Historia. Magistra vitae… ma insegnare resta una missione

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

 

Rita Cacciami di RITA CACCIAMI

Vice direttore de L’inchiesta Quotidiano

 

Posso dire una cosa? Chiedevano un tempo i piccoli per attirare l’attenzione degli adulti. Adesso lo urlano ai loro pari i grandi, si fa per dire, per poter prendere la parola. O fingere di farlo. Perché in effetti i contenuti sono scarsi. La forma zoppica, come soleva dire la mia docente di Lettere al liceo. Quando per indicare un libro citava l’autore. Si studiava sul Petrocchi, il Pazzaglia, il Petronio, il Guglielmino. Oggi al massimo si citano i post. E i capoversi di Mengoni, Emma e Fragola. Manco fossero salmi biblici.

Intendiamoci, non erano mica tutti da Accademia della Crusca, quei professori di una volta. Anzi. A spiccare erano in pochi. Nel bene e nel male. Se un colosso (ai nostri occhi anche fisico) come “La Salveti” inseriva un termine nel tuo vocabolario quotidiano, veniva subito scolpito nella pietra per sempre. Così come le rime di Catullo in lingua originale e i contorcimenti notturni di Foscolo. Nessuno oggi si sognerebbe di utilizzare il cognome del consorte. Lei ne andava, giustamente, fiera. E infatti moltissimi neanche conoscevano il suo. Ma non era certo un problema. Il suo incedere in corridoio preannunciava quello scorrimento dell’elenco sul registro. Dall’alto in basso e viceversa. Ma l’adrenalina che scaricavi sul pavimento in quel quarto d’ora accanto alla cattedra era pari ai quattro goal segnati nella partita di calcetto dopo cena.

Non a caso un bel giorno un’alunna svenne. Nel senso che cadde giù. Se per vero stress o magistrale recita non fu mai stabilito. Ma il tre che meritava fu sventato. Almeno quella volta.

Sul diario di allora conservo un mare di ricordi. E tante stelline disegnate ossessivamente durante le spiegazioni. Una in fila all’altra. Pagine di costellazioni ma anche frasi registrate con diabolica precisione. Lui, il piccolo prof di statura e non solo era l’autore più citato. Quello del “se ogni volta che fate chiasso mi alzassi e me ne andrei” o “tu e qualcun altro stai per uscire” per finire con “l’autore questo problema lo si è posto”. Con postilla a chiudere “questo te l’hai sbrigato un po’ in 4 e 48”.

Oggi sorrido. All’epoca pure e la testa era altrove. Ma quell’ironia un danno lo ha fatto. In tanti, quella materia non l’abbiamo mai studiata. Se non da soli o per studi scelti a venire. A tutti gli altri è rimasto un buco. E allora pensi che oggi come allora insegnare è una missione. Con gli strumenti giusti, trasferisci e valorizzi. Fai crescere ed emergere. Se non hai contenuti e passione, meglio fare altro. Gli alunni non sono merce da esporre o lasciare nel retrobottega. Ma uno specchio nitido che ti rinvia un’immagine.

Con giudizio inappellabile anche alla distanza.

 

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