Quello che la donna dice e quello che l’uomo capisce

La sintesi con cui i maschi vorrebbero far capire di aver capito: e con la quale si perdono ogni sfumatura e, a volte, la partita in tv

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

Se comunicare è un’arte, farsi ascoltare e comprendere è maestria pura. E non è da tutti.  All’altrui capacità di decriptare ciò che una donna vuole davvero intendere quando parla si contrappone l’incredibile mole di informazioni che non vengono percepite come essenziali dall’interlocutore maschile.

In altre parole: più lei cammina, si sbraccia e con sinonimi arricchisce il discorso tra parentesi tonde, frasi subordinate e asterischi, più lui si isola ascoltando quel che resta di una lontanissima eco. Riducendo il tutto ad una sintesi che non corrisponde neanche all’incipit del discorso.

Eterna contrapposizione tra maschi e femmine, che quando creano un’interlocuzione, tutto è. Ma non può certo definirsi dialogo. Quanto piuttosto un monologo che viene commentato attraverso un cenno della testa. Alto-basso o destra-sinistra a seconda che si tratti di rassegnato segno di consenso affermativo o negativo. In ogni modo, nulla che possa tendere ad aprire un qualsiasi tipo di conflitto verbale.

Memoria corta e aneddotica sciolta

Anche perché in quest’ultimo, malaugurato caso, non si tratterebbe di una discussione circoscritta temporalmente. Ma andrebbe a ripercorrere fatti e circostanze lontani nel tempo, archiviati dalla memoria maschile senza indugio e da considerare quindi neanche mai accaduti o vissuti.

E cosa c’è di meglio, in quel caso, dell’infierire rievocando luoghi, date, circostanze connesse, magari collegandoli anche a qualche episodio di attualità o di cronaca per rinfrescarla, quella memoria così corta? Aggiungendo amici, ex fidanzate, suoceri. Al pari di tutti gli ortaggi e i legumi contenuti in un minestrone.  

Diffidate di quelle innocue “…che poi, ripensandoci bene…” oppure “toglimi una curiosità…” e “non è per fare polemica…” perché sono foriere di guai certi. E rischieranno di farvi saltare la partita a padel, il match in tv e tutto quello che fareste piuttosto che restare in religioso silenzio e ascolto.

Andando a chiudere, per accelerare il non agevole percorso, con un “e tanto è sempre colpa mia”. Una delle frasi che manda in bestia una donna già dalla più tenera età. Figuriamoci negli anni a seguire, quando ad ogni appunto femminile ben articolato e dal peso ben specifico si accompagna un “me ne sono dimenticato”. Alternato a “lo faccio più tardi”.

Tutte varianti di un unico sentimento tra i più generalisti che vi siano nella comunicazione tra sessi. E che lascio intuire a voi.