Amici ed avversari: gli andreottiani sul territorio (Storie nella Storia)

La III puntata dei ricordi di Angelino Loffredi: comunista. Dirigente provinciale e regionale Pci, consigliere provinciale dal '70 all'81, sindaco di Ceccano dall'81 all'85. Amici ed avversari: gli andreottiani sul territorio, l'arrivo della FIAT e le questioni delle abitazioni....

Giovanni Giuliani

Giornalista malato di calcio e di storie

Nel racconto della sua vita, delle sue esperienze, Angelino Loffredi ha dovuto fare i conti con amici ed “avversari”: sono diverse le figure che affollano l’album dei ricordi: la lista è lunga… dagli andreottiani ai socialisti e non solo…

 

 

LOFFREDI E GLI ANDREOTTIANI

Ceccano – Comizio di Francesco Battista

La figura di Giulio Andreotti è legata a doppio filo alla Ciociaria. Io  personalmente non l’ho mai conosciuto: ho combattuto ad armi non pari con gli andreottiani”. 

“Fra i democristiani la persona politica più capace, più valente, in Ciociaria secondo me è stato Francesco Battista, già sindaco di Ceccano.

Lui non  è diventato deputato o senatore ma ha avuto un ruolo superiore a quelli dei parlamentari quando ad esempio è stato  presidente dell’Area industriale di Frosinone (l’odierna Asi). È stato  quello che ha coordinato e determinato, anche nel modo sbagliato, lo sviluppo industriale del territorio, gestendo eccezionali disponibilità economiche, entrando in contatto con uomini legati alla urbanistica e all’edilizia.

Secondo me è stato più forte di altri personaggi come Augusto Fanelli (presidente della Provincia e sottosegretario ai Trasporti) o Emanuele Lisi, parlamentare di Alatri. Francesco Battista è stato l’uomo forte  democristiano che noi abbiamo combattuto mettendolo spesso sulla difensiva“.

Era un mondo nel quale il ‘leaderismo’ di oggi non aveva spazio. Anzi, veniva combattuto. Nel Pci esisteva un ‘reato’ chiamato ‘Culto della Personalità’ e chi se ne macchiava veniva convocato dal commissario politico di fronte ai dirigenti provinciali. Lì l’accusato doveva fare autocritica, pena l’espulsione. Il Culto della Personalità era il tentativo di mettersi in luce: invece – in quel mondo – erano i fatti a dover parlare, le cose realizzate per i cittadini erano l’unico modo per propagandare l’attività. i Partiti non erano basato su un ‘io’ che faceva da leader, ma sul ‘noi’ del lavoro fatto insieme, discutendo e magari anche in maniera animata dentro la sezione. Dalla quale poi si usciva però con una posizione condivisa. Per questo il Pci, fino agli anni Novanta, non ha mai usato sui manifesti le immagini dei suoi candidati. Nella Democrazia Cristiana esisteva un atteggiamento simile anche se meno ortodosso.

 

I RAPPORTI TRA COMUNISTI E DEMOCRISTIANI

I rapporti tra comunisti e democristiani erano all’insegna della lotta permanente per l’egemonia (in termini positivi) nei confronti del popolo di Ceccano. Era una gara permanente a chi era più bravo rispetto all’altro. Era una positiva competizione tra noi. Per questo dico che in Battista abbiamo trovato un avversario che sapeva il fatto suo, che non aveva bisogno di insultare ma era in grado di dire ciò che bisognava fare perché aveva grande conoscenza dell’apparato amministrativo pubblico e privato. Quando parlava sapeva di difendere e rappresentare determinati interessi, non si abbandonava a forme propagandistiche.

     Parlare di Battista  – dice Loffredi – significa parlare dell’Andreottismo, perché lo ha interpretato in pieno: lui e’ stato il fedele esecutore delle politiche andreottiane. 

    

Antonio Grazio Ferraro

Ma ho avuto buoni rapporti anche con colui che fu Presidente dell’amministrazione provinciale: Antonio Ferraro. Anche lui aveva dietro un esperienza importante, quella di sindaco di Cassino. Lo fu dal 1967 per ben cinque volte. Fu soprannominato il Sindaco della Ricostruzione. Fu presidente della Provincia di Frosinone nel 1975 e poi nel 1980. Era uno che non perdeva tempo, sapeva cogliere i rapporti di forza. Ha amministrato in Provincia nel momento di massimo fulgore del Pci. Io all’epoca ero capogruppo. Lui sapeva cosa io rappresentavo e come trattare. In quel periodo si sperimentò la cosiddetta programmazione. 

     Con i comunisti al governo della Regione Lazio, dopo il 1975, si spinse affinché l’Ente Provinciale assumesse il ruolo di Ente Intermedio fra Regione e Comuni e programmasse  gli investimenti da localizzare nei comuni per le reti fognanti, idriche e di edilizia scolastica. In tempi rapidi facemmo delle scelte precise il cui mediatore fu il Presidente Ferraro“.

 

LA FIAT E LA QUESTIONE DELLE ABITAZIONI

Ma la storia in quegli anni è caratterizzata anche dalla “novità” rappresentata dalla decisione di una grande azienda automobilistica di sbarcare in Ciociaria: parliamo della FIAT.

Un retroscena racconta di una feroce battaglia sotterranea tra Giulio Andreotti e Remo Gaspari per ottenere che lo stabilimento venisse realizzato a Cassino e non in Abruzzo, cioè nel feudo elettorale di Gaspari. Che era l’uomo di punta nel Centro Italia della corrente Alleanza Popolare (il Grande Centro doroteo) guidata da Arnaldo Forlani.

La produzione della 126 nello stabilimento Fiat di Cassino

Dicono che Andreotti fece l’impossibile per fare in modo che lo stabilimento Fiat venisse realizzato nel suo feudo elettorale. Perché avrebbe significato crescita, occupazione, sviluppo: è circa 12mila posti di lavoro tra diretti ed indotto.

L’ arrivo della Fiat a Piedimonte San Germano lo si deve essenzialmente ad una scelta dell’azienda. È nel’69 che decide di venire in Ciociaria. Lo stabilimento si inaugura nel 1972. I dirigenti DC avevano garantito alla famiglia Agnelli tanti anni di “pace sociale” ovvero la mancata sindacalizzazione degli operai. Poi improvvisamente, solo dopo un anno,cogliendo tutti di sorpresa, all’indomani del colpo di stato in Cile, un anonimo operaio, Giovanni Candelaresi, accordatosi con il dirigente di zona comunista Franco Di Giorgio, organizzò una manifestazione di solidarietà con il popolo cileno, spianando così l’ingresso del sindacato in fabbrica. 

 

UNA CASA AGLI OPERAI

     L’arrivo della Fiat portò grandi discussioni, ad iniziare dalle questioni delle abitazioni. Anzitutto il discorso era se si dovesse difendere il patrimonio demografico della Valcomino. Ci fu un periodo in cui alla Fiat avrebbero dovuto lavorare oltre 6000 persone. Il dilemma era se far spostare i nuclei  familiari a ridosso di  Piedimonte San Germano, così come voleva la Fiat, oppure chiedere una specifica  politica dei trasporti. Insomma se la DC aveva tutte le leve del potere e poteva decidere. Anche il PCI aveva un suo progetto, una ipotesi alternativa. Quelli del periodo di Ignazio Mazzoli rappresentano gli anni migliori per il PCI.

      I comunisti erano i fautori della difesa del territorio e volevano che si facessero le case economiche e popolari nei paesi di residenza e che si mettesse mano ai trasporti. Volevano una rete efficiente. La Valcomino era un area colpita dall’emigrazione, ci sarebbe stato un ulteriore spopolamento e impoverimento. In Consiglio Provinciale ne discutemmo tanto. Avemmo come alleati Mariano Fazio, il fratello del governatore della Banca d’Italia Antonio, e Volante, oltre che i socialisti. 

 

IL PROGETTO UNIVERSITA’

Angelino Loffredi

     La Dc, comunque, ha determinato – sentenzia Loffredi –  ciò che abbiamo in Ciociaria, i comunisti volevano una industrializzazione legata all’agricoltura e all’industria di trasformazione ma anche l’università a Cassino. 

Volevamo superare il monocentrismo dell’Università La Sapienza di Roma. Il nostro disegno riguardava quella della “Tuscia” a Viterbo e l’Università di  Cassino. Chiedevamo la bretella viaria Fiano-Valmontone e il mercato ortofrutticolo a Fondi

Spingevamo affinchè i Comuni si dotassero dei piani regolatori ma non ottenemmo subito grossi risultati.

La forza dominante nei Comuni erano i geometri, i quali non avevano alcuna volontà di avere cittadine regolate ed erano i fautori di una edilizia diffusa e senza limiti.

Quando ho fatto il sindaco ottenemmo tanti risultati: metanizzazione in pochi anni, autonomia delle fonti idriche, case per l’edilizia economica e popolare, Biblioteca, libri gratuiti per gli alunni della media, in comodato d’uso e tanti altri risultati ma l’unica cosa che non riuscimmo a realizzare fu l’approvazione del Piano Regolatore Generale. Tante furono le resistenze che trovammo. Un grande rammarico: se lo avessimo approvato successivamente avremmo  potuto fare anche i piani particolareggiati per il centro storico, trovare i finanziamenti per evitarne lo spopolamento e il decadimento.

Noi comunisti e le altre forze di sinistra siamo stati molto abili, attraverso la legge 167, a chiedere i finanziamenti per il piano di Edilizia popolare. A Ceccano abbiamo costruito un quartiere, il Di Vittorio, con quasi mille unità abitative, contenendo così i prezzi per le abitazioni.

     Io ho amministrato quando era forte la presenza operaia e c’era un discreto potere economico delle famiglie. Gli edili che lavoravano a Roma avevano un contratto ben retribuito e nel fine settimana iniziavano a mettere su, pian piano,  le proprie abitazioni. Ma non c’era la cultura dell’ordine urbanistico. Io ho fronteggiato chi voleva l’edificazione diffusa: Ceccano adotterà il piano regolatore solo nel 1988“…

(Continua)

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