
Gli smartphone e quelle volte dorate, sembra che nessuno resista ad immortalare meraviglie, ma la meraviglia è l'orrore del selfie
Partire a mezzanotte, percorrere l’autostrada e il raccordo anulare deserti, parcheggiare miracolosamente in via del Crocifisso e arrivare in meno di dieci minuti in coda ad una fila che sa di umanità. Interculturale, con suoni e linguaggi differenti. Nell’attesa di raggiungere il varco per i controlli, ci si interroga sulla provenienza di ognuno.
Sulle motivazioni che hanno spinto intere famiglie, molti giovani, madri e figli, nonni e nipoti, ad affrontare un viaggio in treno lungo anche sei ore.
Aneddoti e risate

“Sa, la Liguria è davvero molto mal collegata, a meno che non vuoi partire da Milano. Siamo arrivate adesso, inutile aspettare fino a domani mattina all’alba”. Ci sono missionari, suore, coppie di anziani. E diverse comitive in gita scolastica. O almeno, si comportano come tali.
Sghignazzano, si raccontano aneddoti, ascoltano messaggi vocali ad alto volume, commentano divertiti. Siamo ancora distanti, sarà un modo per ingannare il tempo che manca fino alle transenne che sembrano non arrivare mai. Mentre nel buio la maestosità del Colonnato del Bernini indurrebbe ad un atteggiamento senza dubbio più sobrio e meno rumoroso.
Ma la situazione non migliora. Anzi, tutt’altro. Ci allontaniamo da un gruppo di scalmanati che pensano di fare quattro chiacchiere al bar. E ne troviamo altrettanti. In pratica hanno scelto una movida alternativa.
Progredire di un metro

Contemporaneamente, parte la fronda dei ‘furbi’, pari a quelli che vogliono superare la fila delle vacanze utilizzando la corsia di emergenza. Sorpassano alcuni, poi altri. Alla fine la folla reagisce. E allerta chi è preposto ai controlli. Sarebbe davvero il colmo se, in attesa di rendere omaggio ad un Pontefice pacifista, si scatenasse una guerra per saltare qualche decina di persone educate e rigorosamente in attesa del proprio turno.
Sembrava di aver visto il peggio, tutto sommato. E invece non è così. Non appena superiamo la Porta, è un fuggi fuggi verso l’accaparramento del posto migliore per mettersi ancora in fila.
Lo spazio è più ampio, una botta qui e una lì fanno progredire di qualche prezioso metro.
Le risorse e gli smartphone

E’ trascorsa una mezz’ora dopo l’una. Nessuno, a colpo d’occhio, mostra segni di cedimento fisico. E’ tempo di impiegare il massimo delle risorse nella più consolidata delle abitudini. Gli smartphone si levano verso quelle volte dorate, sembra che nessuno resista ad immortalare meraviglie artistiche che tutti ci invidiano nello sconfinato mondo.
Ma non è così. Non è sete di cultura. Né ansia di documentare il bello. Sono solo le prove generali di avvicinamento al Santo Padre. Si accendono le lucette rosse, partono in simultanea un numero imprecisato di dirette che ritraggono le capocce di chi è davanti. In attesa che si spostino e appaia Francesco.
L’età media di chi si sta improvvidamente calando nel ruolo di reporter occasionale con fame da social è un colpo al cuore. Supera ampiamente i 50. E quando gli viene intimato di non registrare né scattare, la delusione prende il sopravvento. Ma come, ho fatto due ore di fila, di notte, e me ne torno a casa senza neanche un’immagine sfocata?
Da lì, inizia una delirante via di fuga, una ricerca del punto anche più lontano. Da cui prendere un’angolazione imprevista.
Trofeo assicurato

Poi, accade il miracolo. Scatta il cambio della guardia per chi vigila giorno e notte sulla salma. Ed è l’apoteosi. Quei colori sgargianti delle divise delle Guardie Svizzere hanno l’effetto di un cocktail adrenalinico. Le videocamere si attivano praticamente da sole.
Il trofeo è assicurato. Mentre a casa si commenterà che è stato davvero emozionante rendere omaggio ad un Papa umile e coraggioso. Rivoluzionario anche nel linguaggio. E che utilizzava i social media per essere più vicino a tutti nel mondo. In più lingue. Senza aggiungere che forse avrebbe gradito un banale segno della croce ed un eterno riposo.
Anche se pronunciato allontanandosi frettolosamente per non rallentare la fila. Di altre centinaia di smartphone e di una voce stridula che, pensando di essere divertente, commenta ridendo che quelle guardie “sono pronte ad infilzare chiunque cada per sbaglio nel recinto”.
Peccato. E’ la voce di una donna. E questa volta è con la ‘d’ minuscola.