L'analisi del voto Usa e le prospettive che da noi neanche consideriamo: perché The Donald ha vinto e soprattutto grazie a chi.
È in atto una crisi isterica collettiva di livello planetario. Innescata dalla vittoria di Donald J. Trump alle elezioni presidenziali americane. Una quantità antologica di strani soggettoni generalmente dai capelli di colori variopinti e pieni di piercing dappertutto sta riempiendo i social con vari pianti greci, urla di disperazione in diretta e scene strazianti da fine del mondo.
E fanno bene. Perché questo Trump non sarà come il primo Trump, quello che ha governato gli Usa dal 2017 al 2021. Questo è un Trump corazzato. E fanno ancora meglio a disperarsi perché, memore delle esperienze passate, stavolta the Donald non farà prigionieri.
L’obiettivo? Una rivoluzione completa. E a giudicare dai primi video post elettorali ha le idee chiarissime ma soprattutto ha degli obiettivi chiarissimi. Primo atto la nomina del capo di gabinetto: una donna. Alla faccia del maschilismo tanto ipotizzato. (Leggi qui: Cinque novembre, il super martedì che cambia il mondo).
Susie la schiva: ma è di ferro
Susie Wiles, la vera organizzatrice della sua campagna elettorale. Silenziosa, schiva, carattere di ferro. È lei insieme a Chris La Civita ad aver messo su una macchina elettorale poderosa, niente a che vedere col 2016. Una campagna organizzata alla grandissima che non ha lasciato indietro nessun tema e nessuno spazio politico. Ed ha saputo anche moderare il Trump che conoscevamo e che al netto di qualche battuta sopra le righe non è caduto in nessuno dei tranelli degli avversari.
Da questa nomina appare subito un punto importantissimo. Trump non ha ereditato un Partito Repubblicano, lo ha ingurgitato e ne ha creato uno completamente nuovo di cui è leader incontrastato. Dunque stavolta vuole mani libere e niente fronde interne. Complice anche il fatto che i Repubblicani hanno trionfato sia alla Camera che al Senato e sono anche in maggioranza alla Corte Suprema. Una situazione ideale.
Ciao ciao vecchi marpioni
Altro segnale netto. Chi non ci sarà. Oggi il neo presidente in modo inusuale twitta che non faranno parte dell’esecutivo né Nikki Haley né Mike Pompeo entrambi vecchi marpioni ma osteggiati dalla base Trumpiana. Solo gente di fiducia, fregandosene di chi echeggia accentramenti di potere eccessivi. Stavolta userà tutte le possibilità che gli strumenti democratici gli attribuiscono. Fino in fondo.
Ed invece di riposarsi sta già mettendo in chiaro le cose editando almeno un video al giorno dove parla dei temi che affronterà. E ne parla in modo risoluto, deciso, operativo. Con misure già pronte per quando entrerà in carica. Partito in quarta nel primo discorso ha dichiarato guerra al Deep State, annunciando misure severe contro chi ha tramato contro lo stato. (Leggi qui: E’ la democrazia baby, e non sempre vince ciò che dice un sondaggio).
Poi sul Free speech, la completa libertà di parola ed espressione e basta censure. Continuando con la battaglia a tutto campo all’ideologia gender e woke, mai più insegnamenti fuorvianti nelle scuole mai più uomini vestiti da donne nello sport.
Reset alle misure dell’era Biden
Ha continuato con uno sull’immigrazione clandestina, suo cavallo di battaglia, azzererà le misure dell’era Biden. E poi un altro sulla droga in particolare, il Fentanyl una droga sintetica che sta devastando l’America che per i suoi effetti viene chiamata droga degli zombie. In cinque giorni ce n’è già per tutti e credo saranno lunghe a passare le settimane per la coppia Biden – Harris che opererà in pratica assediata fino al venti gennaio.
Trump non ha dimenticato l’Ucraina, telefonando al presidente Zelensky al quale avrà già sussurrato qualcosa sul suo piano operativo.
Alla telefonata ha partecipato pure Elon Musk, figura di particolare rilievo di questa campagna elettorale. E giù i giornalisti di regime a scandalizzarsi. Ma certamente in malafede perché non hanno compreso la figura di Musk in chiave Ucraina. Allora lo spieghiamo noi brevemente.
Pronto, Volodymyr? C’è pure Elon qua…
Il vero potere economico ed anche tecnologico non sono le auto elettriche e nemmeno le commesse in ambito spaziale per andare su Marte. La vera potenza è Starlink, la rete di più di seimila satelliti messi in orbita nel corso degli anni dalla società di Musk. Ebbene Musk ha gratuitamente messo a disposizione dell’Ucraina sia la connessione internet sul campo, indispensabile perché anche se i russi abbattono i tralicci non possono interrompere il satellite.
Ma soprattutto tutti gli armamenti in dotazione agli ucraini – dai droni alle bombe ai razzi e soprattutto alla dotazione difensiva – non potrebbero funzionare in maniera efficiente senza l’appoggio satellitare.
In poche parole se perdessero l’uso dei satelliti la guerra sarebbe già finita da tempo. Combatterebbero al buio. Ed allora partendo da qui analizziamo le figure chiave di questa campagna elettorale perché Musk ne è certamente la principale.
L’appoggio di Musk e i motivi
L’appoggio economico di Musk è stato fondamentale certo. Ma sbaglierebbe chi pensasse che ha costituito un vantaggio determinante. Basta guardare i numeri.
Trump, compreso le donazioni di Musk che ammontano a 119 milioni di dollari, ha raccolto circa un miliardo e mezzo di dollari. La Harris quasi il doppio cioè due miliardi e settecento milioni di dollari.
Non è stato dunque il solo apporto economico a fare la differenza ma la figura stessa di Musk unita ad una serie di nuove figure giovani preparate e ambiziose che hanno animato la campagna. Nuova in tutto anche nei metodi.
Tutti parlano di Musk e del suo appoggio. Se avessero sentito le sue interviste saprebbero che lui ha avuto due motivi personali fondamentali per questa scelta di campo. Il primo motivo. Quando Biden invitò le case automobilistiche alla Casa Bianca per parlare di auto elettriche invitò tutti tranne che la Tesla. La scusa fu che non erano sindacalizzati. La cosa lasciò tutti di stucco perché le big 3 americane non avevano ancora nessuna auto elettrica in listino mentre Tesla le ha praticamente inventate dal punto di vista industriale almeno. E Musk se l’è segnata ovviamente al dito.
Il consenso e la fine di un rapporto
Secondo motivo. Musk ha un figlio che è diventato transgender. Adesso si fa chiamare Vivian Wilson. Lui racconta che gli psicologi che lo seguivano lo ingannarono al fine di ottenere il suo consenso per i trattamenti del caso visto che era ancora minorenne.
Lo fecero convincendolo che se non avesse dato il consenso il figlio si sarebbe suicidato. Quella scelta di acconsentire lo ha segnato per sempre perché ha finito per distruggere definitivamente il rapporto tra i due con suo grande rammarico. Da allora Musk ha giurato di lottare contro la cultura gender e si è identificato nei programmi di Trump.
Chi pensa che sia solo per soldi è un ingenuo calcolando che già era l’uomo più ricco del mondo prima di Trump. E che nell’ultima settimana ha allungato sugli avversari. È bastata la vittoria alle elezioni per fare aumentare le azioni in borsa di trenta miliardi. Una cifra spaventosa.
Infatti non si è limitato a donare soldi, ma ha partecipato attivamente alle manifestazioni ed alle interviste in continuo. Segno di una partecipazione convinta.
Dark Maga e business gigante
Ed è stato molto seguito. Ad un Rally – così chiamano i comizi gli americani – si è presentato col cappello MAGA acronimo di Make America Great Again, lo slogan di Trump. Ma invece che nella classica versione rossa nella versione nera dicendo “sono un dark maga”. Beh, il giorno dopo di quei cappellini neri ne hanno venduti settantamila.
Ma oltre a Musk molte figure componevano questo nuovo dream team repubblicano. Il vicepresidente J. D. Vance. Giovane e preparatissimo nei confronti col suo omologo Walt lo ha sempre distaccato per preparazione e precisione. Voi direte ma Walt è uno che mette da governatore i tamponi assorbenti nel bagno degli uomini nei licei che ci vuole. E mica l’ho scelto io.
E che dire dei due super acquisti democratici Robert Kennedy e Tulsi Gabbard. Un Kennedy che vota Repubblicano è stato uno shock. Si occuperà di Sanità e Salute. Un campo molto delicato negli Usa. Make america health again il suo slogan. Rendiamo l’America sana di nuovo.
Tulsi Gabbard, donna hawaiana militare di carriera. Un carattere ed una preparazione impressionante ed una proprietà di linguaggio. Ascoltatala poi paragonatela alla Harris e vedrete la differenza. Lei era addirittura vicesegretaria del Partito Democratico. Ma sempre più delusa ha deciso di diventare Repubblicana e seguire Trump.
Quel mostro di Vivek
Protagonista nei dibattiti anche il brillante senatore di origine indiana Vivek Ramashwami. Un mostro di comunicazione: veloce, brillante, deciso. Una squadra giovane forte coesa. Ma non è stato solo questo l’apporto di Musk nella partita. L’acquisto di Twitter divenuto poi X è stato fondamentale per rompere il monopolio social. Infatti tutti i social più importanti del mondo e le società che li possiedono sono tra i maggiori sostenitori dei democratici.
E qui veniamo ad uno dei punti più importanti di questa campagna. Il ruolo dei grandi network televisivi e dei grandi giornali.
Diciamoci la verità, adesso lo ammettono anche i democratici, la Harris era un candidato vuoto. Costruito. Ma lo sapevano tutti. Nonostante questo il sistema di potere democratico ha tentato quello che io definisco l’esperimento finale. Cioè vedere se era possibile tramite la forza dei media e dei potentati economici eleggere una nullità a presidente degli Stati Uniti d’America.
Solo che invece della vittoria totale e definitiva del sistema mediatico questa elezione ha evidenziato la sua più grande sconfitta. Ha annullato materialmente il grande potere accumulato e consolidato negli anni del sistema mediatico televisivo culturale.
Come i media ti cambiano il mondo
Ed invece di analizzare le ragioni di questo tonfo sono rimasti attoniti a chiedersi il perché. L’unica soluzione che hanno trovato è dare la colpa agli elettori che siccome ignoranti ed incolti hanno votato Trump. Dunque secondo loro tutti i colti ed illuminati hanno votato Harris mentre i rozzi illetterati Trump.
Ma analizzando la logica dietro il ragionamento l’ignorante sarebbe colui che analizzando la società che lo circonda la vede cambiata in negativo. E reagisce col suo voto mentre il colto ed illuminato sarebbe quello che segue pedissequamente le direttive emanate dai media senza un minimo apporto critico senza fare domande. Il mondo al contrario veramente.
La verità è che questo sistema asfissiante dei media di regime ha raggiunto il suo colmo. Le persone hanno trovato gli anticorpi. Sono talmente colme di sciocchezze propagandate come verità assolute che le rifiutano sistematicamente. Adesso negli Usa tra poco gli anticorpi arriveranno anche da noi. Il sistema di dominio democratico dei media e della magistratura è destinato a fallire quando non è più credibile. Lo abbiamo appena visto in Liguria anche da noi.
Podcast Arma Suprema
Il bello è che chi non se ne è ancora accorto sono questi geni della comunicazione che tanto si erano impegnati a creare la rete perfetta per imporre gli argomenti voluti. Ma l’avete vista la Botteri, l’inviata La7, che sbigottita dopo aver detto fino al giorno prima che vinceva sicuro la Harris la notte delle elezioni si chiedeva pallida in collegamento come mai tutti i giornali e le tv e i social sostenessero la Harris ma gli elettori non si sono fidati di loro votando Trump. Ecco, nella sua spontaneità ha fatto l’analisi più veritiera.
Ma allora come ha vinto Trump con tutta la stampa contro? Stampa che lui da anni definisce fake news network. Ha vinto bypassandola completamente. Soprattutto con uno strumento infernale. I podcast. I podcast sono uno strumento ancora poco usato da noi almeno nei numeri ce ne sono già diversi ma pochi si occupano di politica in maniera efficace. In America invece sono seguitissimi e molti personaggi televisivi hanno abbandonato la tv per seguire progetti individuali e con grande successo.
Tucker Carlson e Megan Kelly ex volti di punta di Fox, Candace Owens giovane e pepata speaker di colore conservatrice. E poi Theo Von, i Nelk Boys, Andrew Shultz, Shawn Rayan. Tutti giovanissimi come Adin Ross amico di Barron il figlio minore di Trump che è stato l’ispiratore di questa campagna che ha spopolato soprattutto tra i giovani.
Che dire poi di Charie Kirk che da mesi gira tutte le università americane facendo podcast dal vivo negli atenei smascherando le ipocrisie woke. Ha creato un movimento gigantesco di giovani per Trump. E poi il canale date right stuff con Jon Mc Entee che quotidianamente produceva strisce ironiche che ridicolizzavano le scelte democratiche tra un panino ed un gelato. E Ben Shapiro un giovane ebreo seguitissimo per finire con Patrick Bet David un altro dei più seguiti. Questo era l’esercito della comunicazione di Trump.
Mma ed inclinazioni dem
Ma volete sapere quando ha vinto veramente Trump? Quando è andato ad essere intervistato da Joe Rogan. Certamente il più influente creatore con venti milioni di iscritti sul suo canale Youtube e sempre primo in classifica su Spotify nei suoi podcast.
Joe Rogan è noto per essere anche il più famoso commentatore dell’Ufc negli incontri di arti marziali miste. Joe Rogan non è Repubblicano ha sempre parteggiato per i Democratici con qualche simpatia per Robert Kennedy sui temi della salute. Rogan non aveva mai voluto Trump in trasmissione, non voleva favorirlo. Alla fine amico di Dana White il proprietario dell’Ufc, di Musk e di Kennedy ha invitato entrambe i candidati sia Harris che Trump.
Trump ha accettato subito. La Harris ha fatto sapere che era occupata e che si riservava e che comunque voleva avere delle domande in anticipo, come sempre.
Ora il format di Rogan è particolare. I suoi ospiti stanno in studio per un colloquio di circa tre ore. Tre ore sono tante. Ma hanno un pregio: in tre ore non puoi fingere di essere un altro. Esce la tua personalità, il carattere, la preparazione. Soprattutto non puoi leggere le risposte dal teleprompter o dagli auricolari come faceva la Harris.
Tre ore per sgamare un candidato
Beh Trump si presenta, la trasmissione dura tre ore. Era proprio il giorno in cui la Harris lo aveva chiamato Hitler. Invece in trasmissione appare pacato, preparato, umano. Spesso anche divertente. Tre ore volate via con piacere. Risultato? Il podcast fa in due giorni 48 milioni di visualizzazioni un record assoluto per il programma. Nonostante youtube grande sostenitore della Harris lo abbia boicottato non mettendolo tra gli argomenti più visti.
Annienta le illazioni di Harris sul nazismo e mostra il volto più umano di Trump. Ecco se volete la data esatta in cui Trump ha vinto è la sera in cui è stato tre ore con Joe Rogan.
La Harris poi si è rifiutata di andare diceva per mancanza di tempo è andata invece ad un podcast di un tizio di colore che l’ha intervistata senza pedalini e con una giacchetta due misure più piccola. Col risultato misero di sole trecentomila visualizzazioni. Avete capito la proporzione quarantotto milioni e trecentomila.
Dopo il danno anche la beffa Rogan offeso del fatto che la Harris lo aveva snobbato alla fine ha dichiarato che avrebbe votato Trump dopo che lo aveva detestato da sempre.
Manosphere: chi traina davvero
Ecco queste sono le armi che hanno reso Trump invincibile in questa elezione. E nessuna di queste è passata per televisioni o giornali ufficiali. Una rivoluzione copernicana che ha annichilito il mainstream distruggendolo.
Per questo hanno coniato anche una nuova espressione: Manosphere. Questo assortimento di influencer per lo più giovani e maschi che rappresentano sempre più la forza trainante della comunicazione moderna. Ed io per passione ho potuto approfondire questi temi divertendomi a fare nottate ad ascoltare i rally, i podcast ed avevo un idea precisa di come andava la campagna.
Ma voi avete mai letto qualcosa del genere sui media italiani? Sui giornali, sulle tv? Vi hanno rimbambito per mesi con critiche e prese in giro verso Trump ed adulazioni immotivate per la Harris. Risultato? Grande toppata nelle previsioni.
Perché se tu speri che la tua opinione diventi realtà solo perché la dici tu e ne si convinto tu fai il più grave esercizio di prosopopea. L’assioma che i grandi media sostengono un candidato e quello vince è finito da tempo. E l’elezione di Trump ne è il definitivo requiem. Ed a quanto pare dalle analisi di questi giorni nessuno se ne è davvero reso conto.
Quel che pensi diventa realtà? Mica sempre
E Trump è riuscito a vincere anche al riparo da situazioni un po’ strane. Una già l’ho citata. Rispetto a Biden sono spariti tredici milioni di voti Democratici. Tutti la considerano la prova dei voti gonfiati delle scorse elezioni. I voti postali sono stati nella stragrande maggioranza per i Democratici.
Anche in stati a forte trazione Repubblicana praticamente vincevano nei voti postali sempre e comunque i Democratici. Un caso molto singolare.
Ma forse la coincidenza più particolare è questa: ricordate gli Stati che avevano eliminato la necessita di votare con un documento? Ebbene in tutti gli Stati in cui non serviva il documento e dico proprio tutti nessuno escluso ha vinto la Harris. No documento vittoria Harris. Singolare no?
Ma stavolta Trump ha avuto talmente tanti voti da non preoccuparsene. Se voi avete occasione guardate la mappa degli Stai Uniti all’inizio di questo paragrafo per contee non per stati. Vi apparirà una enorme distesa rossa che è il colore dei repubblicani e poche macchiette blu nelle zone dei grandi centri urbani.
I veri sondaggisti? I broker
Io nel mio piccolo sono soddisfatto delle mie previsioni, questa volta oltre al presidente ho indovinato anche il numero esatto dei voti che avrebbe preso 312. L’ho anche scommesso e con la piccola vincita pagherò un cena modesta agli amici.
Più bravo di me è stato un tizio francese Theò, che ha scommesso su Donald Trump puntando 30 milioni in criptovalute su Polymarket, ed ha incassato 85 milioni dopo la vittoria del tycoon. Un guadagno netto di 55 milioni di euro.
Ed ecco un altro segreto elettorale. Alla vigilia del voto Polymarket, piattaforma creata quattro anni fa, aveva dato il candidato Repubblicano in testa con il 55,1% di probabilità di riprendere la Casa Bianca contro il 41,9% della Harris. La percentuale di vittoria di Trump è sempre via via cresciuta arrivando nella serata finale fino all’ottanta per cento.
Ed ecco la grande differenza i sondaggisti della domenica si possono permettere di fare sondaggi azzardati a sostegno tanto non ci perdono soldi e pensano di influenzare gli elettori. Gli scommettitori no loro fanno previsioni realistiche perché poi devono pagare e non possono sbagliare. Allora la prossima volta invece dei sondaggi guardate prima i siti di scommesse vedrete che non sbagliano.
Sembra ridicolo da dire ma il sistema dell’informazione è talmente corrotto ormai che fa più testo un sito di scommesse che un grande giornale o una grande tv.
E adesso, cara Ue, che succede?
Ed ora arriviamo alle conseguenze per l’Europa. Che tramite i soliti canali ufficiali sparge terrore sulle future decisioni di Trump. Ci sarebbe da scrivere altre dieci pagine solo su questo ma sarò molto sintetico. Dormite tranquilli.
Se aveste un po’ di memoria storica ricordereste la scorsa elezione di Trump sempre la stessa solfa non pago più la Nato, metto i dazi a tutti. Poi che è successo? Niente perché lui è un commerciante e tutti questi annunci servono solo a creare le condizioni per la trattativa.
I dazi sul vino e alcuni generi ce li ha già messi anni fa manco ve ne siete accorti e anzi se guardate la bilancia delle esportazioni Italia – Usa è cresciuta esponenzialmente in tutti gli anni di governo Trump a nostro favore.
Ursula sbaglia, ancora
La Von der Leyen per non sapere ne leggere ne scrivere ha già detto che è tanto conveniente comprare gas dagli Usa e che vuole anche il loro petrolio. Come a dire tranquillo Donald che siamo buoni clienti.
Ma anche lei sbaglia analisi. Se veramente Trump che ha pronti già trecento ordini esecutivi per il venti gennaio metterà mano alle ideologie woke. Poi a a quelle del climate change, a quelle gender, stroncandole alla radice.
È evidente che l’Europa che le ha scimmiottate in tutto e per tutto si troverà in un cul de sac dove dovrebbe continuare a sostenere tesi che gli Usa le hanno imposto anche adesso che quegli Usa hanno cambiato direzione. Farebbero la fine di quei giapponesi ritrovati dopo anni sulle montagne a guerra finita. E la fine di tutti queste ideologie artificiali e molto molto costose, mia personalissima opinione, saranno solo un bene per l’Europa.
Tema bellico: compromesso cercasi
Resta il tema guerra. Trump sostiene Israele. Non recederà. Secondo me però Israele accelererà adesso sotto Biden le operazioni per arrivare a fermarle quando arriverà Trump. Diverso il caso dell’Ucraina.
Dove Trump è stato chiarissimo cercherà un compromesso. E non gli interessa se qualcuno resterà scontento, quindi in un modo o nell’altro fermerà quella guerra inutile. A meno che Putin non gli manchi di rispetto e gli faccia saltare la mosca al naso allora Trump diventerebbe imprevedibile.
Ma una cosa non cambia per i democratici guerra equivale a economia. Prima per le armi poi per la ricostruzione. Trump non è sostenuto dalle lobby delle armi. Ma molti sono interessati alla ricostruzione e non ci può essere ricostruzione se non è finita la guerra. E Trump come sempre da provetto imprenditore guarderà agli utili.
Il timer delle urla “piagnone”
Per il resto tutti questi psicolabili che piagnucolano in video che urlano alla fine del mondo uniti a tutti gli analisti farlocchi dei vari giornaloni urleranno ancora qualche giorno. E poi si acquieteranno come hanno sempre fatto. Tutte le star di Hollywood reduci da questa colossale figura di palta che hanno annunciato che sarebbero emigrate alla vittoria di Trump resteranno pacifiche col culo al caldo nei loro villoni dorati. Tranne quelli che sono sulle liste di Epstein e di Diddy che Trump ha promesso di desecretare. Quelli è meglio che iniziano a partire.
I rimanenti si autoconvinceranno di essere un élite illuminata ma che hanno vinto gli stupidi perché incolti e babbei. Mentre loro che sono scienziati non si sono fatti capire dal popolo bue. Talmente bue il popolo che li ha sconfitti sonoramente.
Mentre loro talmente intelligenti e preparati da mettere una candidata che non sapeva parlare se non leggendo un teleprompter. Che non andava in trasmissione se non aveva le domande prima. E che ripeteva le stesse frasi a memoria come i bambini la poesia di Natale in piedi sulla sedia ambendo ai soldini sotto il piatto.
Joe, il più fico del bigoncio
Adesso tutti a dire che non era adatta. La Pelosi ha dato la colpa a Biden che non si è levato dalle scatole prima così avrebbero potuto scegliere un’altra. Offendendo entrambi in un colpo solo.
Ma il più fico di tutti è proprio lui Biden. Con quel sorrisetto mefistofelico. C’è chi ha scommesso che ha votato Trump. Chi dice per errore, chi per vendetta. Fatto sta che da quando ha vito Trump si è ringalluzzito lo ha già invitato per mercoledì alla Casa Bianca.
Alcuni dicono che spera nella grazia per il figlio Hunter per i suoi guai giudiziari. Altri che non ha mai sopportato la Harris.
Comunque vada vale sempre la massima di Andreotti a pensar male si fa peccato ma spesso…