di RITA CACCIAMI
Vice direttore de L’inchiesta Quotidiano
E’ l’ultimo stiletto del 2016, lo dedico ad un argomento serio, serissimo. Scrivendolo a “quattro mani”. Mi avvarrò del contributo ignaro della mia collega Mimma Panaccione. E’ un’amica, è una giornalista di valore. E’ una persona intelligente e combattiva. Una che le cose non le manda certo a dire. Ed infatti è andata a suggerire di persona, a chi di dovere a livello nazionale, che bisogna mettere mano a certe decisioni. E smetterla di fare i sepolcri imbiancati. In materia di cancro e di metastasi ne sa più lei che tutto il ministero della sanità messo insieme. Con l’associazione nazionale che presiede, “Noi ci Siamo“, irrompe sulla scena e alza la voce su un argomento che a gran parte delle persone induce a controllare i gioielli di famiglia.
Ma non è con i riti apotropaici che si fa prevenzione. E’, come dice Mimma «abbassando i prezzi dei farmaci antitumorali, dando alla sanità pubblica e agli ospedali la possibilità di curare e non di creare inutili liste di attesa, è affrettandosi a mettere sul mercato nuovi ritrovati di laboratorio: non si possono creare aspettative e dopo tre anni non avere ancora la disponibilità di un medicinale. O pensare che un’iniezione mensile possa essere prescritta a tutti se ha il costo di 10mila euro».
Cose che fino a poco tempo fa ignoravo. Viaggiavo per luoghi comuni. Andavo a lume di naso. Poi ho capito. Quando un mio amico mi ha detto che qui, a Cassino, ormai siamo alla roulette russa. Che non si contano i malati di tumore, a tutte le età. Ed io stessa non ricordo nemmeno a quanti funerali sono andata negli ultimi tre anni. Tanti, tantissimi. Persone che sono andate via dopo un lungo calvario. O dopo poche settimane.
E allora lanciamolo questo stato di allarme. Basta con i veli di perbenismo e di diplomazia. Difendiamo la nostra salute. Non continuiamo a pensare che tutto ciò che mangiamo è benefico solo perché coltivato a km zero. Senza pensare con cosa è innaffiato o su quale terreno cresce.
E’ incredibile, ma non conosciamo i numeri reali di questa guerra. E purtroppo non pretendiamo dalla politica le risposte che ci spettano. Chiudiamo gli occhi di fronte alle scelte scellerate. In nome del risparmio e della distribuzione equa delle risorse. Non ci indigna che qualcuno possa saltare la fila. E avere più possibilità di salvezza di altri.
Viviamo nelle città senza amarle, senza portare rispetto. E senza averne cura. Di fatto, valorizzando tutto ciò che non funziona e alimentando disservizi, maleducazione, inciviltà. Senza rispetto delle regole. Fingendo di non vedere. La camorra, caro direttore Porcu, in questo senso siamo noi che qui sopravviviamo da tanto.
In questo siamo primi. Non c’è bisogno di aspettare che arrivi qualcuno da fuori a contaminare il nostro territorio. In tutti i sensi. E allora, buon anno. E che sia quello buono per cambiare direzione.