Quella corsa alla rinfusa chiamata vita

In memoria di Mauro e Manolo e delle loro passioni che non arriveranno a cinquant'anni. E di Leonardo di soli 12 anni. La vita è una rincorsa alla rinfusa. Dove la cronaca è un paravento che spesso dimentica la vita delle persone. E che non c'è una seconda possibilità

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

Perché odio la cronaca. Si lascia leggere, si sa. Se c’è l’incidente in autostrada, la fila non la formano solo quelli della carreggiata interessata, ma anche chi procede in direzione opposta. Maledetta curiosità che ti porta a gettare più di uno sguardo, spesso a scattare foto come se fossi un reporter dalla pellaccia dura anche quando non lo sei. Mentre una e più famiglie entrano in un incubo spesso senza fine, trascinate nel dolore.

Politraumatizzato, elitrasportato, codice rosso quando fortunatamente non nero. Ma le sterili righe online (la carta è ormai un ricordo lontano) non possono raccontare i mesi di ricovero, la sofferenza, i ripetuti interventi chirurgici, la riabilitazione, le speranze e le rinunce. I treni persi, nel frattempo, all’università o sul lavoro. Tutto questo svanisce in un limbo comunicativo sconosciuto quando leggi quel ‘non è in pericolo di vita‘, che suona quasi rassicurante. Non lo è affatto, ma conduce verso un’altra esistenza. A volte molto simile alla precedente, altre molto meno. E colma di difficoltà.

PAUSA PER RIPRENDERE FIATO – Nel frattempo, imparate una buona volta il mantra del direttore Alessio Porcu: si scrive ‘la sua vita non è in pericolo‘. Che accidenti significa ‘non è in pericolo di vita‘: che non rischia di nascere? Dove si rischia la pelle c’è un cartello con un teschio e due tibie incrociate, accompagnato dalla dicitura ‘Pericolo di morte‘ e non ‘Pericolo di vita‘. FINE DELLA PAUSA.

Ma la morte è la morte

Quando accade l’irreparabile, invece, serve a poco utilizzare i sinonimi. La morte è morte, comunque la si voglia chiamare. Mentre il pensiero va a chi resta, a chi deve fare i conti con una realtà che improvvisamente sa di vuoto. Di perdita di senso. E di  ottundimento emotivo.

Nelle ultime ore sono andate via due persone, più o meno della stessa età. Non festeggeranno mai i fatidici 50 anni. Mauro abitava ad Atina ed amava la montagna e lì ha avuto un malore. Passando dalla vista delle amate vette ad un ignoto panorama a noi sconosciuto. Manolo era di Pontecorvo ed adorava la moto e avrebbe voluto veder crescere e studiare i suoi bambini. Diventeranno uomini senza papà. Ma ci sono anche genitori che non condivideranno i progressi dei loro figli perché quei figli li hanno persi. Come la mamma e il papà di Leonardo, 12 anni di Anagni.

La vita è una rincorsa alla rinfusa

(Foto © DepositPhotos.com)

Di solito qui scrivo ben altro. Articoli affilati di ironia, tesi a far sorridere. Purtroppo, quando la nera incombe come una cappa asfissiante più del caldo torrido dell’estate, si fa fatica a trovare il filo di un discorso che metta allegria.

Resta il fatto che la vita è sempre una rincorsa alla rinfusa di sentimenti altalenanti. E la cronaca spesso accompagna alcune tappe della nostra esistenza. Come quella volta, tanti anni fa, nel giorno di un battesimo di una piccola nata prematura, fiore di maggio come la canzone di Fabio Concato. Si era aspettata la fine dell’estate per farle prendere qualche chilo(grammo) in più. Tutto prenotato: in attesa della funzione pomeridiana in chiesa, ci si apprestava a preparare il buffet a casa per un buon numero di ospiti.

Al momento di ritirare dall’antico forno rinomato per leccornie salate e dolci, l’amara sorpresa di trovarlo chiuso. Sprangato. Più di un attimo di confusione, un rapido ripasso nella memoria. Forse ho sbagliato a comunicare la data. O non ho capito l’orario di apertura. Poi, la cronaca che irrompe sulla scena: il proprietario è stato investito mentre andava in bici. E l’ordine delle cose e le priorità frullano come maionese impazzita.

Va da sé che panini, pizzette e rustici si trovano anche altrove. E le torte pure. Ma la vita, quella no. Raramente offre una seconda possibilità. Accade, sì. E si chiama miracolo. Ma non è per tutti, purtroppo.