
Tutti ricordiamo il nostro 1992. Sia il giorno del cratere a Capaci che della carneficina in via D'Amelio. L'onda lunga degli uomini quando vengono fatti eroi attraversa il tempo. E forse ha regalato ancora più forza e coraggio ai bimbi di Cassino
Ho la lacrima facile. Da sempre. Mi permette di associare i ricordi, quelli tetri in bianco e nero e quelli fantasiosi a colori. E nella Giornata della Legalità riaffiorano entrambi. Tutti ricordiamo il nostro 1992. Nitido geolocalizzarci mentalmente sia il 23 maggio che il 19 luglio.
Quando il cratere nell’asfalto mortale di Capaci appariva in tv ero una mamma in attesa della mia piccola, che avrei dovuto conoscere a luglio. E invece, non andammo oltre l’ultimo giorno del mese di maggio. A luglio, la felicità aveva superato ogni limite e i tre chilogrammi.

Trentadue anni dopo, tutta Italia ha commemorato, ricordato, declamato, promesso. E spesso anche pianto. Io ero tra i bambini e gli adolescenti di una scuola in marcia. Una camminata strana, quasi sospesa nel vuoto di una città avvolta nel clima di campagna elettorale. Dove non vai se non sei. E quindi non condividi nemmeno luoghi e persone che meriterebbero attenzione trasversale.
Come i piccoli della scuola dell’infanzia che, uniti l’uno all’altro, camminano come in cordata dietro ad uno striscione che non sanno neanche ancora leggere. Un corteo che si sviluppa in altezza, dal più piccolo al più grande e prende forma tra i cento passi e la voglia di prendere parte a qualcosa di importante. Sfila un prete dinoccolato come don Aniello, la voce rauca e la mente sempre a Scampia. Sfila un gigante buono come Gianmarco, peso massimo anche di sensibilità.

Tutto bene. Tutto secondo il programma, fino a quando non si arriva alla consegna delle borse di studio.
Tre ragazzini di terza media salgono sul palco. Maria Lucia, Vittoria e Roberto non sono solo bravi e studiosi, sono anche i più amati dai loro compagni. I coetanei li hanno votati perché sono un modello positivo e non un nemico da combattere. Sentono di potersi fidare di quegli occhi. Altro che bullismo, qui si parla di lealtà, di relazioni sociali sane, di solidarietà.
Vittoria, nel raggiungere il palco, non trattiene le lacrime e ne ha tutte le ragioni. Ma sono sentimenti profondi che non si possono condividere con una platea intera. Chissà, un giorno ricorderà di questo funesto 2024 anche il 23 maggio. Quando nella memoria di Falcone e Borsellino, in nome della legalità e di una professoressa, ha vinto una borsa di studio che le ha dato ancora più forza e coraggio per affrontare la vita. Quella che a volte ti lascia senza fiato nel togliere, ma che più spesso dà. Ad ognuno qualcosa o qualcuno.