Il prof di Frosinone in trasferta al Nord analizza l'efficienza settentrionale e l'indolenza del Sud. E ci ricorda la teoria "delle finestre rotte". Se qualcosa non funziona ispira a fare peggio.
Sempre gli stessi amici (pochi) che mi leggono puntualizzano sulle mancanze del mio pezzo precedente: stavolta la conclusione lascia aperti non pochi problemi; il pezzo infatti termina con delle domande anziché fornire risposte: “perché ancora nel XXI secolo continua il travaso di risorse umane da Sud a Nord, con annessi costi economici e sociali anche molto elevati? Perché il Sud non è capace di “imitare” i modelli produttivi e organizzativi di regioni quali l’Emilia-Romagna, la Lombardia o il Trentino Alto-Adige? Perché la qualità della vita ed il senso civico al Nord sono maggiormente sviluppati, al netto di fenomeni comuni come la corruzione, variamente distribuita da Nord a Sud?
Ora, premesso che farsi delle domande è sempre più indice di buon senso (se non di intelligenza) nell’era conclamata del webete che invece ha sempre e solo certezze, proverò a forzare la mia natura e a fornire alcune risposte al tema della questione (mai risolta) meridionale. Essa risiede fondamentalmente in una concomitanza di ragioni: storiche e – diremo così – psicologiche.
Da dove si parte
Le ragioni storiche le ho già esposte nei pezzi precedenti: nel Nord d’Italia dominazioni assennate e illuminate così come lo sviluppo della civiltà comunale nel Medioevo hanno permesso (pur con alcune eccezioni) che si sviluppasse un maggior senso della comunità, uno spirito di libertà e autonomia a vantaggio dello stare insieme, della nascita di un senso di responsabilità del cittadino e di fiducia nelle istituzioni. (leggi qui Allo specchio dopo vent’anni e scoprire che siamo rimasti come ai tempi del Papa Re)
A confutare in parte questo ragionamento vi è però un fatto singolare che riguarda la storia d’Italia di buona parte del XX e XXI secolo (di cui pure s’è parlato in precedenza): schiere di italiani del Sud si sono spostati al Nord, integrandosi benissimo e divenendo a tutti gli effetti lombardi, emiliani, veneti o piemontesi. Dunque, le ragioni storiche non spiegano del tutto il fenomeno. A quelle storiche subentrano ragioni psicologiche, si diceva. (leggi qui Se l’efficienza del Nord poggia sul lavoro degli emigrati da Sud)
Immaginate di camminare in una città e, d’un tratto, dovete gettare delle cartacce. I cestini sono molto distanti e, automaticamente, guardate per terra. Se vedete che c’è già della spazzatura, le probabilità che buttiate le vostre cartacce per terra aumentano; però, se la città nella quale vi trovate è ordinatissima e pulitissima probabilmente ci penserete dieci volte prima di buttare qualcosa fuori dal cestino. Questo è ciò che è esemplificato dalla celebre teoria delle finestre rotte.
La teoria delle finestre rotte
Essa sostiene che gli aspetti imperfetti dell’ambiente generano la sensazione che la legge non esista. Lasciando due automobili abbandonate, una in un quartiere povero e conflittuale, l’altro in una zona ricca e tranquilla il risultato è facile da prevedere: l’auto nella zona povera, dopo poche ore, si trova già in pessime condizioni, mentre quella lasciata nel quartiere più ricco, conserva le medesime condizioni di quando vi era stata messa. Dopo una settimana, l’auto nel quartiere povero viene totalmente distrutta, mentre quella lasciata nel quartiere ricco non presenta nemmeno un graffio.
Gli psicologi allora apportarono una piccola modifica all’esperimento: ruppero il vetro della macchina che si trovava in perfette condizioni. Il risultato? La macchina venne ridotta come quella che si trovava nel quartiere povero. La conclusione dell’esperimento allora fu che il vetro rotto dell’auto come le cartacce per terra trasmettono l’idea di disinteresse, noncuranza, mancanza di regole, di senso della comunità e di responsabilità.
Tra Nord e Sud
Allo stesso modo io guardo ai rapporti tra Nord e Sud d’Italia (con le dovute eccezioni, si capisce). A sud del Tevere ragioni storiche hanno portato ad uno scarso sviluppo del senso civico e del rispetto delle regole. Il quale poi per ragioni psicologiche ha portato ad un sentimento di rassegnazione e frustrazione che affligge ahimè la maggior parte delle genti del Sud. Il tutto in un circolo vizioso difficile da fermare (anche se con alcune eccezioni, ovviamente).
Al Nord al contrario una spirale positiva vede servizi e opportunità migliorare tendenzialmente negli anni. L’emigrazione da Sud a Nord conferma quanto si è detto.
Non si spiega in altro modo il fatto che nella mia cittadina nessuno (soprattutto tra gli amministratori) ritenga doveroso chiudere il centro storico alle auto e restituirlo ai pedoni; o che un fiume con un enorme polmone verde intorno non venga valorizzato e difeso anziché trattato come enorme latrina e circondato sempre più da colate di cemento.