giustizia in carica. Registrano al di là del giudizio la più completa impotenza di fronte ad un meccanismo dove né lui né il resto della compagine governativa riesce ad incidere.
Non sembra colui che ha le redini della giustizia forte di una maggioranza schiacciante dove sia per competenze ministeriali sia per proposta legislativa si potrebbero prendere tutte le decisioni per invertire la rotta. No il ministro e con lui tutto il governo giubilano perché il vice premier è stato assolto ma dopo quattro anni di assurdo processo.
Dopo aver aspettato timorosi la sentenza fino a qualche istante prima. Ignari di quanto poteva succedere.
Dove sta il potere, quello vero
E così si chiude una settimana vissuta in maniera più assurda del teatro di Ionesco con una vittoria giudiziaria che è in realtà una vittoria di Pirro. Perché è vero che si è conclusa con una assoluzione ma ha dimostrato invece che il potere vero non risiede oramai nel governo ma in altri luoghi.
È sembrata più una prova generale. Perché potete giurarci che non sarà l’ultimo caso del genere. E diciamoci la verità di reati veri non se ne vedevano.se ci fosse stato qualcosa di serio sarebbe certamente finita in maniera diversa col risultato di mettere in crisi il governo dopo la condanna del suo vicepremier.
Ma la prova generale consisteva nel misurare la forza di reazione di un governo che a parole mostra i muscoli tutti i giorni ma nei fatti non ha cambiato praticamente nulla nel governo della giustizia.
Meglio assolto che martire
Serviva pure a testare il grado di abbandono in mare dei propri compagni di viaggio perché se Salvini fosse stato condannato, lui, sarebbe forse diventato un martire. Ma di certo qualche compagno di governo non si sarebbe risparmiato la frase aurea che dice “le sentenze si rispettano”.
In questo bailamme di dichiarazioni si sposa perfettamente con tutta questa vicenda la seconda notizia più curiosa della settimana. Quella che ha visto il ritiro dalle scene hard della famosa attrice Malena.
Malena: dal Pd alla castità
Assurta tempo fa alle cronache perché all’inizio della sua carriera era una componente del direttivo nazionale del PD. Dopo una lunga a gloriosa carriera ha deciso di smettere. Rocco Siffredi le ha dedicato un lungo videomessaggio dicendole che le sta vicino. Ma lei ha annunciato che non gli risponderà perché ha deciso di smettere definitivamente.
Ed in più ha dichiarato: “Adesso voglio tornare vergine”. Il parallelo perfetto con la politica italiana. Ne puoi combinare di tutti i colori nella vita ma in Italia se vuoi, e se ci sai fare, puoi sempre tornare vergine.