La lezione di Carlotta e quella di Dante

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

Rita Cacciami

di RITA CACCIAMI

Vice direttore de L’inchiesta Quotidiano

 

L’anima ch’era fiera divenuta [che aveva cioè mutato la sua figura umana in quella di un serpente], Suffolando si fugge per la valle, E l’altro [il serpente che si era trasformato in uomo] dietro a lui parlando sputa (Inf. XXV, 136-138)”.

Rendiamo onore al primo Festival dedicato a Dante che si è concluso solo pochi giorni fa a Cassino e Montecassino. Premesso che non ho avuto parte alcuna nell’organizzazione né meriti da rivendicare, va da sé che Anticontemporaneo è stato un evento di indiscussa qualità. Ha portato al territorio lustro a livello nazionale e permes­so al pubblico selezionato (nel senso che molti hanno scelto di non esserci, peggio per loro) di conoscere autori e realtà di altissimo livello.

Sorvolo sul fatto che ancora ci sia qualcuno, in città, che voglia sminuire le iniziative adducendo scarsa comunicazione e difetto di pubblicità. Sono gli stessi, infatti, ai quali non sfugge una virgola di quanto viene scritto sui social e sui giornali. Si tratta dei più attenti rilanciatori di post inutili. Che non perdono occasione per remare contro.

A prescindere. Che si sappia. Non esiste una cultura di destra e di sinistra, del monte e della pianura, del centro e della periferia quando si vuole crescere come comunità. Chi conosce il valore dell’arte, dei linguaggi, del progresso e della storia ne fa buon uso. Ed umilmente cerca ogni mezzo per accrescere le proprie conoscenze. Senza considerare i colori politici, le appartenenze, i cognomi. Diversamente, non c’è mecenatismo. Né coinvolgimento. Ma solo un’opportunistica partecipazione. Che ha davvero poco senso ed è, indubbiamente, altro.

E qui veniamo al consueto sport tanto in voga. Quello di “sputare nel piatto in cui mangi” che non mi ha mai appassionato. Forse perché un giorno tanto lontano ma mai così nitido come ora, mio pa­dre a tavola minacciò di lavarmi la faccia a tavola con un supplì. E in parte lo fece. Solo perché, considerando la bontà del prodotto fatto a mano da mia madre, avevo frignato chiedendo una pietanza alternativa quando avevo il meglio che potessi desiderare.

Quella lezione non l’ho mai dimenticata. Apprezzare ciò che si ha. Voltarsi indietro a guardare da dove si è partiti aiuta. Moltissimo. A tenere i piedi per terra e ad avere ambizioni sane. Ecco perché adoro Carlotta. Sì, proprio lei, che di cognome fa Delicato. Da settimane tiene banco su Sky nella cucina infernale del temutissimo Cracco, lo chef più scorbutico che si conosca. Quello che produce ansia, che genera insonnia e tempra i caratteri a suon di strattonamenti verbali.

Una lingua sferzante come una frusta. Uno sguardo eloquente quanto il peggior affronto condito da una intollerabile irrisione. Eppure, questa ventenne minuta e con armi spuntate dalla giovane età e dalla breve esperienza, ha trattenuto il respiro. E si è tuffata. Lei, che da tempo ha un’attività imprenditoriale tutta sua. Una cucina in cui è padrona. Poteva dirsi appagata e soddisfatta. Arrivata.

Invece ha scelto di mettersi alla prova davanti a tutta la nazione. Con il rischio di scivolare e perdere credibilità. Ha capito che in ballo non c’era solo un premio, ma una grande opportunità: quella di emergere temprandosi.

Mentre tanti suoi coetanei stentano a salutare e ringraziare, lei dice “Sì chef”. “Ha ragio­ne, chef”. Sono le regole del gioco. Avere rispetto per chi ne sa più di te. E che, quando nota che progredisci e ti rafforzi, ti elogia in pubblico. Davanti a tutta l’Italia. Come è già successo. Bene, Carlotta. Se arriverai sul podio, sarà una meritata vittoria. In caso contrario, sarà una grande vittoria sfiorata.

Ma sul podio ci sei già, a dispetto di tanti galli senza cresta. Anche detti capponi.
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