La vita (da cani) del giornalista

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

Non ci avevo mai riflettuto abbastanza. Se sei giornalista, la tua esistenza è quanto meno considerata sui generis dagli altri. E vissuta sopra le righe da te che sei il diretto interessato. Al quale sembra normale rispondere al cellulare o ai messaggi all’alba, nel cuore della notte o nel bel mezzo del pranzo di Natale. A chi ti dorme e mangia accanto un po’ meno. Anzi, lo trova intollerabile. Per la serie del “sempre connesso”, così se arriva una notizia non rischi di perderla per strada. Mentre c’è chi ti dice che sei forse malato. Non a torto.

Sei fotografo, intervistatore, impiccione oltre misura, discreto consulente se richiesto, confessionale aperto come un self service per chi lo merita. E questo può anche significare qualcosa di buono. Non lo è altrettanto avere sempre una parola giusta per tutti. E la pazienza di ascoltare qualsiasi cosa che sembra vitale ad alcuni. Ma di pochissimo valore per altri. Così da dover decidere, spesso in pochi minuti, cosa farne di quel che sai. E barattare altro che ancora non conosci.

Insomma, pare il risiko invece è una specie di lavoro.

Che ti porta ad alzare la voce, parlare ininterrottamente, andare sempre di fretta anche quando bisognerebbe prendersela comoda. Facendo jogging all’ora di pranzo. E rispondendo ad sms e whatsapp. Arrivando a sbocconcellare una sorta di pasto (freddo) non prima delle 3 del pomeriggio. E finendo per cenare quasi a mezzanotte. Da solo, ché gli altri hanno già digerito da un pezzo e non hanno più voglia di aspettarti. Anche perché stanchi delle fregature che gli tiri ogni volta che prometti di uscire prima e sì, fare in tempo per una pizza tutti insieme. Salvo poi chiamare due tre volte almeno per segnalare un’emergenza e ancora qualche minuto di ritardo. Alla fine pagano il conto e tornano a casa. Senza di te.

Momenti in cui ti senti davvero fuori posto. Salvo poi attendere il riscatto. E quello arriva sempre, prima o poi. Come quando il cane di famiglia, metti che casualmente sia un husky pronto a fuggire, scappi di nuovo. Nel giro di un quarto d’ora organizzi uno squadrone di ricerca. Allerti i vicini di casa, il gruppo fb della contrada, i tuoi colleghi, l’avvocato, l’addestratore. E ti tieni in contatto con marito e figlio fuori provincia.

Individuato il quadrupede allergico ai comandi posizionato accanto a due cavalli, manco fossimo in una puntata di CSI il team riesce a fermare il fuggitivo. Tu ringrazi tutti e speri che non ti fischino troppo le orecchie quando ti allontani. Intanto loro sperano che si smemorizzi la rubrica e tu possa perdere tutti i loro numeri.

Soddisfatta guardi il tuo infedele cucciolone e pensi che sì. Se non fossi giornalista forse non lo avresti mai potuto riportare nella sua cuccia così in fretta, ma questa volta hai davvero esagerato. Mancavano polizia provinciale e forestale, ma eri pronta a chiamarli se solo fosse passato un quarto d’ora in più.

 

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