La paura del terremoto e il tiramisù di Michele

[LO STILETTO DI RITA] Il bradisismo nei Campi Flegrei apre riflessioni profonde sulla gestione emotiva dell'emergenza causata dalle calamità naturali. La sincerità dei bambini è una lezione per tutti

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

Quando c’è un’emergenza siamo tutti incollati davanti alla tv. O a ‘scrollare’ freneticamente immagini e aggiornamenti, agenzie di stampa, audio e video sullo smartphone. E’ quasi una febbre epidemica che i comunicatori conoscono fin troppo bene e cavalcano a dismisura. Per non perdere nemmeno un clic.

Nelle scorse ore, timor bellico a parte, metterei al primo posto il bradisismo in Campania. Anche se le alluvioni in Toscana, e prima ancora in Emilia, nelle Marche e non solo, hanno sempre dato conto di quel che accade nel migliore dei casi. Quando il fango prende il posto di comando nei negozi, negli scantinati, nelle abitazioni. Tutto da buttar via o quasi. E noi, fortunati spettatori di turno, a compatire chi viene preso in braccio da un carabiniere nel sottopasso. O aiutato a salire su un gommone che naviga in città. Proprio lì dove il giorno prima si attraversavano tranquillamente le strisce pedonali.

Un’altra percezione della paura

Poi l’attenzione si sposta sui Campi Flegrei, nelle zone rossa e gialla. Lì c’è un’altra percezione di paura. Più subdola. Si lavora, si studia, si fa la spesa. Ma in costante tremolio. Fino alla botta grossa. Quella che ti fa uscire alla svelta. Magari tra crepe e calcinacci.

L’immagine di un’alluvione (Foto: Carlo Carino © Imagoeconomica / AI MID)

Proteggere gli anziani. Sostenere le mamme. Offrire aiuto psicologico. Mentre la maggior parte delle persone sovrappone domande, stratifica emozioni, cerca inutili conferme. Perde la calma con le istituzioni. Con la politica. Con la protezione civile. Con chi non apre i cancelli.

Si usano i megafoni per allertare la popolazione. E il megafono digitale per chi utilizza i social. I controlli nelle case, le scuole chiuse, i dubbi e le paure. Già, le paure. La protezione civile ha organizzato in modo sistematico una serie di servizi per la popolazione: incontri con esperti, specializzati in psicologia dell’emergenza, psicologi Asl. Obiettivo: condividere le emozioni. E imparare ad affrontare i momenti di stress, di ansia e preoccupazione.

L’insegnamento dei bambini

I bambini hanno una marcia in più (Foto: Can Stock Photo / Zurijeta)

Poi ci sono i momenti divulgativi. Quelli per capire, per saperne di più sulle scosse. Senza trascurare i più piccoli. Per loro, attraverso il gioco si insegna come ci si comporta durante la fase di rischio. Ma è proprio dai bambini che si apprende che tutto questo non basta. Che spesso si impara qualcosa di nuovo. Come ha spiegato il presidente dell’ordine degli psicologi della Campania. Mostrando una pagina del ‘diario della gratitudine’ di un bimbo di 7 anni. Che già di per sé è un ottimo esercizio da estendere a tanti altri. Ben più grandi.

Alla voce sono grato per…ha scritto “non essere morto sotto la scossa 4.4”. E alla domanda come avrei potuto migliorare la giornata? ha servito un inatteso mangiando il tiramisù.

Firmato Michele, campione di sincerità. Ma questo lo aggiungo io.